DIDIMO di Alessandria
Scrittore ecclesiastico del sec. IV, detto il cieco, che, nonostante la sua cecità e la sua qualità di laico, diresse da circa il 313 al 398 la celebre scuola catechetica della sua città natale, nella quale ebbe discepoli Rufino e S. Girolamo. La sua vasta produzione letteraria, per essere stato egli in molte dottrine seguace di Origene (in difesa del quale scrisse ‛Υπομνήματα εἰς τὰ περὶ ἀρχῶν 'Ωριγένους) non trovò favore tra i posteri, onde è andata in gran parte perduta.
Da quello che ci rimane, il suo stile appare alquanto incolto e prolisso, e il suo pensiero in gran parte dipendente da quello di Origene e di Atanasio. La sua opera esegetica comprese, secondo la testimonianza di S. Girolamo, quasi tutti i libri dell'Antico e del Nuovo Testamento; ce ne rimangono brani nelle Catene (v.), dai quali si vede come egli fosse seguace esclusivo del metodo allegorico. Tra le sue opere teologiche, la migliore è quella sulla Trinità (Περὶ Τριάδος) contro ariani e semiariani, preceduta da un'altro scritto sullo Spirito Santo, tradotto in latino per invito di papa Damaso da S. Girolamo.
L'opera sulla Trinità fu ritrovata e pubblicata a Bologna dal canonico regolare G. L. Mingarelli nel 1769; un'edizione generale ma incompleta degli scritti superstiti di D. è in Migne, Patrol. Gr., XXXIX.
Bibl.: F. Mingarelli, Veterum testimonia de Didymo Alexandrino coeco, Roma 1764; J. Leipoldt, Didymus der Blinde von Alexandria, Lipsia 1905; G. Bardy, Didyme l'Aveugle, Parigi 1910; O. Bardenhewer, Geschichte der altkirchlichen Litteratur, III, Friburgo in B. 1912; W. von Christ, Geschichte der griechischen Litteratur, II, ii, 6ª ed., Monaco 1924, p. 1382 seg.