In diritto civile si intende per diligenza l’insieme delle cure e delle cautele che il debitore deve porre per l’esatto adempimento del suo obbligo. In particolare, secondo una opinione il concetto di diligenza segnerebbe il limite dello sforzo richiesto al debitore, mentre secondo un’altra determinerebbe la misura della prestazione dovuta. L’art. 1176 c.c. prescrive che nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia, espressione con la quale si intende un livello medio di attenzione e prudenza, ma se l’obbligazione è inerente all’esercizio di un’attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata. Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta e dall’interesse dell’impresa (art. 2104 c.c.). Salvo eccezioni (v. ad esempio quanto disposto in materia di società di cartolarizzazione), deve invece ritenersi tramontato il criterio, risalente al diritto romano e vigente in altri ordinamenti, della diligenza quam suis o quam in suis, in base al quale il debitore deve osservare nell’adempimento lo stesso grado di diligenza che impiegherebbe per soddisfare un proprio interesse.