Diligite iustitiam, qui iudicatis terram
È l'inizio del libro sacro attribuito a Salomone (Sap. 1, 1). Per il suo contenuto e per le prime parole chiaramente esplicative la frase è sintesi felice del concetto di giustizia dell'Antico Testamento, riaffiorato in alcuni aspetti sociali nel Medioevo.
La giustizia umana, riflesso di quella divina, può essere considerata in rapporto alla fedeltà della legge, alla ricompensa, alla sapienza e alla bontà. Nel nostro passo la giustizia è la sapienza messa in pratica da chi ha il dovere di giudicare la terra, cioè di governare i popoli; essa insegna le classiche virtù cardinali della prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Per iudices o governanti s'intendono principalmente i rettori delle comunità giudaiche in Egitto (cfr. Gius. Flavio Antiq. iud. XIV VII 117). La lettura del testo biblico nel Breviario romano è fissata al Mattutino della terza domenica di agosto, come lectio continua, senza particolari riferimenti a festività dell'anno liturgico. I commenti patristici nell'ultima esemplificazione del Breviario vengono omessi.
Nel contesto dantesco la frase biblica ha un notevole rilievo. Mentre Beatrice invita D. a guardare la croce, Cacciaguida gli mostra le anime di maggior fama: Giosuè, Carlo Magno, Goffredo di Buglione, ecc. D. sale poi al sesto cielo, quello di Giove, dove le anime cantando e disponendosi come stormi formano gradualmente le lettere delle parole bibliche citate e, fermandosi un poco or sull'una or sull'altra lettera, rimangono in silenzio (Pd XVIII 73 ss.). Poi ricominciano fino a che non hanno scritto a caratteri d'oro, in mezzo a Giove, l'intera frase: " Diligite iustitiam qui iudicatis terram "; sull'ultima M - in forma gotica - rimangono più a lungo tanto che altre luci scendono dall'alto e spiccano come oro sullo sfondo dell'argenteo pianeta.
Bibl. - G.B. Guzzetti, Giustizia, in Encicl. Cattolica, VI, Città del Vaticano 1951, 846-854; A. Deschamps, Giustizia, in Dizion. di Teologia biblica, Casale 1965, 427-437.