DIDIMO (Διδυμος, Didy̆mus)
Famoso grammatico alessandrino, vissuto nel sec. I a. C., che per l'enorme quantità della sua produzione (si dice raggiungesse 3500 volumi) fu soprannominato "dalle viscere di bronzo" (χαλκέντερος) e "dimentico dei suoi stessi libri" (βυβλιολάϑας). La sua opera di commentatore di pressoché tutti i grandi poeti greci e di alcuni oratori ha una posizione centrale nella storia della filologia antica non perché egli vi apportasse novità di metodi e di vedute, ma al contrario perché nelle sue opere afluiscono e si coordinano i risultati della filologia alessandrina. D. fu insomma un compilatore, ma padrone del suo metodo e quindi capace di estenderlo agli scrittori meno vagliati dalla critica alessandrina, come gli oratori: intorno ai quali appunto - specie intorno a Demostene - egli compose le sue opere più originali. Questa posizione di D. spiega perché egli sia stato il mediatore fra i grammatici alessandrini e i tardi scoliasti, che risalgono in gran parte a lui. L'esegesi di D. mirava a illustrare ogni aspetto di uno scrittore, nella forma e nel contenuto: critica del testo, interpretazione letterale, analisi retorica, spiegazione delle allusioni mitiche o storiche in lui si avvicendano secondo la natura dell'opera su cui egli lavora.
Fino a qualche decennio fa si conosceva soltanto o prevalentemente un D. critico formale, studiabile soprattutto negli scolî veneto-marciani di Omero e in altri analoghi. D. infatti scrisse non solo commentarî ai singoli libri dei poemi omerici (‛Υπομνήματα), ma un'opera complessiva e fondamentale sulla recensione che Aristarco aveva dato dei poemi medesimi (Περὶ τῆς 'Αρισταρχείου διορϑώσεως), dove poneva a paragone le due edizioni di Aristarco, assai discrepanti fra loro, e ne raccoglieva inoltre le opinioni espresse in pubblicazioni minori, per cercare di ricostruire le dottrine genuine del maestro in confronto alle ulteriori elaborazioni dei discepoli. Tale opera ci è giunta frammentariamente negli scolî a cui accennavamo e dà insieme la migliore idea della critica di Aristarco e dell'opera paziente, ma non originale, del suo prosecutore. Data questa natura delle opere già note di D., è stata quindi una sorpresa la pubblicazione nel 1904 di un papiro, contenente il commento ad alcune delle orazioni di Demostene (IX, X, XI, XIII), che è invece dedicato quasi tutto all'illustrazione del contenuto delle orazioni, per il che egli si vale con abbondanza di storici e specialmente di attidografi. E stato certo sospettato già dai primi editori che il papiro non ci conservi il commento intero, ma solo un riassunto con particolare riguardo alle notizie storiche; ma è evidente che questa ipotesi si fonda solo sull'immagine diversa che si aveva di Iì. prima della scoperta di questo commento. Il quale con la sua minuta informazione è valso a schiarim un grande numero di punti oscuri nelle vicende del sec. IV. All'opera di commentatore D. affiancò quella di teorico della grammatica con studî, tutti perduti, sulla dizione comica e tragica, sull'ortografia, sull'analogia presso i Romani, ecc. Altre opere riguardavano la teoria e la storia di alcuni generi letterarî, come quella sui proverbî e l'altra sui poeti lirici, che è una fonte della Crestomazia di Proclo e dei libri XIV e XV di Ateneo, e caratterizzava i varî sotto-generi (inno, elegia, ditirambo, ecc.) e i loro rappresentanti principali. In una Miscellanea conviviale (Σύμμικτα συμποσιακά) egli riprese il noto genere dei discorsi conviviali, che conosciamo soprattutto per Ateneo. Sappiamo pure di suoi studî sui dialetti greci, sulle leggi di Solone, sull'interpretazione di alcuni miti. Sembra appartenere a un altro Didimo (Claudio) lo scritto contro la politica di Cicerone confutato da Svetonio.
Bibl.: I frammenti sono stati raccolti da M. Schmidt, Lipsia 1854. Il papiro berlinese del commento a Demostene fu pubblicato da H. Diels e W. Schubart, in Berliner Klassikertexte, I, Berlino 1904 e poi in edizione minore dal Diels, Lipsia 1904. Cfr. per il testo anche W. Crönert, in Rhein. Museum. LXII (1907), p. 380 segg. Vedi anche Christ-Schmid, Geschichte der griech. Litteratur, II, i, 6ª ed., Monaco 1920, p. 432 segg.; L. Cohn, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 445 segg.; K. Lehrs, De Aristarchi studiis homericis, 3ª ed., Lipsia 1882, p. 16 segg.; A. Ludwich, Aristarchs homerische Textkritik nach den Fragmenten des Didymos, I-II, Lipsia 1884; P. Foucart, Étude sur Didyme, in Mémoires de l'Institut national de France, XXXIX (1909), p. 301 segg.; A. Römer, Didymus als Erklärer des Aristophanes, in Philologus, LXVII (1908), p. 366 segg.; W. Florian, Studia Didymea historica ad saeculum IV pertinentia, Lipsia 1908; P. Wendland, Anaximenes von Lampsakos, Berino 1905, p. 1 segg.; A. Körte, Zu D. Demosthenes-Kommentar, in Rhein. Museum, LX (1905), p. 388 segg.; E. Macher, Die Hermias-episode im Demosthenes-Kommentar des D., Lundenburg 1914.