DEXTRARUM IUNCTIO
La rappresentazione dei due coniugi nell'atto di stringersi la mano destra (dextrarum iunctio inter coniuges) è un tema costante dell'iconografia romana pagana e cristiana, a partire dagli ultimi decennî dell'età repubblicana sino all'anno 600 circa.
Durante questo periodo di quasi sette secoli, la struttura della scena è rimasta immutata. Il marito, in toga, tiene nella mano sinistra un rotolo, considerato come l'atto ufficiale nel matrimonio (tabulae nuptiales, libellus). Spesso la donna trattiene con gesto grandioso il lembo del mantello che le copre la testa, allontanandolo dal viso (gesto che già si trova in una metopa di Selinunte della prima metà del sec. V a. C. con Zeus e Hera); altre volte pone, con fare affettuoso, il braccio sinistro sulle spalle del marito. Per suggerire il carattere sacro del matrimonio, gli sposi talvolta tendono la mano destra sopra un altare, sul quale brucia il fuoco. La stretta di mano costituisce, insieme con il sacrificio, il culmine del rito nuziale. Tuttavia la scena della d. i. non intende rappresentare la cerimonia nuziale stessa (eccetto quando è unita ad altre scene nuziali) ma piuttosto vuol rappresentare i coniugi quali sposi fedeli.
Il porgersi la mano tra i membri della famiglia in genere, e tra gli sposi in particolare, è uno dei temi più frequenti trattati sulle lèkythoi e sulle stele funerarie greche e sulle urne cinerarie etrusche. Però la presenza in esse di divinità e di dèmoni d'Oltretomba, dimostra che la stretta di mano sta qui a significare l'ultimo addio nel momento della morte. Non è sempre facile decidere se la rappresentazione della Coniunctio manuum su alcuni monumenti funebri romani sia da considerare un simbolo dell'unione coniugale oppure un gesto di addio; solo il complesso iconografico può suggerire l'una o l'altra interpretazione.
Una rappresentazione che precorre la d. i. nella forma propria all'iconografia romana, appare sopra un sarcofago etrusco da Bomarzo, ora a Boston: gli sposi occupano il centro del fregio e sono circondati dai servi che formano il corteo nuziale. Nel repertorio romano la scena della d. i. ridotta ai due soli componenti principali, compare su alcuni rilievi funebri degli ultimi decennî della Repubblica. Lo stesso motivo nella sua più semplice espressione si ritrova anche in numerose sculture sparse per Roma, per l'Italia, per le province occidentali e risalenti a tutte le epoche dell'Impero.
Da Augusto ad Adriano le rappresentazioni più interessanti della d. i. si vedono su alcune are funerarie e su urne cinerarie; in esse gli sposi si stringono la mano destra al di sopra di un altare, davanti alla porta dell'Ade o del sepolcro. Unendo i due motivi, è probabile si sia voluto significare che il vincolo coniugale si prolunga nell'Aldilà. A partire dal secondo secolo il tema della d. i. compare sui sarcofagi a fregio. La scena è generalmente molto elaborata: accanto al marito si trova un personaggio virile, di incerta interpretazione, mancando di attributi specifici (potrebbe essere tanto un testimone quanto il paraninfo). Accanto alla sposa si vede una donna che la spinge dolcemente verso lo sposo; si tratta forse di una compagna, o, con minor probabilità, della pronuba. Quando questa figura è ornata di un diadema, ricorda la Suada (Peitho). Tra gli sposi si trovano due figure, davanti ad essi un fanciullo con o senza ali, con una fiaccola accesa tra le mani; è il piccolo Imeneo. Dietro, una figura femminile unisce i coniugi, posando loro le braccia sulle spalle: secondo l'interpretazione tradizionale si tratterebbe di Giunone Pronuba. Però la stessa figura, nel medesimo atteggiamento, compare in un certo numero di monete di una serie che, senza interruzione, da Adriano ad Aureliano, riproduce la d. i. della coppia imperiale. La dicitura di queste monete indica come Concordia questa intermediaria. Sembra quindi logico identificare nello stesso modo detta figura, anche quando compare sui sarcofagi nello stesso genere di scene e nello stesso atteggiamento. D'altra parte un decreto dei decurioni di Ostia (C. I. L., xiv, Supplem. Ostiense, n. 5326) e un passo di Dione Cassio (lxxi, 31, 1) c'informano che dall'epoca degli Antonini in poi, i giovani sposi erano tenuti a venerare la Concordia della coppia imperiale. Alcune monete rappresentano questo atto sacrificale. Si comprende quindi come la comparsa della Concordia nella scena della d. i. debba essere inserita nel quadro del culto imperiale. Si può ritenere quindi che il prototipo di detta raffigurazione sia stato lanciato dagli iconografi della corte imperiale.
Sui sarcofagi a fregio della seconda metà del II e della prima metà del III sec., la d. i. con Concordia e Imeneo, figure intermediarie, si combina o con altre scene della cerimonia nuziale (specie con il sacrificio), o con la rappresentazione di sacrifici pubblici, di battaglie o di atti di clemenza, probabilmente nell'intento di simboleggiare le virtù cardinali romane (concordia, pietas, virtus, clementia; v. I. Scott Ryberg, Rites of the State Religion in Roman Art, p. 163-67). La scena nuziale è posta quasi sempre nell'angolo destro del fregio; fatto che si rileva anche quando il gruppo statico e compatto della d. i. penetra nella composizione mossa e svolta ampiamente dei sarcofagi a rappresentazioni mitologiche. Più tardi, specialmente nella seconda metà del III sec., vengono raffigurate scene di vita intellettuale e allegorie accanto alla d. iunctio. La raffigurazione della d. i., generalmente con Concordia e Imeneo, occupa il pannello centrale del sarcofago a colonnato o a strigilature con cinque comparti, due tipi di monumenti funerarî venuti di moda in quel periodo nelle botteghe artigiane occidentali. I pannelli intermedî ed esterni di questi sarcofagi presentano i motivi consueti alla scultura funeraria dell'epoca: le Stagioni, i Dioscuri, i Genî della morte, le scene dette di vita intellettuale, poi, in particolare le figure isolate dei due coniugi; alcuni dei loro attributi ricordano talvolta che queste figure provengono dallo smembramento di scene rappresentanti sacrifici nuziali e pubblici dei sarcofagi a fregio.
La d. i., con la personificazione della Concordia che unisce gli sposi, si ritrova anche in alcuni sarcofagi cristiani del periodo della Tetrarchia e di Costantino (285-335 d. C.). Compare nel pannello centrale dei sarcofagi a strigilatura a cinque scomparti, che continua questo tipo di sarcofago pagano del III sec.; è stato loro conferito un carattere cristiano sostituendo, nei pannelli angolari, ai motivi mitologici e profani simboli cristiani come il Buon Pastore o scene bibliche. In un frammento di sarcofago conservato a Villa Doria Pamphili, invece, la scena profana della d. i. con la Concordia è posta nel centro di una composizione peculiare della scultura paleocristiana ai primi decenni del IV sec.: un rilievo biblico a doppio fregio. Su un rilievo funerario del museo di Velletri (300-320) lo schema tradizionale della d. i., senza figure intermedie è stato usato per rappresentare, tra altre scene bibliche, Adamo ed Eva (v.) sposi, accanto al serpente e all'albero fatale. Rappresentazione, questa, rimasta unica nell'iconografia paleocristiana.
Nella scultura funeraria dell'età che va da Teodosio a Onorio, la d. i. compare in due varianti: una raffigura la scena senza personaggi intermediarî; così nel pannello centrale di una composizione a strigilature che copre la faccia posteriore dei sarcofagi di Gorgonio. La Concordia manca anche nella d. i. figurata sotto un'arcata di porta cittadina sul fianco di un sarcofago in Mantova, rimaneggiato durante il Medioevo. L'altra variante, al centro di due sarcofagi a strigilature, è caratterizzata dalla figura di Cristo o dalla mano di Dio, che corona gli sposi. Il motivo dell'incoronazione fa parte del repertorio iconografico trionfale dell'età postcostantiniana. Vanno pure menzionati due vetri dorati (riprodotti dal Garrucci) probabilmente dell'ultimo terzo del IV sec.; su uno di essi si vede una corona tra i due sposi che si stringono la destra, sull'altro, nello stesso posto, il monogramma di Cristo.
Il tema della d. i. nella fase ulteriore del suo sviluppo nei secoli V e VI va seguito specialmente studiando le arti minori.
In quei secoli la d. i. non viene più riprodotta nei rilievi funerarî ravennati e aquitani. Notevole il fatto che il tema, tipico del repertorio romano e occidentale, compare ormai anche nella zona greco-orientale; vi domina ancora lo schema tradizionale e ricompare, ora rappresentata dal Cristo, ora dal padre della fidanzata, la figura intermedia, che unisce gli sposi. Il tipico gesto delle mani poste sulle spalle degli sposi rivela come i nuovi personaggi sostituiscono la Concordia di prima. Troviamo Cristo come figura intermedia nella d. i. in una moneta di Marciano, coniata a Costantinopoli, su due collane d'oro provenienti dalla Siria e, su qualche anello nuziale, il cui motto greco (ὀ μόνοια) rivela l'origine orientale. È il padre ad unire la figlia con il marito nella d. i. rappresentata su due mosaici di S. Maria Maggiore, in Roma, su una tavoletta quadrata in bronzo, trovata a Rocca di Papa, su una moneta di Teodosio, coniata a Costantinopoli e su un piatto d'argento dell'isola di Cipro.
Monumenti considerati. - Sarcofago etrusco di Boston: R. Herbig, Die jungetruskischen Steinsarkophage, pp. 13-14, fig. 40 b (la datazione qui proposta al IV sec. a. C. appare troppo alta). Rilievi funerarî romani: O. Vessberg, Studien zur Kunstgeschichte der römischen Republik, p. 270, tav. 38, n. 2; p. 271, tav. 41, n. 1; tav. 272, 43, n. 1 e 2; W. Altmann, Die römischen Grabaltäre der Kaiserzeit, p. 155, n. 185 a, n. 224; Königliche Museen zu Berlin. Beschreibung d. antiken Skulpturen, n. 1125 con fig.; A. Michaelis, Ancient Marbles in Great Britain, p. 219, n. 8; C. I. L., vi, n. 11942; O. Rossbach, Ehedenkmäler, pp. 179-180. Per la rappresentazione della Concordia: G. Rodenwaldt, in Abh. Preuss. Akademie, 1935 (3), pp. 13-17; Cat. Brit. Mus., tav. iv, n. 1236-1240, n. 1416, n. 1421. Rappresentazione della d. i. nella seconda metà del III sec.: A. Baumeister, Denkmäler des klass. Altertums, 1, p. 696, fig. 754; R. Paribeni, in Boll. d'Arte, iii, 1909, pp. 295-300, fig. 3. Sarcofagi a scene mitologiche: M. Gütschow, Prätextat-Catacombe, p. 16-28, tav. i, 1; G. Rodenwaldt, in Röm. Mitt., xxxviii-xxxix, 1923-24, pp. 10-28. Sarcofagi cristiani: J. Wilpert, Sarcofagi, tav. 70, 2 e 3; tav. 156. Sarcofago Pamphili: id., ibid., tav. 86, 1; tav. 4, 3. Sarcofagi di Gorgonio e di Probo: J. Wilpert, Sarcofagi, tav. 14, 4, tav. 35, 4. Sarcofago di Mantova: id., ibid., tav. 74, 5. Vetri dorati: R. Garrucci, Storia, iii, tav. 195, 11 e 12. Monete e monili: H. Goodacke, Handbook of the Coinage of the Byzantine Empire, i, p. 37, n. 2; B. Segall, in Am. Journ. Arch., xlv, 1941, pp. 12-13; E. Coche de la Ferté, L'antiquité chrétienne au Musée du Louvre, pp. 106-107; O. H. Dalton, Catalogue of Early Christian Antiquities... of the British Museum, p. 22, n. 130. Mosaici di S. Maria Maggiore, Roma: J. Wilpert, Mosaiken u. Malereien, i, tav. 440, 1 e 449; iii, tavv. 12 e 17. Tavoletta di Rocca di Papa: R. Paribeni, in Boll. d'Arte, iii, 1909, pp. 299-300, fig. 7. Moneta di Teodosio II: H. Goodacke, op. cit., i, p. 31, n. 5, con figura. Piatto in argento di Cipro: O. Dalton, in Archaeologia, lx, 1906, pp. 1-24, tav. 2.
Bibl.: O. Rossbach, Römische Hochzeits- und Ehedenkmäler, Lipsia 1871; O. Pelka, Altchristliche Ehedenkmäler, Strasburgo 1901; H. Leclercq, Mariage, in Dict. Arch. Chrét., X, 1932, cc. 1873-1981; G. Bovini, Le scene della "dextrarum iunctio" nell'arte cristiana, in Bull. Com., LXXII, 1946-8, pp. 103-11; M. Borda, Lares. La vita familiare romana nei documenti archeologici e letterari, Roma 1947; B. Kötting, Dextrarum iunctio, in Reallex. Antike und Christ., III, 1957, cc. 881-888.