DILIGENTIA
In greco epimèlia, akrìbeia. È definita da Cicerone (De orat., II, 150): cura, attentio animi, cogitatio, vigilantia, assiduitas, labor; e (nel Brutus, 37) relativamente alla scelta delle parole: tutto ciò che non è insolens atque ineptum. Appartengono al frasario comune degli scrittori storici e tecnici dell'epoca imperiale frasi come queste: diligentia antiquitatis, diligentia veterum auctorum, diligentia Graecorum; esse trovano la loro giustificazione nella fiducia dei tardi autori, specialmente in epoche di neo-classicismo e di tendenza arcaizzante, negli autori, uomini di lettere o artisti, di epoche lontane e, in particolar modo, d'arte arcaica. L'esempio più probante ci viene offerto dallo scultore Kallimachos, della fine del V sec. a. C., il quale, secondo Plinio (xxxiv, 92) essendo incapace di porre un limite alla diligenza (nec finem habentis diligentiae), rovinò talvolta la grazia di alcune sue opere (gratiam omnem diligenua abstulerit). Vitruvio (iv, 1,10), che giudica più benevolmente l'artista, ne loda la elegantia e la subtilitas.