diagnosi
Procedura consistente nell’interpretazione di segni e sintomi raccolti quali manifestazioni di un processo patologico in atto o pregresso. Esistono una d. clinica e una d. strumentale. L’iter di un corretto approccio diagnostico prevede un’anamnesi e l’esame obiettivo, con l’adozione di una valutazione laboratoristica e strumentale. L’anamnesi include informazioni su patologia familiare, sui comuni atti della vita fisiologica (anamnesi fisiologica), malattie presenti nel corso del tempo (anamnesi patologica remota) e quadro clinico recentemente insorto, di solito motivo della necessità degli accertamenti (anamnesi patologica prossima). D. prenatale: quella effettuata mediante esame del liquido amniotico ottenuto con amniocentesi. Si possono condurre ricerche sulle cellule e sul contenuto enzimatico del liquido. Con le ricerche sulle cellule (in partic. sul loro corredo cromosomico), sono possibili la d. prenatale di sesso e la d. prenatale di aberrazione cromosomica (in caso di malattie genetiche, come, per es., la sindrome di Down). Con quelle sul liquido amniotico si può formulare precocemente la d. prenatale di malattie ereditarie del metabolismo. D. radioisotopica: si ottiene utilizzando gli isotopi radioattivi. D. ultrasonica: si ottiene utilizzando gli ultrasuoni (per es., l’ecocardiografia).
Mentre in alcuni casi assai semplici la d. può essere diretta, ossia formulabile, essenzialmente, sulla base della semplice ispezione (come è il caso, per es., di alcune malattie cutanee), molto spesso, invece, essa è il risultato di una complessa analisi di vari ordini di elementi che vengono ricercati, elaborati e concatenati in vari momenti: l’ordinata e completa raccolta dell’anamnesi, il rilievo dei sintomi attraverso l’esame obiettivo, la ponderata valutazione e interpretazione di essi, l’orientativo incasellamento nosografico del caso in esame, la critica discriminazione di quest’ultimo dagli altri quadri morbosi che possono in qualche modo simularlo o rispecchiarlo (d. differenziale). Tutto ciò presuppone la conoscenza della patologia generale e speciale, della semeiotica e della clinica, oltreché dell’anatomia e della fisiologia.
Assai spesso, per giungere a conclusioni diagnostiche, è indispensabile ricorrere a vari mezzi d’indagine: microscopici, chimici, microbiologici, immunologici e radioimmunologici, elettrodiagnostici, radiologici, scintigrafici, ecografici, ecc. Tali ricerche servono anche a convalidare la d. clinica, o a corredarla di precisazioni circa l’eziologia e la precisa sede delle alterazioni anatomiche. Talora, però, solo l’ulteriore decorso della malattia può rendere possibile la d., quando il quadro morboso assuma più definita fisionomia e gli esami espletati, prima negativi, permettano precisi orientamenti. In taluni casi la d. può essere formulata solo a guarigione avvenuta, come può accadere in alcune malattie infettive con fisionomia clinica poco caratteristica e di breve durata, in cui alcuni riscontri immunitari possono talora divenire positivi solo quando la malattia è ormai superata (ornitosi, febbre Q, ecc.). Eccezionalmente, a seguito di malattie a evoluzione letale rimaste indiagnosticate in vita, solo l’esame autoptico può consentire di formulare la diagnosi. Innumerevoli difficoltà possono favorire falsi orientamenti diagnostici, come interferenze di sintomi legati a malattie pregresse o a turbe funzionali in atto, ma indipendenti dalla malattia in esame, l’atipicità della forma clinica o la scarsità di sintomi, ecc. La precisa formulazione della d. permette di enunciare la prognosi e applicare razionalmente la terapia.