Lo studio dei fenomeni economici in movimento, visti soprattutto nella loro dipendenza dalle forze agenti (movimenti della popolazione, innovazioni tecniche, aumenti delle ricchezze, mutamenti di gusto dei consumatori, impulsi dati dallo Stato a nuove forme di attività ecc.), che molti economisti hanno affiancato, e alcuni addirittura sostituito, allo studio statico, basato sull’ipotesi astratta dell’immutabilità dei vari elementi (numero degli individui, loro bisogni, processo produttivo ecc.), da cui dipende l’equilibrio economico. Di fatto i fenomeni economici sono sempre in moto, e, nello spostarsi successivamente da una all’altra posizione di equilibrio, l’economia tende a svolgersi secondo movimenti secolari o tendenze di sezioni d’onda (trends), pur presentando contemporaneamente movimenti stagionali e ciclici. La dinamica economica studia separatamente questi tre movimenti che, pur componendosi nel determinare un’unica linea di sviluppo, hanno ciascuno la propria individualità, e si avvale, a tale proposito, di quattro vie: a) interpretazione storica dei fenomeni economici in movimento; b) successive approssimazioni al problema concreto, che partono dalla costruzione statica (via seguita da V. Pareto, A. Marshall e G. Cassel); c) costruzione di un equilibrio dinamico (via che discende direttamente da Pareto e che, da un punto di vista generale, ha grande importanza); d) esame induttivo, a base prevalentemente statistica, delle singole forze, classificate secondo la durata delle loro oscillazioni.
È soprattutto attraverso quest’ultima via, aperta da W. Jevons, che si sono realizzati i maggiori progressi nello studio dinamico. Nella teoria delle crisi possono indicarsi anzi i veri inizi dell’indirizzo dinamico che, per voler analizzare fatti che si svolgono in base a previsioni del futuro del tutto soggettive, si presenta particolarmente arduo e complesso, ma che, pur avendo scarse possibilità di applicazione ai fenomeni concreti e non essendo giunto a soluzioni di carattere generale, ha tuttavia permesso di realizzare alcuni risultati notevoli grazie alla continuità degli sforzi di quasi tutti i maggiori economisti. In particolare, nelle teorie della crescita, si è largamente utilizzata l’ipotesi di un’espansione economica che si realizzi a tasso costante, nell’intento di estendere le concezioni dell’equilibrio statico a situazioni che implicano cambiamenti nel tempo. In questo contesto particolare importanza riveste la teoria delle aspettative razionali, dove la scelta degli agenti economici non è più solo condizionata dallo stato presente dell’economia ma dalla percezione che gli agenti hanno dell’evoluzione futura dell’economia. Gli equilibri dinamici con aspettative razionali hanno mostrato i limiti interpretativi dei modelli basati sulla semplice rappresentazione statica.
Più recentemente gli studi dinamici economici hanno sempre più preso a prestito modelli dalle scienze evolutive, quelle biologiche in particolare, e dalla matematica del caos. La dinamica economica viene quindi a essere fortemente dipendente dalle condizioni di partenza, come per es. la dotazione di fattori produttivi, e può dar vita a molteplici traiettorie anche molto diverse tra loro ma che originano da piccole variazioni delle dotazioni iniziali.