CIANI, Dino
Nacque a Fiume il 16 giugno 1941 da Mario e Basiliola Senegagliesi. Trasferitosi ben presto a Genova, principiò gli studi musicali sotto la guida di Martha Del Vecchio. Nel 1955 si diplomò in pianoforte presso il conservatorio di S. Cecilia in Roma; indi seguì, a Parigi, i corsi di perfezionamento di A. Cortot, al quale fu legato da intenso rapporto artistico e umano. Nel 1961 conseguì il secondo premio al concorso "Liszt-Bartók" di Budapest. Da allora, la sua carriera d'interprete non fece che progredire, portandolo a esibirsi, solo e con l'orchestra, in tutto il mondo, e nelle sedi più illustri. Suonò sotto le direzione di G. Gavazzeni, C. M. Giulini, R. Muti, C. Abbado. L'ultima esecuzione avvenne a Chicago nel febbraio del 1974: sotto la direzione di C. M. Giulini, il C. suonò il Concerto in do minore di Beethoven. Nel momento in cui era ormai incontestabile la sua posizione di pianista fra i più dotati e interessanti della sua generazione, il C. morì in un incidente stradale presso Roma, il 27 marzo 1974.
Dell'arte del C. permangono a noi poche testimonianze discografiche: ricordiamo fra. queste l'incisione delle Sonate di C. M. von Weber, composizioni eteroclite miste di eroico e di salottiero, d'originale e di formulare, a padroneggiare le quali occorrono, oltre alla tecnica, un gusto smaliziato e una, formidabile intelligenza; quella, così libera e ariosa, di brani di J. S. Bach; e quella dei Préludes di Debussy, un distillato di poesia. E sono così poche non tanto perché il C. scomparve in così giovane età, ma perché, studioso d'un suo rapporto con la musica fatto insieme di curiosità e d'intenso amore, poco si curò di programmare e pianificare la sua carriera. Sebbene fosse interprete affermato e addirittura celebrato, il C., al momento della sua morte, non considerava conclusi i suoi "Lehrjahre". Era già un maestro: eppure viveva ancora in quella fase dell'esistenza artistica e umana in cui le esperienze s'accumulano con assoluta libertà e vengono accolte in modo onnivoro, forse disordinato. Una natura più egoista sarebbe da tempo trascorsa in quella successiva: la fase dell'elaborazione e della maturazioRe. Non così il C., alla cui generosa indole il rinunciare tanto giovane alla libera ricerca sarebbe parso un confinarsi. Egli pospose come ad arte la fase della perfezione per renderla più ricca: e proprio questo gli è stato negato: Ecco perché tutta la sua carriera si svolse come arsa da una romantica febbre: ogni momento era per lui solo una tappa d'un cammino che syebbe giunto assai più lontano; tutto gli appariva provvisorio. Ed ecco perché così poco aveva voluto affidare al discofiducioso che un giorno, raggiunta la completa maturità, di questa avrebbe dato non meno completa prova tecnica ed estetica.
Uomo dotato, oltre che di enonni doti musicali, di notevolissima cultura e di profondo fascino personale, il C. era troppo curioso di tutto quel che costituisse nel suo complesso la vita dello spirito per servire asceticamente il pianoforte. Lg sua intelligenza e la sua sensibilità parevano attingere anche da tutte le altre arti quelle inconfondibili intelligenza e sensibilità rimpiante da tutti coloro che udirono le sue esecuzioni.
Bibl.: Necrol., in Il Messaggero, 29 marzo 1974; Il Tempo, 29 marzo 1974; Il Corriere della sera, 29 marzo 1974; D. C. poeta del pianoforte, in Musica, III (1979), 13, pp. 156-66 (con discografia); La Musica. Diz., I, p. 404.