GENTILI, Dino
Nacque a Milano il 25 giugno 1901 da Gerolamo Sordello e Pia Ravà, in una famiglia ebraica di ceto borghese e di educazione laica.
Questa conduceva un esercizio commerciale in piazza Duomo, nello stesso edificio dove vivevano Filippo Turati e Anna Kuliscioff e dove aveva sede la redazione della Critica sociale. La consuetudine, quindi, con il socialismo milanese fu molto intensa e spinse il G., già nel 1918, all'iscrizione al Partito socialista italiano (PSI). Il legame con il partito fu rafforzato anche da vincoli familiari: egli, infatti, sposò la figlia di Angelo Filippetti, sindaco socialista di Milano, e un suo zio, Guglielmo Gentili, ingegnere, nel 1922 divenne assessore comunale.
Dopo l'avvento del fascismo, il G. partecipò nel 1929 alla fondazione del movimento Giustizia e libertà (GL), promosso da Carlo Rosselli, col quale, tramite Riccardo Bauer, aveva stabilito rapporti già dal 1926; fino al 1930 svolse un lavoro di collegamento tra l'Italia e Parigi, essendo, come direttore di una fabbrica di prodotti plastici nel Bergamasco, tra i pochi militanti provvisti di passaporto.
Il 30 ott. 1930, in seguito alla delazione della spia C. Del Re, il G. venne arrestato (con l'intero gruppo giellista) e scontò otto mesi di carcere. Fino al 1936, sottoposto a stretta sorveglianza, non poté svolgere attività politica.
A Londra, dove poté trasferirsi solo dal 1937, entrato nell'associazione Italia libera, si dedicò alla propaganda antifascista, collaborando ad alcuni giornali - particolarmente a The Tribune del leader laburista A. Bevan - con lo pseudonimo di Nicola De Luca, derivato dai nomi dei figli Nicoletta e Luca.
Dopo l'entrata in guerra dell'Italia nel giugno 1940, fu internato, in quanto italiano, e quasi subito liberato, perché il suo nome era inserito nell'elenco di persone delle quali il conte C. Sforza, di passaggio da Londra, aveva dato garanzie di sicura fede antifascista.
Dopo un viaggio negli Stati Uniti d'America, dove si era recato per partecipare a iniziative contro il regime, alla fine del 1941 il G. incontrò a Londra Emilio Lussu, esule clandestino in Portogallo. A fianco di questo s'impegnò per ottenere dagli Inglesi la promessa di una pace non punitiva e senza sacrifici territoriali dell'Italia, purché gli Italiani, sollevandosi contro il fascismo, fossero gli artefici della loro liberazione. Lo scopo non venne raggiunto e il G. fu incaricato di recarsi nuovamente negli Stati Uniti per ottenere da quel governo quanto gli Inglesi non avevano concesso.
La sua attività a Washington si compendiò nella presentazione del famoso "Memoriale Gentili" (in realtà steso da Lussu e rivisto da G. Salvemini), che rispecchiava non solo le idee del G. e Lussu, ma anche le aspirazioni di tutto l'antifascismo, e aveva lo scopo di chiedere l'indipendenza e l'integrità territoriale dell'Italia. Con il memoriale, il G. ottenne una dichiarazione del sottosegretario di Stato Adolph Berle, nel novembre 1942, agli Italiani d'America; essa, anche se non costituiva un impegno da parte del governo statunitense di una pace senza punizioni, era però un incitamento - nel contesto della guerra psicologica in atto - alla ribellione contro il regime.
In seguito l'attività del G. fu diretta a facilitare il rientro in Italia di vari esponenti del Partito d'azione tra cui A. Cianca, A. Tarchiani, A. Garosci, L. Valiani, B. Pierleoni.
Alla fine del settembre 1943, proveniente da Algeri, il G. sbarcò a Palermo e di qui si recò a Napoli, dove s'impegnò nel movimento sindacale e contribuì in modo decisivo alla rifondazione della Confederazione generale del lavoro (CGL), lavorando soprattutto con i comunisti di orientamento bordighista, guidati da Enrico Russo che divenne segretario generale della confederazione.
Dopo un periodo di collaborazione tra le forze politiche di sinistra (esclusa dunque la Democrazia cristiana), con l'approssimarsi del patto di Roma (giugno 1944) - con il quale comunisti, socialisti e democratici cristiani ridavano vita a un'organizzazione sindacale unitaria su scala nazionale, la Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL) -, si ebbe a Napoli e nella Campania una vivace polemica su chi dovesse avere la rappresentanza dei lavoratori, la CGL o la CGIL. In particolare il partito comunista fomentò una campagna politica, che assunse talora toni diffamatori, indicando il G. come strumento degli Anglo-Americani nel movimento operaio.
Non avendo buoni rapporti con gli Alleati e avendo intralciato i piani dei partiti maggiori, il G. si trovò isolato nel sostenere le sue tesi sull'autonomia sindacale.
Dopo la conclusione della vicenda, alla fine del 1944 il G. passò a Firenze, dove svolse il ruolo per lui insolito di editore - iniziato a Napoli con la pubblicazione dei volumetti dal titolo Italia ignorata e Scritti politici e autobiografici di Carlo Rosselli -, con la fondazione di una casa editrice denominata Edizioni U (Uomo).
Ritornato quindi a Milano, nel maggio 1947 fu nominato dal ministro dell'Industria, il socialista Rodolfo Morandi, alla direzione generale del settore tessile dell'UNRRA (United Nations relief and rehabilitation administration), che egli guidò con competenza, stabilendo col mondo imprenditoriale e con le autorità alleate contatti che gli sarebbero stati utili in seguito.
Sciolto il Partito d'azione, il G. ritornò nel PSI, rinsaldando i suoi legami con Riccardo Lombardi e legandosi con sincera amicizia a Pietro Nenni (tra l'altro tolse quest'ultimo dall'imbarazzo quando il leader socialista decise di restituire il premio Stalin, procurandogli la somma di denaro già utilizzata). Accettò, nell'aprile 1948, la candidatura nelle liste del Fronte popolare, senza però essere eletto, anche se superò il numero di 30.000 preferenze. Negli anni seguenti, grazie all'espansione della sua attività imprenditoriale, il G. poté sostenere finanziariamente il PSI, colmando non di rado i deficit di bilancio dell'organo del partito, l'Avanti!, di cui era consigliere di amministrazione.
Anche la sua attività di imprenditore ebbe finalità politiche, soprattutto a livello internazionale. Già a Londra, negli anni dell'esilio, aveva fondato una società,la Marine trading and manufacturing company, legata alla lavorazione di semilavorati per fabbricare bottoni, continuando quindi la sua precedente attività in Italia che gli era servita per svolgere un'azione politica in Europa e in America. In Italia, dopo l'esperienza dell'UNRRA e la costituzione, nel 1949, dell'IME lane, operante prima a Prato e poi a Biella con ottimi risultati, fondò una società di import-export, la Dreyfus Gentili.
Questa era destinata particolarmente a sviluppare i rapporti economici con Israele (per l'aiuto dato allo Stato ebraico gli è stato intitolato dopo la morte un bosco sulle colline di Gerusalemme), dove ebbe occasione di conoscere il primo ministro D. Ben Gurion, M. Dayan, allora per breve tempo ministro dell'Agricoltura, e stabilire inoltre un dialogo con gli esponenti del Mapai (partito sionista di ispirazione socialista). Tali rapporti gli permisero di organizzare nel 1958 la visita di Nenni in Israele, che consentì al leader socialista di conoscere direttamente la realtà israeliana e di schierarsi poi senza esitazioni a favore dello Stato ebraico durante la guerra dei sei giorni del 1967.
Nel 1958, facendo leva sui precedenti rapporti con il Labour Party, il G. fu il principale artefice dell'incontro tra il leader della sinistra laburista A. Bevan, ex ministro del governo Attlee, P. Mendès-France, già presidente del Consiglio francese, e Nenni a Londra (presente Lombardi).
L'incontro faceva seguito all'invio di una delegazione laburista diretta dallo stesso Bevan al congresso del PSI del 1957 a Venezia e consentiva la ripresa di normali relazioni tra laburismo e socialismo italiano, dopo l'espulsione del PSI dall'Internazionale, facendo superare i reciproci sospetti di filocomunismo di impronta marxista da un lato, e di moderato atlantismo dall'altro.
L'orizzonte dei suoi interessi commerciali si estese quando il G. pensò di creare un'altra società, la Comet, col proposito di aprire i traffici con la Repubblica popolare di Cina e l'Estremo Oriente. L'Italia non aveva rapporti diplomatici e di affari col regime comunista di Pechino, per cui l'intuizione del G. di aprire l'Italia agli scambi con un paese già allora di oltre un miliardo di abitanti - anticipando di qualche anno operazioni in tal senso di altri Stati - appariva nello stesso tempo felice e rischiosa.
Dopo il primo viaggio senza grosse difficoltà in Cina, nel 1954 in seguito a un contatto preliminare col ministro degli Esteri di Pechino Zhou Enlai - avvenuto a Ginevra, dove questi era impegnato nelle trattative di pace per l'Indocina - il G. guidò l'anno successivo una delegazione economica italiana, composta tra gli altri da rappresentanti della Fiat, SNIA Viscosa, Montecatini, oltre ad alcuni commercianti di seta. In quell'occasione l'ambasciatore statunitense a Roma Claire Booth Luce fece pressioni su Vittorio Valletta, allora presidente della Fiat, affinché non vi partecipasse. Questi ritirò allora i propri rappresentanti, ma incoraggiò il G. a proseguire la sua opera. La missione fu coronata dal successo. Il commercio con la Cina registrò un notevolissimo incremento negli anni successivi e il G. divenne l'imprenditore italiano privilegiato, al punto che ogni contatto con il paese asiatico doveva passare attraverso di lui (anche quello dei comunisti italiani, che tentarono, con alterni risultati, di stabilire rapporti commerciali autonomi, attraverso le loro cooperative).
I rapporti commerciali favorirono inoltre le relazioni politiche tra i due Stati che consentirono, anche grazie all'evolversi della situazione internazionale, il riconoscimento, voluto principalmente da Pietro Nenni, divenuto nel frattempo ministro degli Esteri, della Repubblica popolare (l'atto ufficiale fu, però, firmato da Aldo Moro, subentrato al ministero).
Dopo l'inizio della Rivoluzione culturale (1965), la Cina cessò quasi del tutto i rapporti commerciali con l'Italia; il G., che aveva già avuto degli incontri con il paṇḍit J. Nehru, aprì allora il commercio con l'India, altro paese sovrappopolato e in via di sviluppo. L'espandersi della sua attività commerciale suggerì al G. l'attuazione di un suo grande progetto: riunire in una grande società da lui diretta alcune tra le più importanti aziende industriali pubbliche e private. Aderirono la Fiat, la RIV, la Montedison, la SNIA Viscosa e in seguito anche la Finmeccanica per favorire le loro esportazioni di manufatti e l'importazione di materie prime occorrenti alla lavorazione. Nacque, in sostituzione della Comet, nell'ottobre 1968, la Cogis - Compagnia generale interscambi -, una trading company per operare sui mercati anche col sistema del baratto, acquistando in proprio e lasciando all'attività di intermediazione una parte del tutto secondaria.
La Cogis fu sempre gestita in modo accentrato (il G. ne fu sempre l'amministratore delegato) e se ciò non consentì il pieno utilizzo di energie nuove, ne garantì però l'unicità di indirizzo e, grazie all'intuito e alle capacità del G., un grande sviluppo, tanto da raggiungere le dimensioni, nei periodi migliori, di una media società, dimensioni non abituali in questo tipo di attività.
La Cogis - che in seguito avrebbe esteso l'attività di import-export al Sudamerica, all'Iran nel campo dei petroli e ad altri paesi afroasiatici - raggiunse un rilevante risultato, aprendo i traffici con Cuba. Essi furono dovuti all'ingresso della società - divenuta poi la prima nel settore - nel commercio dello zucchero fra il 1964 e il 1966, quando al G. venne offerta la possibilità, tramite rapporti instaurati con l'URSS, di fornire fertilizzanti all'agricoltura cubana, basata sulla monocultura della canna da zucchero. Egli si recò all'inizio del 1966 nell'isola dove incontrò Fidel Castro e stipulò importanti accordi commerciali di interscambio tra zucchero e fertilizzanti.
Anche questa volta vi fu un'interferenza dell'ambasciata degli Stati Uniti, con pressioni sul presidente del Consiglio A. Moro, che però non intervenne in alcun modo, per ostacolare la realizzazione del contratto tra la Cogis e Cuba. In pochi anni l'interscambio subì una forte accelerazione; allo zucchero e ai fertilizzanti si aggiunsero, tra l'altro, forniture di vetture Alfa Romeo e di motociclette Guzzi per la polizia municipale cubana, tanto che la Cogis divenne in pochi anni uno dei partner commerciali europei più importanti dell'isola.
Nel 1977, anno di maggiore attività, la Cogis raggiunse una cifra pari a 60 miliardi di commesse e 250-300 di intermediazione.
Il G. morì a Milano il 5 sett. 1984. Dopo la sua morte la Cogis subì un netto ridimensionamento a causa di un diverso rapporto tra gli Stati che facilitavano il commercio senza più la necessità di intermediazioni.
Fonti e Bibl.: P. Nenni, Diari, a cura di G. Nenni - D. Zucaro, I-III, Milano 1981-83, ad indices; F. Caracciolo, Diario di Napoli, 1943-44, Firenze 1992, pp. 124, 126, 152, 165 s., 169; A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Bari 1953, ad indicem; P. Alatri, L'antifascismo italiano, Roma 1965, ad indicem; E. Lussu, Sul Partito d'azione e gli altri, Milano 1968, ad indicem; Una spia del regime, a cura di E. Rossi, Milano 1968, ad indicem; M. Valenzi, La difficile vittoria di Togliatti, in Rinascita, 29 marzo 1974; S. Turone, Storia del sindacato in Italia, Roma-Bari 1975, ad indicem; R. Faenza - M. Fini, Gli Americani in Italia, Milano 1976, ad indicem; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, V, Torino 1976, ad indicem; A. Alosco, Alle radici del sindacalismo. La ricostruzione della CGL nell'Italia liberata (1943-44), Milano 1979, ad indicem; Tra politica e impresa. Vita di D. G., a cura di N. Conenna - A. Iacchia, Firenze 1988; G. De Luna, Storia del Partito d'azione, 1942-47, Roma 1997, ad indicem.