DIFFUSIONE (XII, p. 799; XXXII, p. 89; App. II, 1, p. 778)
Gli esperimenti di d. sono stati enormemente facilitati negli ultimi anni dalla maggiore disponibilità di radioisotopi verificatasi grazie all'entrata in funzione di numerosi reattori nucleari; ciò in quanto l'uso di isotopi come traccianti ha reso fra l'altro pssibile eseguire numerose misurazione del coefficiente di autodiffusione, caso di diffusione nel quale la soluzione dell'equazione di Fick (XXXII, p. 89 e App. II, 1, p. 779) risulta particolarmente semplice.
Diffusione nei gas. - La teoria della d. nei gas è basata sulla teoria cinetica, opportunamente modificata per tener conto delle forze di attrazione e di repulsione esistenti fra le molecole. Tra i varî tipi di forze di attrazione proposti, la forza derivante dal potenziale di Lennard-Jones sembra essere quella di applicabilità più vasta. Il potenziale suddetto è del tipo
ove r è la distanza fra le molecole, σ ed ε sono due parametri che si possono ricavare ad es. da misure di viscosità. Quanto al coefficiente di diffusione in fase gassosa è possibile esprimerlo in funzione del peso molecolare, della temperatura, della pressione e dei parametri σ e ε: i valori per esso calcolati si accordano, entro gli errori sperimentali, con i valori misurati.
Diffusione nei sistemi condensati. - I più interessanti sviluppi nello studio della d. si sono avuti nel campo dei solidi e dei liquidi. Se si considera la diffusione come un processo attivato, la dipendenza del coefficiente di diffusione dalla temperatura si esprime, a pressione costante, mediante la relazione
ove D è il coefficiente di diffusione alla temperatura T, E l'energia di attivazione del processo, R la costante dei gas, D0 una costante il cui valore dipende dai parametri microscopici caratteristici del sistema in esame. Tale legge risulta verificata in un vasto intervallo di temperatura nella maggioranza degli esperimenti eseguiti finora sia in fase solida sia in fase liquida.
Diffusione nei solidi. - I metodi sperimentali seguiti in passato non consentivano indagini particolarmente accurate. Di solito si saldavano fra loro due campioni di diversa composizione e si seguiva la diffusione dei costituenti mediante tecniche di analisi metallografica, chimica o con raggi X. L'interpretazione teorica dei risultati si presentava particolarmente difficile sia per la scarsa accuratezza dei metodi di analisi, sia per la presenza di un gradiente di concentrazione che implica sfavorevoli condizioni al contorno per l'equazione di Fick.
L'uso dei radioisotopi come traccianti ha permesso di superare le difficoltà in quanto l'analisi dei traccianti può essere eseguita con grande precisione. Inoltre, usando traccianti di elevata attività specifica, è possibile ottenere diffusioni con un gradiente di concentrazione trascurabile e introdurre quindi nell'equazione di Fick le semplificazioni previste per l'autodiffusione. La tecnica sperimentale consiste in genere nell'effettuare su una superficie della sostanza in esame un'elettrodeposizione del tracciante e nel dedurre il coefficiente di diffusione dall'esame della curva di penetrazione determinata dopo un certo tempo.
È stata così raccolta una notevole quantità di dati relativi a metalli puri e a leghe binarie, alcuni dei quali sono riportati nella tab. 1. Di pari passo con il lavoro sperimentale sono state compiute ricerche teoriche su diversi meccanismi di diffusione suggeriti dai risultati sperimentali acquisiti (v. anche solidi, fisica dei, in questa App.), e principalmente: 1) sulla d. per scambio diretto, in cui l'atomo tracciante si muove scambiando la sua posizione con un atomo del reticolo mediante la rotazione di due o più atomi attorno ad un centro comune; 2) sulla d. interstiziale, in cui il tracciante si muove dall'una all'altra di posizioni che sono interstiziali rispetto a quelle che competono agli atomi nel reticolo cristallino del solido in considerazione; 3) sulla d. via vacanze, in cui l'atomo tracciante scambia posizione con una vacanza che si trovi nel reticolo del solido in esame, in posizione adiacente a quella dell'atomo tracciante.
Purtroppo la scarsa conoscenza dell'energia potenziale degli elettroni e degli ioni nei metalli impedisce di ottenere risultati abbastanza precisi perché si possa individuare, mediante il confronto con i risultati sperimentali, il meccanismo di d. per ciascuna sostanza presa in esame. È tuttavia possibile ricavare delle indicazioni che permettono di escludere con sicurezza in determinati esperimenti di diffusione alcuni dei meccanismi citati.
Diffusione nei liquidi. - Le prime esperienze di d. in fase liquida, effettuate in soluzioni acquose e in liquidi organici, hanno fornito risultati di interpretazione molto difficile anche per la complessità dei sistemi in esame.
Recentemente si sono effettuate misure su liquidi di struttura più semplice, monoatomici (metalli puri, leghe binarie e liquidi nobili). Le tecniche sperimentali variano a seconda dell'intervallo di temperatura prescelto; si possono tuttavia distinguere due metodi fondamentali: 1) La d. avviene all'interno di un capillare dove a un certo istante vengono messi a contatto i due liquidi di cui uno contiene il tracciante; il coefficiente di d. viene quindi calcolato dall'esame della curva di penetrazione del tracciante. 2) Si fa avvenire la d. fra il liquido contenuto in un capillare e il liquido di un recipiente posto in comunicazione con il capillare. Dalla variazione di concentrazione del tracciante nel capillare si può calcolare il coefficiente di diffusione.
Il primo metodo è di solito limitato allo studio della d. di sostanze che siano solide a temperatura ambiente, mentre il secondo trova più generale applicazione ma è meno preciso. Nella determinazione delle concentrazioni del tracciante, è impiegato, accanto ai normali contatori per radio-isotopi, ìo spettrometro di massa per l'analisi degli isotopi stabili.
I valori del coefficiente di d. nei liquidi risultano maggiori, per un fattore 104÷105, dei corrispondenti valori misurati nei solidi. Inoltre, se si considera valida la [1] si vede che nei liquidi l'energia di attivazione E è circa dieci volte minore che nei solidi, mentre il fattore D è circa mille volte maggiore (v. tab. 2).
L'interpretazione dei risultati sperimentali è assai incerta a causa principalmente della mancanza di uno schema che descriva soddisfacentemente lo stato liquido. Tuttavia al momento attuale (1959) si propende a credere che la d. nei liquidi avvenga mediante fluttuazioni di densità.
Bibl.: R. M. Barrer, Diffusion in and through solids, Cambridge 1941; W. Jost, Diffusion in solids, liquids, gases, New York 1952; R. C. Reid e T. K. Sherwood, The properties of gases and liquids, New York 1958.