DINAMOMETRO (dal gr. δίναμις "forza" e μέτρον "misura")
Si designa con tal nome ogni apparecchio destinato a misurare una forza. Più precisamente un dinamometro fornisce la misura "statica della forza" opponendo a questa una reazione statica; mentre la misura dinamica si compie valutando l'accelerazione comunicata dalla forza a una data massa, e perciò opponendo a essa una reazione dinamica che è la forza d'inerzia. Secondo le modalità del loro funzionamento, essi si distinguono in:
a) Dinamometri di deformazione, nei quali si deduce lo sforzo dalla deformazione di un organo elastico, p. es. una molla, che trasmette lo sforzo stesso. L'organo elastico può anche essere un cilindro (albero) soggetto a torsione, e allora l'apparecchio si dice torsiometro; il coefficiente di proporzionalità tra la forza e la deformazione da essa prodotta (costante del dinamometro) si può determinare in base alla forma e alle dimensioni dell'organo flessibile, e alla natura del materiale di cui esso è costituito; o, meglio ancora, con misura diretta delle deformazioni prodotte da forze note, p. es. pesi: questa operazione si chiama taratura dell'apparecchio. Tipico in questa categoria è pure il dinamometro di trazione che si applica al gancio di trazione delle locomotive.
b) Dinamometri di reazione, che misurano la coppia (o eventualmente le forze) di reazione, che una macchina motrice o operatrice trasmette ai suoi sostegni; tali apparecchi sono per lo più foggiati a bilancia; e allora si dicono bilance dinamometriche, e si usano particolarmente per misure sui motori aeronautici.
c) Dinamometri a tensione di organo flessibile, i quali misurano la tensione in un organo flessibile (cinghia, fune, catena) di una trasmissione, mentre l'organo stesso viene opportunamente rinviato su pulegge o carrucole sostenute dallo stesso dinamometro.
d) Freni dinamometrici, i quali creano essi stessi la coppia resistente che misurano, e possono essere: freni ad attrito (a ceppi o a nastro), freni idraulici, freni elettromagnetici, o anche freni aerodinamici.
Talora un dinamometro applicato a misurare uno sforzo (o una coppia) in una macchina in moto, è munito di un apparecchio registratore, che permette di tracciare un diagramma avente per ordinate i valori della forza (o della coppia), e avente ascisse proporzionali agli spazî percorsi dal punto d'applicazione della forza (o agli angoli descritti dall'organo a cui è applicata la coppia). Tale diagramma ha l'area proporzionale al lavoro svolto dalla forza, per lo spazio percorso. Il dinamometro registratore, perché permette di misurare il lavoro (greco ἔργον), si dice ergometro. Talvolta l'apparecchio registratore è anche integratore o totalizzatore, perché munito di un dispositivo capace d'integrare l'area del diagramma del lavoro tracciato: detto dispositivo è basato sull'uso della rotella integratrice, usata negl'integrafi (v. calcolatrici, macchine). Si ha così l'ergometro integratore o totalizzatore.
Dei dinamometri di trazione riportiamo come esempio il tipo Morin (fig. 1). Esso consta essenzialmente di due molle di acciaio perfettamente elastiche AB e DC eguali, foggiate a solido di eguale resistenza, riunite insieme ai due capi. La forza di trazione P si applica nel punto di mezzo M della molla AB: il punto di mezzo N della molla CD si raccomanda al corpo resistente. La forza applicata in M è allora misurata dalla saetta di flessione. Questa è proporzionale alla forza P secondo un coefficiente K che si determina sperimentalmente. La fig. 2 rappresenta il prototipo dei freni dinamometrici: il freno di Prony. In questo si equilibra lo sforzo periferico di una puleggia applicata sull'albero in movimento con la resistenza di attrito sviluppata da due ceppi di legno che abbracciano e serrano la puleggia. Il freno viene stretto gradatamente fino a che si stabilisce l'equilibrio tra lo sforzo che tende a farlo girare nel senso della puleggia e la coppia dovuta al peso che agisce sul braccio di leva. Il freno si equilibra stringendo i ceppi e variando i pesi sul piatto della bilancia, in modo che il braccio rimanga orizzontale, fino a ridurre la velocità della macchina al valore di regime. Se r è il raggio della puleggia in m., R la resistenza di attrito in kg., P il peso in kg. sul freno (peso del freno equilibrato), L la lunghezza del braccio di leva, e N il numero dei giri ai minuto primo, si ha:
Il freno si riscalda fortemente e si raffredda con acqua saponata o mista a olio. Per potenze di una certa entità il freno assume forme complesse, con speciali disposizioni di circolazione di acqua nell'interno per meglio combattere il forte calore che si sviluppa. La fig. 3 rappresenta altro tipo semplice di freno: freno a nastro, costituito da un nastro metallico che si avvolge sulla corona della puleggia, come indicato. Il lavoro è dato dalla espressione 0,0014 NPL cav., dove P è la differenza tra il peso Q e la tensione t. Per piccoli motori la cosa si rende ancora più semplice valendosi di nastri di tela o di sottile cinghia o anche di una fune disposta come nella fig. 4: in questo caso P = Q − q, e trattandosi di fune, al posto di r si pone r + s, essendo s lo spessore della fune. All'attrito si è pensato di sostituire azioni elettromagnetiche e si sono costruiti su questo principio i cosiddetti freni elettromagnetici. Nella fig. 5 riportiamo il tipo Pasqualini, molto usato. All'albero a della macchina in prova si connette un disco b di rame collocato a breve distanza di fronte a un sistema induttore oscillante c su un coltello di acciaio. Durante la rotazione della macchina si sviluppano nel disco correnti di Foucault, che tendono a trascinare il sistema induttore nel senso di rotazione. Si mantiene il sistema nella sua posizione di equilibrio spostando dei pesi su un'asta d, a esso solidale. Il momento resistente si proporziona a quello motore regolando l'intensità della corrente nel sistema induttore, con che si varia l'intensità delle correnti di Foucault. La potenza è data dall'espressione KLN, dove K è una costante la quale è segnata per semplicità sui pesi spostabili del freno, L è lo spostamento in m. del peso per ottenere l'equilibrio del freno, e N è il numero dei giri della macchina al minuto primo. I freni non valgono che per potenze limitate. Per potenze rilevanti si ricorre a una dinamo a corrente continua di cui si conosce il coefficiente di rendimento ai varî carichi. Dei dinamometri di trasmissione riportiamo il tipo Hefner Alteneck (fig. 6), molto usato. L'apparecchio si monta in modo che il ramo conduttore della cinghia si trovi dalla parte della molla g e tenda cosi ad abbassare la rotella a. Questa viene mantenuta nella sua posizione iniziale, per cui l'indice solidale con il peso P collima con il segno m, tendendo la molla g. La scala s indica allora la pressione P in kg. che agisce sulla periferia della puleggia. Chiamando R il raggio in m. della puleggia mossa ed N il numero dei giri al minuto primo di essa, la potenza trasmessa è data, in HP, dalla relazione: 0,0014 PRN. Così non si tiene conto della potenza che si perde per lo slittamento della cinghia. Volendosi tenere conto anche di questa, si mettano nella formula i valori di R e N corrispondenti alla puleggia motrice.
Dinamometro per la forza muscolare. Per misurare la forza muscolare dell'uomo è comunemente usato il dinamometro di Collin (figura 7), robusta molla ovale che può stare nel pugno ed essere compressa mentre un indice, scorrendo su una scala tarata, applicando alla molla una serie di pesi crescenti che la schiaccino o la stirino, indica il grado della compressione e quindi della forza sviluppata dal gruppo dei muscoli flessori delle dita (forza di pressione). Se è fissata fra due impugnature speciali (fig. 8) si potrà comprimerla tirando in senso orizzontale e indicare la forza dei muscoli del cinto scapolare (forza di trazione orizzontale). Se è fissata per le sue estremità a due catene, una munita di staffa per i piedi l'altra d'impugnatura per le due mani, si può misurare la forza di trazione verticale o dei muscoli estensori del tronco. Con speciale dispositivo si può trasformare il dinamometro in dinamografo. Questi tipi sono stati variamente modificati sempre basandosi sulla resistenza di molle d'acciaio graduate (Ulmann, Pizzoli, Cheron, ecc.). I dati ottenuti hanno valore relativo perché il soggetto deve impegnare tutta la volontà per ottenere la massima contrazione e più s'ottiene sotto forma di gare. La forza media varia secondo l'età e il sesso. Per Quetelet il valore medio della forza di trazione cresce per ogni anno nell'uomo; 20 chilogrammetri a sei anni; 27 a sette e successivamente fino a 21 anno: 33, 40, 46, 48, 51, 69, 81, 88, 102, 126, 130, 132, 138, 146, raggiunge il massimo di 155 a 25 anni per diminuire dai 40 in poi. Nella donna i valori corrispondono quasi alla metà. Autori americani osservarono che i soldati bianchi hanno forza di trazione media di 144 chilogrammetri, più elevata i negri, e superiore i gialli.
U. Cassinis fra 1000 giovani ufficiali dell'esercito italiano (1928) trovò una media di 40 chilogrammetri per forza di pressione, di 140 per forza di trazione verticale, di 25 per forza di trazione orizzontale. Bethe (1928) nei campioni olimpionici constatò che le donne hanno forza minore dell'uomo e che se è vero che la forza cresce col peso, non è proporzionale a questo ma alla statura. Se col crescere del peso corporeo si calcola il rapporto forza-chilogrammo di peso, s'ottengono per gl'individui più pesanti valori minori. Perciò il confronto si può fare solo determinando la media della forza degl'individui per ogni classe di peso, indipendentemente dalla specialità sportiva e paragonando con questo valore medio quello ottenuto dagli specialisti d'un determinato peso medio. Lo sviluppo della forza è del resto relativo all'esercizio sportivo praticato; tutti gli esercizî però aumentano la forza dei muscoli estensori del tronco. Buon criterio di giudizio nella valutazione fisica si può avere con le misure di forza, ma ancor migliore con la valutazione sportiva, perché spesso più che forza occorre destrezza, prontezza, e sempre resistenza fisica. Nel primo periodo d'ogni allenamento la forza muscolare al dinamometro è diminuita, poi riaumenta. È indice di cattivo metodo la diminuzione della forza oltre il primo bimestre o trimestre d'allenamento. Negli stati patologici mostra sempre diminuzione rispetto alle medie; si possono osservare aumenti della forza muscolare durante stati convulsivi che, appena passati, lasciano forte diminuzione.
Il carro dinamometrico. - Per eseguire uno studio raeionale su di una locomotiva e trattare i problemi di trazione in generale, occorre raccngliere dati sperimentali relativi alla potenza utile sviluppata dalla locomotiva per trascinare un treno di data composizione a una data velocità, ossia per vincere le resistenze passive e comunicare al sistema la necessaria energia cinetica. I dati sperimentali devono ovviamente essere rilevati mentre la locomotiva compie il suo lavoro in condizioni perfettamente analoghe a quelle dell'esercizio corrente. Si pongono perciò tutti gli strumenti di misura e rilievo in una speciale carrozza che s'interpone tra la locomotiva e il treno e che viene detta carro dinamometrico. Il carro dinamometrico delle ferrovie italiane appartenne già alla società esercente la rete adriatica e fu costruito nel 1904 a Firenze. Un veicolo a carrelli, di lunghezza m. 13,25, larghezza m. 2,70: porta esternamente degli specchi inclinati a 45° rispetto all'asse del veicolo, che permettono di vedere la via da ambo i lati e prendere nota delle stazioni e dei punti singolari della linea. Il peso del veicolo è di 31 tonnellate. Una dinamo ricarica automaticamente le batterie di accumulatori che forniscono l'energia per l'illuminazione e per gli apparecchi. Su tutti gli assi, escluso soln quello da cui prendono movimento gli strumenti di misura, può agire un freno Westinghouse ad azione rapida. Tra i numerosi strumenti si devono ricordare a) gli apparecchi dinamometrici propriamente detti (meccanismo dinamometrico; la presa di movimento; l'apparecchio scrivente; gl'indicatori e registratori di lavoro e di velocità; il potenziometro indicante in ogni istante la potenza in cavalli sviluppata dalla locomotiva; l'anemometro che dà la velocità del treno rispetto al vento) che registrano in inchiostro, per mezzo di uno stilo, su di una striscia di carta che si svolge, proporzionalmente allo spazio percorso dal treno, i chilometri, i tempi, gli sforzi di trazione, ecc.; b) l'ergometro d'inerzia, applicazione del pendolo di Desduits, che da solo realizza tutte le misure ottenute dagli strumenti precedentemente nominati: è però apparecchio assai delicato e funziona spesso in modo anomalo; c) apparecchi per lo studio del freno ad aria compressa; b) apparecchi per la registrazione delle condizioni di caldaia e di condotta della locomotiva in marcia; e) una speciale attrezzatura per prove con locomotive elettriche.