Diexue shuang xiong
(Hong Kong 1989, The Killer, colore, 111m); regia: John Woo; produzione: Tsui Hark per Film Workshop; sceneggiatura: John Woo; fotografia: Peter Pau, Wong Wing-hang; montaggio: Fan Kung-ming, David Wu [Wu Dan-wai]; scenografia: Tai Chun-Ching; costumi: Shirley Chan [Chen Gu-fang]; coreografie: Ching Siu-tung; musica: Lowell Lo [Lo Koon-ting].
A Hong Kong il killer Jeff attende il suo amico e intermediario Sydney in una chiesa. Il nuovo contratto lo porta in un night club della città dove elimina un boss e i suoi uomini. Nel corso della sparatoria l'uomo ferisce accidentalmente Jenny, la giovane cantante del club. Sei mesi più tardi Jeff, ossessionato dall'incidente, cerca Jenny che, rimasta cieca, non può riconoscerlo. Tra i due nasce una casta storia d'amore. Sydney arriva con un nuovo incarico; Jeff accetta annunciando che sarà l'ultimo. I soldi permetteranno a Jenny di sottoporsi a un intervento che le ridarà la vista. Durante la regata del Dragone, il killer uccide il mafioso Tony Weng ma diventa a sua volta il bersaglio dei mandanti. L'ispettore Lee ricollega l'uomo alla sparatoria del night club e sorveglia Jenny. Intanto Jeff, che si sente tradito da Sydney, sfugge a un secondo agguato. Il nipote di Weng, che aveva ordinato l'omicidio dello zio, assolda una nuova squadra di sicari. Lee e il suo collega Randy tendono una trappola al killer ma Jeff riesce ancora una volta a fuggire. Sydney, addolorato per aver messo nei guai l'amico, si impegna a recuperare i soldi promessi. L'ispettore, seppur affascinato dalla figura di Jeff, stringe il cerchio e riesce finalmente a trovarlo. Un nuovo scontro a fuoco con i gangster li costringe a rinviare la resa dei conti. Tra i due nasce una strana amicizia. L'appuntamento con Sydney è ancora una volta nella chiesa. L'uomo consegna i soldi a Jeff, ma involontariamente conduce i killer nel rifugio. Nell'apocalittica sparatoria finale Jeff soccombe. La vendetta sarà infine portata a termine dal poliziotto.
Diexue shuang xiong è il film che ha segnalato al pubblico e alla critica occidentali il 'fenomeno Hong Kong', fino ad allora conosciuto solo da pochi specialisti. John Woo, reduce dai successi di Yingxiong bense (A Better Tomorrow, 1986) e Yingxiong bense II (A Better Tomorrow II, 1987), era particolarmente legato al progetto ma entrò in attrito con il regista e produttore Tsui Hark che invece non amava il tema. Le pressioni del divo Chow Yun-fat sui finanziatori sbloccarono la situazione. Il film registrò modesti incassi locali, ma aprì la strada al successo internazionale di una cinematografia per molti versi sorprendente. Diexue shuang xiong è l'opera migliore di John Woo, ineguagliata mediazione tra visione personale dell'autore e codici del cinema popolare hongkonghese. Con l'eccezione del cinema di arti marziali, distribuito precipitosamente e disordinatamente alla metà degli anni Settanta, il cinema commerciale orientale era un oggetto sconosciuto in Occidente, mentre la limitata circolazione dei film d'autore aveva accreditato un'idea piuttosto stereotipata del cinema asiatico, fatta di tempi lenti, inquadrature statiche, stile ieratico ed estenuante. L'arrivo, negli anni Novanta, di una cinematografia ibrida come quella di Hong Kong fu una esperienza spiazzante: si scoprì una rilettura originale dei generi classici, una libertà espressiva e uno stile potente che si opponeva alla progressiva standardizzazione dei modelli americani.
Diexue shuang xiong sintetizza idealmente il meglio di questo fenomeno. Woo ama il cinema americano classico e i noir di Jean-Pierre Melville a cui si ispira per il personaggio del killer Jeff, solitario e ritualistico. Ma, contro la misura dei classici e lo sguardo glaciale del regista francese, Woo incendia i suoi materiali con una miscela di romanticismo e malinconia. C'è un angelo caduto alla ricerca della redenzione, cui rinviano le icone religiose (colombe, statue sacre, chiese, ceri, crocifissi), ci sono il senso aristocratico dell'onore, l'amicizia virile, l'eroismo anacronistico di una casta di cavalieri destinata alla sconfitta e all'estinzione ‒ omaggio ai wuxiapian cinesi dell'amato maestro Zhang Che, ai film di samurai e agli yakuza movies giapponesi. Per comporre questa epica, Woo attinge infatti alle forme pure del cinema occidentale ma rianima queste figure ormai vuote con l'afflato melodrammatico della cultura popolare cinese. E così tutto corre pericolosamente e miracolosamente sul filo del kitsch senza tuttavia cedervi mai: gli uomini si amano come bambini, assassini spietati si commuovono per vittime innocenti, gli amanti accecati e moribondi si cercano invano sul terreno di battaglia.
Ma l'impatto del film non sarebbe stato tale se non vi si dispiegasse uno stile stupefacente, qui perfezionato dopo gli acerbi esperimenti dei film precedenti: un'alternanza di lirismo e furiosa violenza che deve in egual misura a Sam Peckinpah, François Truffaut, Martin Scorsese, Sergio Leone. Fotogrammi congelati, dissolvenze incrociate, overlapping, interni dilatati dal grandangolo, ralenti, cesure improvvise e sospensioni trasognate, John Woo ricorre senza complessi a ogni strumento messo a disposizione dal cinema, con una libertà formale che, paradossalmente, discende dall'amore del regista per la Nouvelle vague francese. È sintomatico che il regista cinese non usi storyboard ma improvvisi sul set le singole coreografie degli attori. Solo in questa rinnovata ignoranza delle regole, propria di adolescenti e dilettanti, innocente e presuntuosa allo stesso tempo, è possibile rinnovare, per un attimo, situazioni ormai usurate. Il montaggio di Woo è reso tuttavia ipnotico dal suo assoluto rigore analitico: ogni cambio di inquadratura descrive graficamente il movimento, il rapporto di causa ed effetto della balistica, l'esatta disposizione dei corpi nello spazio fisico. Il contrario del caos che regna negli emuli americani e che tende a sporcare, a confondere, a rendere illeggibile l'azione. Infine l'invenzione di alcune geometrie che diventeranno un vero e proprio marchio di fabbrica: l'uso contemporaneo di due pistole con un impressionante volume di fuoco, il reciproco puntarsi addosso le armi degli antagonisti bloccati così in un gesto da scultura iperrealista che la regia contempla affascinata.
Diexue shuang xiong ha avuto in Italia una circolazione d'essai. Del film esiste una versione originale, più lunga, distribuita nella sola Taiwan; lo stesso regista ha provveduto ad accorciarla per gli altri mercati.
Interpreti e personaggi: Chow Yun-fat (Sin Chong/Jeffrey Chow), Danny Lee [Lee San-yin] (ispettore Lee Ying), Sally Yeh [Yip Sin-man] (Jenny), Paul Chu [Chu Kong] (Sydney Fung), Kenneth Tsang [Tsang Kong] (sergente Randy Chung), Shing Fui-on (Wong Hoi/ Johnny Weng), Yip Wing-cho (Wong Tung/Tony Weng), Yee Fan-wei (Frankie Feng), Barry Wong (ispettore Tu), Parkman Wong [Wong Pak-man] (ispettore Chan), Lam Chung (Willie Tsang), Tommy Wong [Wong Kwong-leung] (Wong Tong/Eddie Wong).
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