DĪN
. Vocabolo arabo, che, tra i varî significati, ha quello di "religione", assunto già nell'età preislamica verosimilmente per influsso del medio persiano o pahlawī dēn, dīn (avestico dāenā). A cominciare da poco dopo la metà del sec. IV èg. (X d. C.) esso serve in tutto il mondo musulmano alla composizione di laqab, ossia nomi onorifici aggiunti al vero nome personale, come ‛Alā' ad-Dīn "l'elevatezza della religione" (Aladino), Badr ad-Dīn "la luna piena della religione", Fakhr ad-Dīn "la gloria della religione" (Faccardino), Ṣafī ad-Dīn "di religione pura", Ṣalāḥ ad-Dīn "la santità della religione" (Saladino), ecc. Applicati dapprima ad alti personaggi potenti (il più antico esempio noto è quello di Nāṣir ad-Dīn "il sostenitore della religione", assunto dal principe Sabuktikīn, fondatore della dinastia dei Ghaznewidi e morto nel 387 èg., 997 d. C.), essi nel sec. VII èg. (XIII d. C.) diventarono popolari e soprattutto vennero applicati a cultori di scienze religiose e giuridiche; anzi in molte regioni sorse la consuetudine di unire in modo costante un determinato composto con -Dīn a un determinato nome personale, per es., dando il laqab di Shams ad-Dīn "il sole della religione" a tutti i Muḥammad, di Shihāb ad-Dīn "la fiamma brillante della religione" agli Aḥmad, di Nūr ad-Dīn (Norandino) "la luce della religione" agli ‛Alī, ecc. Non di rado, già dal sec. VII èg., questi composti vengono citati in forma abbreviata, ossia premettendo l'articolo arabo al primo componente e omettendo ad-Dīn; per es., al-Fakhr per Fakhr ad-Dīn, al-Kamāl per Kamāl ad-Dīn, ecc.
Questo ad-Dīn (in Persia, Turchia, India, ud-Dīn) può ricorrere in nomi di località le quali siano denominate da qualche santo personaggio colà vissuto o sepolto.
Bibl.: L. Caetani e G. Gabrieli, Onomasticon Arabicum; I, Roma 1915, § 183; J. H. Kramers, Les noms musulmans composés avec Din, in Acta Orientalia, V, Leida 1927, pp. 53-67 (sarebbero possibili parecchie aggiunte).