DIAGNOSI (dal gr. διάγνωσις)
In medicina, in senso generale, significa il giudizio che precisa u̇na condizione morbosa in esame definendola sinteticamente nelle sue caratteristiche essenziali e identificandola con i quadri morbosi tipici nei quali la patologia riassume e descrive le diverse malattie. Presuppone pertanto: la raccolta ordinata e completa di tutti i dati anamnestici che si riferiscono alla malattia ìn esame; il rilievo e l'interpretazione esatti di tutti i sintomi clinici con i quali essa si manifesta; l'uso opportuno di tutti i mezzi ausiliari d'indagine scientifica (ricerche microscopiche, chimiche, batteriologiche, sierologiche, ecc.) e il giusto apprezzamento dei risultati ottenuti dalle varie ricerche; la coordinazione razionale dei singoli fenomeni nella giusta interpretazione del loro nesso patogenetico, studiati nell'evoluzione del loro decorso, e nelle caratteristiche individuali inerenti all'organismo sul quale si svolgono; la cognizione precisa, non solo dei diversi quadri nosografici schematizzati dalla patologia, ma anche delle numerosissime varianti individuali delle quali l'esperienza clinica arricchisce ogni giorno di più la casistica. La diagnosi esatta e completa definisce con la maggiore precisione il singolo stato morboso. Quando esso è anatomopatologicamente localizzabile, indicherà non solo la malattia (p. es. emiplegia destra) ma anche la sede e la natura anatomopatologica della lesione (da rammollimento cerebrale della capsula interna sinistra), la genesi della lesione e la sua natura eziologica (per arterite sifilitica) oltre alle caratteristiche individuali più significanti (in soggetto adulto polisarcico). Altrimenti preciserà quanto meglio è possibile la particolare condizione fisiopatologica (p. es. glicosuria alimentare).
In casi semplici la diagnosi può essere diretta, essendo i sintomi di rilievo e d'apprezzamento immediati (p. es. eczema umido). La diagnosi differenziale discrimina, fra le malattie che hanno un complesso sintomatico parzialmente comune, i segni specialmente propri della malattia da identificare. Nella diagnosi per esclusione si passano in rassegna tutti i tipi patologici che potrebbero essere chiamati in causa in una condizione morbosa complessa e non accessibile a mezzi d'indagine più diretti, e con sana critica s'eliminano successivamente gli altri tipi morbosi in confronto dell'ultimo che ha più probabilità (diagnosi di probabilità) di corrispondere realmente alla malattia in esame. Molte volte la diagnosi non è possibile, o si può fare solo in via d'approssimazione. Può essere agevole riconoscere un complesso sintomatico, per esempio una sindrome peritonitica, ritenere che la sua origine dipenda dalla perforazione d'un viscere cavo, ma difficilissimo decidere, in alcuni casi, prima dell'atto operativo, se l'ulcerazione perforò p. es. lo stomaco o il duodeno. A volte solo l'ulteriore decorso può rendere assai facile una diagnosi che non poteva essere formulata con sicurezza nei primi giorni: ciò avviene molto spesso per le infezioni acute febbrili, p. es. l'ileotifo. Si comprende come nei casi complessi la diagnosi sia la pietra di paragone della sagacia del clinico e in tutti i casi la base delle considerazioni prognostiche e dell'indirizzo terapeutico. Ciò spiega lo studio continuo dei clinici d'utilizzare a scopo diagnostico tutti i mezzi che possono esservi adoperati, derivandoli da campi diversissimi d'indagine scientifica, quali, per esempio, la diagnosi chimica, radiologica, batteriologica, sierologica, oftalmoscopica, l'elettrodiagnosi, la cromodiagnosi, l'endoscopia, l'elettrocardiografia, ecc.
Nella sistematica zoologica e botanica, la diagnosi d'una specie, o d'un gruppo, è una breve esposizione dei caratteri essenziali e distintivi. Secondo le regole internazionali della nomenclatura, chi descrive una nuova specie, deve darne una diagnosi in latino, in forma il più possibile riassuntiva, descrivendone i caratteri più importanti e che servono a distinguerla dalle forme affini.