CAMPANILE, Diego
Nacque a Sava, frazione di Baronissi, nel Salernitano, presumibilmente nel 1574. Rivoltosi alla vita religiosa, entrò nell'Ordine francescano, probabilmente nel 1594 o poco dopo, professando nel convento di S. Severino, appartenente alla famiglia dei riformati. Nulla si sa dei suoi studi; comunque nel 1604 aveva il titolo di lettore di teologia ed in seguito fu predicatore generale e lettore generale di teologia. Della sua carriera nell'Ordine si hanno notizie abbastanza tarde. Al capitolo di Napoli del 13 maggio 1613 fu eletto "discreto custodiale" - cioè, nella terminologia dei riformati, definitore provinciale -, carica che esercitò sino al novembre del 1615, quando fu incaricato dell'insegnamento della teologia nella custodia riformata di Basilicata. Qui rimase sino al 1621; da quest'anno al 1628 fu lettore di teologia a Castellammare di Stabia.
Il 14 marzo 1628 il ministro generale dell'Ordine francescano, il portoghese Bernardino de Sena, sottrasse il C. all'insegnamento destinandolo all'attività missionaria. In quell'anno la custodia di Terrasanta, l'amministrazione cioè del S. Sepolcro a Gerusalemme, tradizionalmente affidata ai francescani, passava per la prima volta dagli osservanti ai riformati, e fu appunto al C. che la carica di custode fu attribuita, a quanto pare con una procedura scarsamente rispettosa dei regolamenti dell'Ordine, sanata tuttavia dalla ratifica di papa Urbano VIII.
Il C., partito alla volta della Palestina con numerosi coadiutori, tra i quali cospicuo il gruppo dei napoletani, prese possesso della carica il 3 giugno 1628. Sin dal principio egli dovette prendere atto della più grave tra le difficoltà della missione, il difficile rapporto con le autorità ottomane, inclini ad una esosità senza limiti verso i missionari cristiani cui concedevano la loro tolleranza. Preso possesso della carica, il C. fu infatti costretto a pagare la cospicua somma di 4.000 piastre, un sacrificio tuttavia insufficiente ad appagare l'avidità dei funzionari turchi, i quali - "credendosi che io fusse molto ricco" (Acta, p. 84), come testimonierà poi nella relazione finale alla Congregazione de Propaganda Fide - non gli diedero mai requie, pressandolo con ogni sorta di prepotenze durante il triennio della sua amministrazione ed oltre.
In realtà il C. era costretto a rendersi "odioso a Turchi, havendoli tenuto la mano stretta" (ibid., p. 63) dal programma di riordinamento amministrativo della custodia del S. Sepolcro che gli era stato eminentemente raccomandato dalle autorità dell'Ordine e da quelle di Propaganda Fide. Dei risultati ottenuti in questo senso, incrementando accortamente le entrate, garantite dalla devozione dei pellegrini, e sorvegliando le uscite, soprattutto per quanto atteneva ai tributi non ufficiali tradizionalmente pagati alle autorità mussulmane, la Congregazione de Propaganda diede poi atto al C., esprimendogli il 18 luglio 1631 la "grandissima consolatione" di Urbano VIII per la "totale liberatione dei debiti dei Santi luoghi, seguita per mezzo delle diligenze e prudenza di V. P." (ibid., p. 64).
Ma appunto questo risultato espose il C. a tutte le rappresaglie dei Turchi, sicché a due riprese fu costretto a sottrarvisi fuggendo da Gerusalemme: una prima volta nel maggio del 1629, quando si rifugiò nel convento francescano di Nazareth, dove rimase nascosto per due mesi, ed una seconda volta nel gennaio del 1631, allorché riparò ad Aleppo, rimanendovi sino al maggio dell'anno successivo, ben oltre cioè la scadenza del suo mandato.
Altre difficoltà vennero al C. dalle pretese dei cristiani di rito ortodosso sulla Chiesa maronita di Cipro, in teoria sottoposta all'autorità della missione di Terrasanta, in pratica controllata dagli scismatici. Dopo un lungo contrasto il C. riuscì a ristabilirvi la propria autorità, sollecitando opportunamente, questa volta, le autorità ottomane. Né gli mancarono contrasti con gli stessi cattolici, in specie con i cappuccini francesi, zelanti strumenti della politica orientale del loro governo e perciò spesso in opposizione con le direttive di Propaganda Fide: con loro, e con le interferenze del console francese, il C. contese a lungo per il possesso della cappellania di Saida, della quale ottenne infine la restituzione all'Ordine francescano appellandosi alla S. Sede.
Nonostante queste sfavorevoli condizioni ambientali il C., durante il suo governo della missione palestinese, ottenne importanti risultati per la presenza cattolica nella regione. Sin dal principio aveva promosso la costituzione a Nazareth di un corso di perfezionamento nella lingua araba per i missionari francescani inviati in Oriente dalla Congregazione de Propaganda Fide; potenziò le missioni di Alessandria, del Cairo e Rosetta, anch'esse dipendenti dalla sua amministrazione, con l'invio di nuovi missionari; ad Aleppo inaugurò una nuova chiesa ed un ospizio; non gli riuscì invece di rendervi più cospicua la presenza missionaria, per l'opposizione dei Turchi. Rivendicò con successo ai francescani un ospizio nel Libano ed il convento di S. Maria Draperiis a Costantinopoli, inaugurò una nuova chiesa a Damasco ed un ospizio a Tolemaide.
L'amministrazione del C. si chiudeva dunque con un bilancio nettamente in attivo, e la Congregazione de Propaganda Fide approvò senz'altro, alla fine del triennio, la proposta delle autorità dell'Ordine di confermare il C. nella carica. Ma fu il C. ad opporsi al provvedimento, ormai stanco delle soperchierie turche, le quali anzi minacciavano di diventare più pesanti se un custode così poco disposto alle elargizioni fosse stato confermato nella carica.
Le autorità romane ritennero giustificate le perplessità del C. e nominarono a succedergli Paolo da Lodi, già prefetto della missione francescana d'Egitto. Il C. veniva destinato, quale titolare, il 5 dic. 1631, ad "Emid alla missione de' Caldei, per ridurre ... quella natione alla santa unione con la Sede Apostolica" (Verniero, II, p. 224); egli però non si lasciò convincere ai travagli del nuovo incarico e, adducendo motivi di salute, fece ritorno da Aleppo a Gerusalemme per mettersi a disposizione del successore. Qui però i Turchi non erano disposti a dimenticare la sua avarizia e già nell'agosto del 1632 era costretto a rifugiarsi a Nazareth.
Le cronache francescane fanno cenno a questo punto, abbastanza misteriosamente, a nuovi contrasti del C. con le autorità di Nazareth. A quanto pare fu il C. a lasciarsi coinvolgere nelle divergenze tra le autorità centrali turche e l'emiro locale. Fu imprigionato a Saphet con alcuni compagni del convento di Nazareth, ma poi le cose si appianarono ed egli fu liberato.
Dopo questa vicenda, rimasta imprecisabile nei dettagli, il C. decise il ritorno in Italia, il che fece nell'ottobre del 1634. Al rientro redasse una Informatione delle cose di Terra Santa e di Levante, utile alla storia delle missioni francescane, pubblicata nel primo volume degli Acta (pp. 363 ss.).
Restituitosi al suo convento di S. Severino, nel 1635 il C. fu candidato senza successo alla carica di custode provinciale; due anni dopo fu nominato visitatore generale nella custodia riformata di Toscana; il 27 maggio 1638 il capitolo custodiale napoletano lo elesse a varie cariche: discreto custodiale ed esaminatore; vicario e lettore di teologia nel convento di S. Maria del Monte di Montella, presso Avellino; fabbriciere della custodia, incaricato della costruzione dei conventi di Salerno, Pollica, S. Andrea di Conza, Serino, Bracigliano e S. Angelo dei Lombardi.
Nel 1640 il C. fu nuovamente inviato in Oriente. Non si conoscono i termini di questa nuova missione. A Damietta, il 23 apr. 1641, le autorità, dell'Ordine gli affidarono la carica di commissario generale "sopra tutti li frati presenti e futuri di Nazareth, Acri, Saida, Damasco, Monte Libano e Cipro, affinche più presto si soccorresse li bisogni de luoghi e frati, et il governo camminasse con maggior osservanza religiosa" (Francesco da Serino, p. 64). Il C. però non esercitò a lungo la carica: morì a Saida il 2 genn. 1642. Il 30 sett. 1641 la Congregazione de Propaganda Fide lo aveva nominato prefetto della missione d'Egitto, stabilendo la sua residenza al Cairo, col compito eminente di trattare l'unione della Chiesa copta con Roma. Il decreto arrivò a Gerusalemme soltanto il 22 febbr. 1642, quaranta giorni dopo la morte del Campanile.
Fonti e Bibl.: Acta S. Congregationis de Propag. Fide pro Terra Sancta, I, Ad Claras Aquas 1921, pp. 63 s., 363 ss.; P. Verniero, Croniche o annali di Terra Santa, II, Quaracchi 1930, pp. 141 ss., 224 e passim; IV, ibid. 1936, p. 14; Francesco da Serino, Croniche o annali di Terra Santa, Quaracchi 1939, pp. 64, 261; B. Pergamo, Ilp. D. C. da Sanseverino, in Studi francescani, XXXIX (1942), pp. 42-66.