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Didone

di Giorgio Padoan - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Didone (Dido)

Giorgio Padoan

Regina di Cartagine, che D. nelle opere in volgare cita sempre nella forma nominativale ‛ Dido '. Didone, detta anche Elissa (cfr. Giustino Epit. XVIII; secondo Servio [ad Aen. I 340], Didone sarebbe il soprannome attribuitole dai Cartaginesi dopo morte), fu figlia di Belo, re di Tiro, e sposa di Sicheo (secondo Virgilio; per altri, di Sicarba).

Il fratello di lei Pigmalione, succeduto a Belo nel trono, cupido d'impossessarsi delle ricchezze di Sicheo, lo uccise; ma Didone, caricati con uno stratagemma i tesori su una nave, fuggì con molti uomini in Africa; sbarcata nel golfo di Utica, ottenne da Iarba, re della Mauritania, di poter avere tanta terra quanta potesse contenerne una pelle di bue: allora fece tagliare la pelle in striscie sottilissime circondando un terreno su cui fece edificare Cartagine. Iarba, adirato per l'inganno ma preso dalla bellezza di Didone, la chiese in moglie. Ella, ancora ignara di tale richiesta, aveva sentenziato che il singolo cittadino doveva piegarsi dinanzi ai supremi interessi della patria, e non potendo smentire tale dichiarazione, né volendo acconsentire alle nozze per non venir meno alla fedeltà alla memoria di Sicheo, si uccise (cfr. Giustino Epit. XVIII 4-7). Virgilio, com'è noto, dà ben altra visione, narrando di Didone l'incontro con Enea e l'amore che ne nacque. Didone sperò che Enea rimanesse a Cartagine, sposandola; ma l'eroe, ammonito dagli dei a riprendere il suo fatale viaggio verso l'Italia, l'abbandonò, benché addoloratissimo; e Didone per la disperazione si trafisse con una spada dopo aver lanciato una maledizione preconizzante il mortale odio di Cartagine per Roma (Aen. IV 1 ss.). Enea ne incontrò poi nell'Averno l'ombra, che, piena di sdegno e di rancore, non gli rivolse parola (Aen. VI 450-476).

La prima versione, attestata in Servio, Giustino e Macrobio, e cara alla Patristica, in particolare a s. Agostino e a s. Girolamo, non è in alcun modo conciliabile con l'antitetica narrazione virgiliana: la quale perciò non mancò di suscitare perplessità, soprattutto in una cultura, quale la medievale, che attribuiva al racconto poetico valore di testimonianza storica; e si adducevano contro la possibilità stessa dell'incontro tra Didone ed Enea tavole cronologiche secondo le quali i due sarebbero vissuti in tempi tra loro lontani; mentre invece D. accoglie, con intera fede, il racconto virgiliano (cfr. anche Fiore CLXI 3-5). Benzo d'Alessandria e poi il Petrarca (e, sulla scia del maestro, il Boccaccio delle opere della maturità) esaltarono in Didone, contro Virgilio e quindi anche contro D., l'eroina della fedeltà vedovile: cfr. V. Branca, note a G. Boccaccio, Amorosa Visione, Firenze 1944, XXVIII 1-9; G. Billanovich, Restauri boccacceschi, Roma 1947, 137-138.

Mentre nella canzone Così nel mio parlar (Rime CIII) è chiamata in causa (v. 36) la spada con la quale Amore uccise Didone (sempre citata, virgilianamente, solo con questo nome; cfr., per contro, il Carmen di Giovanni Del Virgilio, v. 32 " regnum... Helyssae "), in Cv IV XXVI 8 la passione che avvinse i due personaggi dell'Eneide è interpretata secondo i moduli allegorico-morali propri di Fulgenzio e di Bernardo Silvestre, secondo cui le peregrinazioni di Enea rappresentano le vicissitudini dell'anima umana attraverso i vizi (Creta, Tracia, ecc.) fino al conseguimento della virtù (Lazio); e Cartagine raffigurerebbe il vizio della lussuria dal quale l'eroe si parte alfine per seguire onesta e laudabile via e fruttuosa. Si capisce pertanto che D. ponga colei che s'ancise amorosa, / e ruppe fede al cener di Sicheo (If V 61-62) nell'Inferno tra i lussuriosi, e in particolare nella schiera di coloro che tinsero il mondo di sanguigno (vv. 85 e 90), sviluppando alcune indicazioni virgiliane (cfr. Aen. VI 440-444; l'esegesi medievale riconosceva appunto nei " Campi lugentes " il cerchio dei lussuriosi, i quali " curae non ipsa in morte relinquunt "). Ancora nel Paradiso (IX 97-98) il poeta ribadisce il torto che fu recato alla memoria di Sicheo e di Creusa dalla passione che travolse la figlia di Belo (per cui le genti antiche dissero che Cupido sedette in grembo a Dido, Pd VIII 9; cfr. Aen. I 685-688, 717-719). Singolarmente diverso è il giudizio che traspare nella Monarchia, dove D. intende esaltare al massimo Enea e la sua missione provvidenziale di fondatore dell'Impero romano; e perciò Didone non è ricordata come esempio d'insana passione amorosa o come vizio che si oppose al conclusivo approdo dell'eroe nel Lazio, bensì come coniunx di Enea, alla stessa stregua di Creusa e di Lavinia, sforzando perciò il senso di Aen. IV 171-172, addotto a prova del connubio, considerato matrimonio, per dimostrare che Enea ebbe come mogli tre nobili donne, rispettivamente dell'Asia, dell'Africa e dell'Europa (Mn II III 14-16), secondo il disegno provvidenziale volto a sanzionare dinanzi agli uomini la missione imperiale affidata all'eroe troiano.

Vedi anche
Sicheo (lat. Sychaeus) Personaggio mitico della leggenda delle origini di Cartagine. Il nome fenicio era Sicharbas o Sicherbas. Fratello di Muttone re di Tiro, alla morte di questi ne sposò la figlia Elissa, ma fu ucciso dal cognato Pigmalione, avido delle sue ricchezze. Elissa fuggì e, giunta in Libia, vi ... Iarba (lat. Iarbas) Mitico re africano dei Getuli (o dei Mauri o dei Numidi), figlio di Giove Ammone e della ninfa Garamantide, concesse a Didone la terra su cui fondò Cartagine, quindi la chiese in sposa ma ne fu respinto; dopo l’arrivo di Enea, mosse guerra alla regina. Annibale Caro Letterato (Civitanova Marche 1507 - Roma 1566). Dapprima precettore a Firenze (1525-29), dove frequentò B. Varchi, fu poi (1529-43) segretario di monsignor Giovanni Gaddi a Roma, dove ebbe priorato, badia, benefici e prebende. Alla morte del Gaddi divenne primo segretario di Pier Luigi Farnese, e quando ... Gneo Nèvio (lat. Gnaeus Naevius). - Poeta latino (m. Utica verso il 201 a. C.) della Campania; combattente della prima guerra punica. Autore di palliatae (restano circa 30 titoli), satireggiò, nei modi della commedia attica antica, Quinto Cecilio Metello e Scipione Africano Maggiore, per cui subì il carcere, poi ...
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Altri risultati per Didone
  • Didone
    Enciclopedia on line
    (gr. Διδώ, lat. Dido -onis) Leggendaria regina fenicia (il nome fenicio era ῾Allīzāh, Elissa, "la gioconda"), figlia del re di Tiro, Muttone. Dopo che il ricchissimo suo zio e sposo Sicherba (Sicheo) fu per le sue ricchezze ucciso dal fratello di Didone, Pigmalione, ella fuggì in Africa, dove acquistò ...
  • DIDONE
    Enciclopedia Italiana (1931)
    Secondo la leggenda più antica, a noi giunta per mezzo dei Greci (Timeo, fr. 27; Giustino, XVIII, 4-6), Didone era figlia del re di Tiro Muttone (personaggio storico) e sposò lo zio, il ricchissimo sacerdote di Ercole (Melqart), Sicheo (Sicherba), che il fratello di D., il re Pigmalione (re storico), ...
Vocabolario
horresco referens
horresco referens 〈orrèsko rèferens〉 (lat. «inorridisco nel raccontare»). – Parole che Virgilio fa pronunciare a Enea (Aen. II, 204) quando narra a Didone l’orribile fine di Laocoonte e dei suoi figli; si ripetono talvolta, in tono per...
fata obstant
fata obstant (lat. «il fato s’oppone»). – Parole tratte dall’Eneide di Virgilio (IV, 440, dove si afferma che è il fato a non volere che Enea presti orecchio alle preghiere di Didone), e talora citate per significare che un’azione è impedita...
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