DIBRA (nome ufficiale serbo Debar, albanese Dibër; A. T., 77-78)
Città della Iugoslavia, capoluogo di circondario nel banato del Vardar, in un saliente del confine con l'Albania. È situata a 41°30′ lat. N., 20°32′ long. E., alt. 649 m. s. m., sul margine di una vasta conca, percorsa dal Drin Nero, che vi riceve il Radika e altri affluenti, e dominata a nord dalle propaggini del Deshat a sud dell'imponente massiccio dello Jablanica (2257 m.).
La popolazione agglomerata contava, nel 1927,7298 abitanti, dei quali tre quarti Albanesi musulmani e un quarto Macedoni ortodossi. Occupazioni prevalenti, quelle connesse con l'economia forestale e pastorizia della zona: i Dibrioti sono rinomati per i lavori in legno (dei quali notevoli esemplari si trovano nella chiesa di S. Spas in Skoplje), in metallo battuto, in filigrana d'argento e d'oro; sono ricercati come muratori, attivi nella concia e confezione di cuoi e pelli. Poco lontano da Dibra è una sorgente d'acque sulfuree, molto frequentata nell'estate dagli abitanti dei dintorni. Nella città esistono numerose moschee e una chiesa ortodossa. Essa fu anche nel passato considerata un centro di notevole importanza strategica e ne sono testimonio le pittoresche mura. La città con i suoi dintorni forma un cantone caratteristicamente isolato. La più vicina comunicazione ferroviaria, la linea Skoplje-Kičevo-Ochrida, è raggiunta (alla stazione di Klenovac) da una difficile mulattiera di montagna; le comunicazioni con il Lago di Ochrida sono pure disagevoli, perché la valle del Drin, nel tratto fra Dibra e Struga, è incassata in una gola angusta e selvaggia; più frequentate sono le strade che conducono nell'Albania, soprattutto l'antica mulattiera della valle del Mati che finisce al mare ad Alessio.
Risiedono in Dibra un sottoprefetto, un comando di brigata di fanteria e un vescovo ortodosso.