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Velazquez, Diego

di Eugenia Querci - Enciclopedia dei ragazzi (2006)
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Velazquez, Diego

Eugenia Querci

Capolavori di realismo nel Seicento

La qualità che rende Velázquez uno dei più grandi maestri del Seicento è in primo luogo lo spiccato realismo dei suoi ritratti, con cui restituisce efficacemente la presenza e l’espressione dei modelli, lasciandone inoltre intuire gli aspetti del carattere. Ma Velázquez è anche un grande maestro nella tecnica pittorica, utilizzata con notevole scioltezza e libertà: con poche pennellate ampie e un uso sapiente della luce esprime la vitalità di un volto o la naturalezza di una posa

I primi anni a Siviglia

Nato nel 1599 a Siviglia, città che vantava la più importante scuola d’arte spagnola dell’epoca, Diego Rodríguez de Silva y Velázquez – è questo il suo nome completo – ha un apprendistato brevissimo. Poco più che diciassettenne ottiene infatti la licenza di pittore e può aprire una propria bottega.

In quest’epoca, oltre a qualche ritratto, si specializza in dipinti che raffigurano scene d’interno, con personaggi caratteristici colti in attività quotidiane o private: musicisti che suonano la chitarra davanti a un bicchiere di vino o una donna anziana che cuoce le uova in un tegame di coccio; soggetti apparentemente ordinari che però spesso nascondono un’interpretazione religiosa, morale o allegorica. Velázquez è incredibilmente abile nel rendere la verità caratteristica dei volti, la sensazione di una scena colta in un’istantanea, il realismo degli oggetti, delle bevande, dei cibi. Alla cospicua presenza di tali particolari si deve il nome spagnolo di questa tipologia di dipinti: bodegones, cioè «nature morte».

Alla corte di Spagna

Pur godendo già di una certa fama nell’ambiente sivigliano, il giovane Velázquez aspira a ottenere incarichi ufficiali sempre più importanti. Si trasferisce perciò (1623) nella capitale Madrid, dimora della corte reale. Di bell’aspetto, signorile nei modi ed elegante nel portamento, l’artista si introduce rapidamente nel nuovo ambiente e, grazie ai suoi meriti artistici come ritrattista, viene presto nominato pittore e poi usciere di camera del re Filippo IV. Nei numerosi ritratti del sovrano, Velázquez riesce a far rivivere la viva umanità del soggetto, senza tuttavia trascurare il senso di ufficialità e solennità richiesto dalla rigida etichetta dell’epoca. Il suo stile non ha però ancora raggiunto quella scioltezza pittorica e quella larghezza ed essenzialità della pennellata che caratterizzano molte delle sue opere più conosciute.

Il primo viaggio in Italia

Anche se Velázquez ha la possibilità di ammirare a Madrid le opere di pittori italiani come Tiziano, coltiva il desiderio di recarsi personalmente in Italia. All’epoca gli spostamenti tra paesi europei non erano liberi come oggi e Velázquez deve richiedere al sovrano uno specifico permesso per lasciare la Spagna. Una volta autorizzato (1629), l’artista s’imbarca per Genova, proseguendo poi per Venezia dove può ammirare e copiare i capolavori di luce e d’atmosfera dei maestri della scuola veneziana, da Tiziano appunto a Tintoretto.

Il soggiorno più lungo lo trascorre a Roma (1630), dove può godere dell’ambiente culturale e artistico più avanzato d’Europa, familiarizzando con l’opera di diversi maestri: Caravaggio, Domenichino, Nicolas Poussin, Pietro da Cortona. Non a caso, proprio durante questo soggiorno Velázquez concepisce una delle sue opere più importanti, La fucina di Vulcano: Apollo, dio del Sole, entra nell’oscura fucina del dio del fuoco Vulcano per rivelargli il tradimento della consorte Venere con Marte, dio della guerra. Velázquez riesce a rendere l’estemporaneità e la naturalezza della scena: il mito diventa realtà nelle espressioni dei visi, nell’efficacia delle pose che danno netta la sensazione di un lavoro momentaneamente interrotto per ascoltare la notizia, nelle scintille provenienti dal camino dove arde e scoppietta il fuoco.

Il ritorno a Madrid: la carriera di ritrattista

Nonostante sia ben inserito nell’ambiente romano, Velázquez deve tornare a Madrid (1631) poiché è alle dipendenze del re Filippo IV. In patria si dedica a vari temi pittorici, come quello religioso della crocifissione, ma soprattutto riceve, nell’ambito della corte, numerosissimi incarichi per ritratti che rappresentano il re o suoi congiunti a cavallo: Velázquez è rinomato per la sua abilità nel dipingere con naturalezza gli animali e in particolare i cavalli, di cui sa cogliere la vitalità e, insieme, l’eleganza e la maestosità.

Nell’ambito dei ritratti rientrano anche tre celebri tele eseguite tra il 1636 e il 1640: Esopo, Menippo e Marte. Le prime due si riferiscono allo scrittore di favole greco Esopo e al filosofo greco Menippo; il terzo al mitico dio della guerra Marte. Ciò che rende importanti questi dipinti è la capacità di cogliere la psicologia dei personaggi e l’incredibile realismo di quei volti e di quei corpi, per i quali certamente Velázquez si è servito di modelli in carne e ossa.

L’ultimo soggiorno in Italia e la definitiva affermazione

Verso il marzo 1649 Velázquez è nuovamente in Italia, al seguito di una delegazione spagnola. È incaricato di acquistare quadri e sculture italiani destinati ad abbellire la dimora reale. Giunto a Roma, si trova al centro della vita culturale della città papale, e realizza uno dei suoi dipinti più celebri: il ritratto di papa Innocenzo X (1650, Roma, Galleria Doria Pamphili), un vero capolavoro per la forza dei colori, per la sorprendente presenza della personalità del papa e per la vividezza del suo sguardo attento e acuto. L’impatto di quest’opera è tale che, circa trecento anni dopo, negli anni Cinquanta del Novecento, viene replicata più volte – seppure reinterpretata in modo espressionista – dall’artista Francis Bacon.

Gli anni che seguono il ritorno di Velázquez a Madrid, fino alla sua morte avvenuta nell’agosto 1660, sono quelli di maggior successo. A corte ottiene cariche importantissime, che ne fanno un uomo di fiducia del re. Dipinge opere fondamentali, come Las hilanderas e Las meninas, e realizza sontuosi e solenni ritratti dei sovrani, rivestiti di abiti ricchissimi, oro e gioielli, e attorniati di stoffe preziose per comunicare tutto il potere e l’autorità della corona spagnola.

Tanti ritratti in uno: Las meninas

Verso il 1656 Velázquez crea un’opera fondamentale, Las meninas (Madrid, Museo del Prado): la bellezza enigmatica di questo quadro lo ha reso universalmente noto, come la Gioconda di Leonardo da Vinci. Quello che appare un ritratto della piccola principessa Margherita, raffigurata al centro con un abito bianco, e delle sue dame di compagnia – in spagnolo meninas – è però contemporaneamente un ritratto dei genitori di Margherita, Filippo IV e Marianna d’Austria. Infatti, se osserviamo l’opera attentamente, noteremo che i busti dei sovrani sono riflessi nello specchio in fondo alla stanza.

Per questo quadro Velázquez ha ideato un raffinato gioco intellettuale: egli stesso si è raffigurato a sinistra, in piedi, con il pennello in mano davanti a una grande tela su cui è intento a dipingere, appunto, il ritratto del re e della regina; in quel momento, la coppia reale è davanti all’artista occupando, idealmente, il posto che noi spettatori occupiamo oggi mentre contempliamo il dipinto. La principessa Margherita con le sue damigelle è venuta a fare visita ai genitori e, infatti, è verso di loro – e dunque verso di noi – che rivolge lo sguardo. Velázquez ci mostra dunque quello che normalmente non si vede: ovvero non solo i soggetti del dipinto (riflessi nello specchio) ma anche, trasformandoli poi nei veri protagonisti, i personaggi presenti di fronte ai modelli mentre l’opera viene eseguita, incluso l’artista stesso.

Vedi anche
Francis Bacon Pittore irlandese (Dublino 1909 - Madrid 1992). A Londra, dal 1925, abbandonò gradualmente l'attività di decoratore di interni per la pittura. Si impose all'attenzione internazionale dopo la seconda guerra mondiale, mantenendo una posizione isolata nella sua ricerca che, pur svolgendosi nell'ambito figurale, ... ritratto Pittura, scultura o fotografia che ritrae, cioè rappresenta la figura o la fisionomia di una o più persone. 1. Il ritratto nell’antichità L’arte egizia ebbe un particolare interesse per la riproduzione di tratti individuali, creando così vitali espressioni fisionomiche e tipizzando invece la rappresentazione ... Spagna Stato dell’Europa occidentale, confinante a NE con la Francia e Andorra e a O con il Portogallo. La Spagna, bagnata a NO e a SO dall’Atlantico, a S e a E dal Mediterraneo, comprende la maggior parte (85%) della Penisola Iberica, gli arcipelaghi delle Baleari nel Mediterraneo e delle Canarie nell’Atlantico ... Francisco Zurbarán Zurbarán ‹tℎurbℎaràn›, Francisco. - Pittore (Fuente de Cantos, Badajoz, 1598 - Madrid 1664). Fu l'artista che meglio seppe rappresentare la religiosità controriformista della Chiesa spagnola del 17° secolo. Profondamente religioso, Zurbaran, Francisco rimase personalità singolare e appartata. Nella sua ...
Indice
  • 1 I primi anni a Siviglia
  • 2 Alla corte di Spagna
  • 3 Il primo viaggio in Italia
  • 4 Il ritorno a Madrid: la carriera di ritrattista
  • 5 L’ultimo soggiorno in Italia e la definitiva affermazione
  • 6 Tanti ritratti in uno: Las meninas
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  • Velázquez, Diego Rodríguez de Silva y
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    Pittore (Siviglia 1599 - Madrid 1660). Nato da famiglia della nobiltà sivigliana, entrò presto (1609) nella bottega di F. de Herrera il Vecchio, che l'anno seguente abbandonò per entrare nello studio di F. Pacheco del Río, pittore erudito e conoscitore della letteratura classica, collezionista di opere ...
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    VELÁZQUEZ, Diego Rodríguez de Silva y Elias TORNIO y MONZO Pittore, nato a Siviglia il 6 giugno 1599, morto a Madrid il 7 agosto 1660. Il padre lo mise agli studî letterarî, ma ben presto si accorse che la vocazione di Diego era per l'arte e acconsentì a fargli cambiare genere di studî. Era appena ...
Vocabolario
diègo
diego diègo s. m. [forse dal nome proprio di persona] (pl. -ghi). – Nome region. (Italia centr.) del pettirosso.
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