DESUBLEO (Desoubleay, Desublei, de Subleo, Sobleo, Sobleau), Michele (Michel), detto Michele Fiammingo
Figlio di Giovanni, nacque probabilmente a Maubeuge (oggi Francia, dipartimento Nord) nel 1601 circa (Sobotka, 1913; Peruzzi, in L'arte degli Estensi..., 1986, p. 193; Id., Per M. D., 1986, p. 85, indica invece l'anno 1602). Dopo un verosimile alunnato in patria presso Abraham Janssens, non è escluso che seguisse a Roma il fratellastro Nicolas Régnier (Nicolò Renieri, che vi era giunto nel 1615 circa, per partirne nel 1625 alla volta di Venezia), e che quindi avesse la possibilità di frequentarvi i caravaggeschi nordici e l'ambiente manfrediano.
Il primo dipinto documentato, una smarrita Susanna e i vecchioni (di cui rimane un'incisione al tratto eseguita nel 1812 da C. P. Landon, Catal. de la collection Giustiniani, Paris 1812, pp. 41 s., n. 17), è citato nel 1638 nella collezione del cardinale Vincenzo Giustiniani, protettore dei caravaggeschi e del Renieri (cfr. L. Salerno, The picture gallery of V. Giustiniani, in The Burlington Magazine, CII [1960], p. 97). Trasferitosi a Bologna, probabilmente qualche anno prima del 1636 (Peruzzi, Per M. D., 1986, p. 86), il D. frequentò la scuola di Guido Reni (Malvasia, 1678, II, p. 43) e dipinse per la chiesa di S. Urbano a Castelfranco Emilia la pala d'altare raffigurante il santo titolare, mentre fra il 1630 e il 1640 dovrebbero collocarsi Venere e Adone (ad Apsley House, Londra, attribuito a Carlo Cignani; cfr. C. M. Kauffmann, Paintings at Apsley House, London 1965, n. 7; riconosciuto al D. dalla Peruzzi, in L'arte degli Estensi..., 1986, p. 193, e Per M. D., 1986, p. 87), Davide con la testa di Golia (Bologna, S. Maria di Galliera, sagrestia), il Sogno di Giacobbe (cfr. Trafalgar Galleries at the Royal Academy, IV, London 1985, p. 40, n. 14, tav. a colori sulla p. 41), Giunone (ubicazione sconosciuta; cfr. Peruzzi, Per M. D., 1986, p. 89, tav. 60 a) e la Sacra famiglia e angeli (Borgo Panigale [Bologna], chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta), la cui datazione è resa possibile da una lapide nella cappella (ibid., p. 91 n. 11).
Al 1641 risale il pagamento emesso a favore del pittore da parte di Lorenzo de' Medici per il quadro raffigurante Erminia cura Tancredi ferito, tuttora conservato agli Uffizi e originariamente destinato alla villa della Petraia (cfr. Borea, 1975).
Dall'opera, nel 1795, fu tratta un'incisione per l'Etruria pittrice di L. Lastri, dove tuttavia il dipinto del D. reca un riferimento a Ottavio Vannini (Borea, La quadreria..., 1977, p. 41).
Anteriormente alla metà del secolo dovrebbe situarsi la Visione di s. Agostino (già collocata nella distrutta chiesa bolognese di Gesù e Maria), confluita nella Pinacoteca naz. di Bologna tra il 1795 e il 1798, in seguito alle soppressioni napoleoniche, e attualmente depositata in S. Giacomo; sovrastava il dipinto una tela raffigurante la Beata Vergine, temporaneamente destinata dalla stessa Pinacoteca (che conserva anche il S. Giovanni Battista predicante nel deserto) al palazzo arcivescovile.
A Bologna, dove è ancora da segnalare la Sacra famiglia eseguita per la chiesa dei Ss. Dionigi e Donnino (consacrata nel 1656), il Malvasia (1678) ricorda inoltre in più occasioni gli anni di insegnamento che il D. svolse presso l'accademia del disegno fondata dal conte Ettore Ghislieri nel proprio palazzo cittadino, dove l'artista ebbe come colleghi F. Albani, il Guercino, A. Tiarini e G. A. Sirani.
Il percorso verso l'acquisizione di forme lucide e tornite, accordate con sottile retorica espressiva, parrebbe raggiungere il proprio traguardo nel corso del sesto decennio, allorché dovrebbero collocarsi, a partire dall'Allegoriadella musica (Milano, coll. privata; cfr. Peruzzi, in L'arte per gli Estensi..., 1986, p. 193, n. e fig. 109; Id., Per M. D., 1986, p. 89, tav. 60 b), forse ancora prima del 1650, la Diana (attribuita dubitativamente al D. dal Fantelli, 1986) dello Statens Museum for kunst di Copenaghen, l'Allegoriadella Vanitas (Roma, coll. privata), riconosciuta al D. da E. Safárik (com. or.), la Madonna della rosa (Modena, Banca popolare dell'Emilia; cfr. Peruzzi, in L'arte..., 1986, p. 194, n. e fig. 110; Id., 1987, tav. XXV), e due dipinti raffiguranti Angelica e Medoro (cfr. Markova, 1986).
Forse subito dopo aver eseguito la pala raffigurante Ilsogno di s. Giuseppe per la chiesa del Paradisino in Modena, il D. lasciò l'Emilia per Venezia. Da qui, nell'agosto 1654, inviò alla chiesa di S. Francesco di Sassuolo il S. Francesco in estasi (Pirondini, 1969, pp. 68, 70; Id., 1982, p. 63; Peruzzi, in L'arte..., 1986, pp. 196 s., n. e fig. 112). A Venezia, dove rimase fino al 1664, il D. risulta percepire, nel 1655, una rendita da parte dell'ospedale degli Incurabili (Scarabelli Zunti, c. 94r; Sobotka, 1913, p. 157). Nella chiesa di S. Maria degli Scalzi della città lagunare lasciò una grande pala d'altare raffigurante la Madonna con il Bambino e santi, mentre, nella chiesa di S. Croce in Giudecca, il Cristo nell'orto di Getsemani che, citato nelle Minere del Boschini (1664), è da identificare probabilmente con il dipinto dello stesso soggetto attualmente collocato nella terza cappella a destra della chiesa di S. Zaccaria. Nella stessa città erano ubicati anche altri due quadri di cui si ignora il soggetto: uno in casa Dolfin (Martinioni, 1663; Savini Branca, 1965, p. 213) e l'altro in quella Donà (Boschini, 1660; Savini Branca, 1965, p. 215). Al soggiorno veneziano viene inoltre fatta risalire (Peruzzi, Per M.D., 1986, pp. 90 s., n.21) la tela, già ritenuta di Guido Reni (A. De Rinaldis, Pinacoteca e Museo nazionale di Napoli, Napoli 1911, pp. 326 s., n. 261), raffigurante Ulisse davanti a Nausicaa (in dep. a Roma, palazzo di Montecitorio, dalle Gallerie di Capodimonte).
Nel 1664 il D. dimorò per un breve periodo a Milano e nel 1665 pare fosse a Parma, dove è documentato il 14 febbr. 1666 e a partire dal 13 febbr. 1668 (Scarabelli Zunti, c. 94r; Sobotka, 1913).
A Parma la collezione Boscoli possedeva, tra la fine del sec. XVII e gli inizi del XVIII, numerose sue opere. Due inventari datati 1690 e 1708 (Campori, 1870) elencano vari dipinti dell'artista, tra cui una Vittoria dell'Amore virtuoso sull'Amore vizioso, che aveva, come pendant, Caino e Abele, diverse effigi a mezzo busto di santi (S. Giovanni Battista, S. Barbara), una testa di Diana, un mezzo busto di un Salvatore, dodici ritratti tra cui uno della Principessa Caterina Farnese.
Un dipinto con Cristo con la Croce, dal cui fianco sgorga sangue raccolto in un calice posto ai suoi piedi, nella Galleria nazionale di Parma (inv. n. 221) e proveniente dalla collezione Sanvitale, è dubitativamente identificato dal Sobotka (1913) con una Pietà eseguita dal D. per la locale chiesa di S. Maria Bianca, dove l'artista volle essere sepolto, mentre il Quintavalle (1939) lo ascrive con dubbio al pittore. Nella cattedrale di S. Maria Assunta della stessa città è inoltre da ricordare la pala con la Madonna in gloria con il Bambino, s. Fermo e il beato Giovanni da Parma.Il D. morì a Parma nel 1676.
Dai suoi due testamenti (Scarabelli Zunti) - il primo del 22 febbr. 1668 e il secondo del 4 ott. 1672 - risulta che i beni che egli possedeva a Maubeuge andavano ai figli delle sorelle già defunte Caterina e Ioanna, mentre nominava erede universale del patrimonio esistente a Parma sua nipote Lucrezia Renieri, figlia del pittore Nicolò (fratello uterino del D.), vedova di Daniel van den Dijck e abitante a Mantova. Nel primo testamento inoltre al figlio di Lucrezia, Francesco van den Dijck, destinava la propria raccolta di disegni e stampe, mentre alle altre due figlie di Nicolò, Clorinda e Angelica, lasciava 50 doppie d'oro ciascuna e al loro fratello Giovanni Paolo un astuccio contenente un bicchiere con saliera, cucchiaio, forchetta e coltello d'argento dorato, già donato al D., per testamento, da Nicolò (cfr. Ivanoff, 1965). È interessante la menzione di un dipinto eseguito dal D., tuttora non rintracciato, che l'artista aveva assegnato all'amico Giuseppe Fava: "un'Herodiade ... figura intiera con appresso un pageto che porge la testa di S. Gio. Battista", mentre a Giovanni Remigio Pavesi e Carlo Fagandini lasciava un quadro ciascuno non specificato.
Il secondo testamento apporta alcune variazioni rispetto al precedente. Innanzitutto della collezione di grafica entra in possesso un altro nipote, Gasparo Della Vecchia, figlio di Clorinda Renieri e Pietro Della Vecchia; ad Antonio Maria Pizzoni il D. lascia "un Quadro sopra del quale è dipinto Santo Niccolò con un Certosino inginocchiato avanti d'inventione e mano del detto Sig. r Testatore"; a Giovanni Remigio Pavesi (esecutore testamentario insieme con Paolo Berardi) "un Quadro sopra il quale è dipinto una Vanità [sic!] scoperta dal Tempo figura intiera d'inventione e mano del medesimo Sig. r Testatore", anch'esse opere smarrite. Con un codicillo del 10 nov. 1676, infine, dona a Giovanni Giacomo de Curtis "duoi Quadri ne' quali sono dipinte due Sante Marie Maddalene de Pazzi, con un altro della Santissima Trinità", mentre una rosetta di diamanti, già lasciata al D. dal Renieri, a cui l'aveva donata l'ambasciatore d'Inghilterra (cfr. Ivanoff, 1965), è destinata ai padri carmelitani scalzi.
Il ruolo del D., fiammingo in Italia, con un presumibile avvio romano di marca caravaggesca unito alla fondamentale esperienza reniana e ai rapporti con la pittura veneziana (nell'epoca di Forabosco, Liberi, Ricchi, Mazzoni, senza dimenticare i "foresti" come Cagnacci), è di aver sintetizzato quegli accenti in un equilibratissimo linguaggio formale di grande, assorta eleganza, che a tratti lascia presagire le stilizzazioni dell'imminente Arcadia.
Fonti e Bibl.: Parma, Soprint. per i Beni artistici e storici: ms. 105, VI, 1651-1700, E. Scarabelli Zunti, Documenti e mem. di belle arti…, cc. 86r-94r; M. Boschini, La carta del navegar pitoresco [1660], a cura di A. Pallucchini, Venezia-Roma 1966, p. 599; F. Sansovino-G. Martinioni, Venetia città nobilissima..., Venezia 1663, p. 376; M. Boschini, Le minere della pittura, Venezia 1664, pp. 394, 493; C. C. Malvasia, Felsina pittrice [1678], Bologna 1841, I, p. 351; II, pp. 43, 200, 267, 295, 377, 411; M. A. Lazarelli, Pitture delle chiese di Modena rifferite dà d. Mauro Lazarelli monaco casinese nell'anno 1714, a cura di P. Baracchi Giovanardi, Modena 1982, p. 52; L. Crespi, Vite de' pittori bolognesi non descritte nella Felsina pittrice, Roma 1769, p. 73; G. F. Pagani, Le pitture e sculture di Modena, Modena 1770, p. 25; Bologna, Bibl. comunale dell'Archiginnasio, ms. B. 127 (secolo XVIII), M. Oretti, Notizie de'professori del disegno pittori scultori architetti bolognesi e forestieri, c. 216; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Bassano 1809, V, p. 117; G. Campori, Raccolta di cataloghi ed inventari inediti, Modena 1870, pp. 386, 390, 392, 398, 400, 506 s.; A. Venturi, La R. Galleria Estense in Modena, Modena 1883, p. 222; G. Sobotka, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, Leipzig 1913, pp. 156 s. (con bibl.); E. Mauceri, La R. Pinacoteca di Bologna, Roma 1935, p. 92; A. O. Quintavalle, La R. Galleria di Parma, Roma 1939, pp. 295 s.; A. Graziani, Sui margini di una guida imolese, in Critica d'arte, XXIV (1940), p. 139; N. Ivanoff, Nicolas Règnier, in Arte antica e moderna, 1965, 29, p. 23; S. Savini Branca, Il collezionismo venez. nel '600, Padova 1965, pp. 213, 215; C. Donzelli-G. M. Pilo, I pittori del Seicento veneto, Firenze 1967, pp. 155 s., fig. 116; M. Pirondini, G. Boulanger..., Modena 1969, pp. 68 ss., 85; G. Soli, Chiese di Modena, a cura di G. Bertuzzi, Modena 1974, II, pp. 291 s.; E. Borea, Dipinti alla Petraia per don Lorenzo de' Medici, in Prospettiva, 1975, 2, p. 24; Id., La quadreria di don Lorenzo de' Medici (catal.), Firenze 1977, pp. 40 s., 69; Id., Due dipinti di M. D. a Firenze, in Prospettiva, 1977, II, pp. 75-77; E. Cecchi Gattolin-F. M. Pozzi, La chiesa di S. Maria degli Angeli in Modena, Modena 1978, p. 211; R. Pallucchini, La pittura venez. del Seicento, Milano 1981, I, pp. 235 ss.; II, figg. 762 s.; P. L. Fantelli, in "Le ricche minere della pittura veneziana". Studi sulla pittura veneta del Seicento, Roma 1982, p. 84, fig. 24; M. Pirondini, in Ducale palazzo di Sassuolo, Genova-Modena 1982, pp. 63, 139; C. Valone, M.D.: a new look and a new work, in Arte veneta, XXXVIII (1984), pp. 78-86; V. E. Markova, Kartiny italjanskich masterov XIV-XVIII věkov iz muzeev SSSR (Capolavori dei maestri ital. dei secc. XIV-XVIII nei musei sovietici), Moskva 1986, pp. 104-111; L. Peruzzi, in L'arte degli Estensi. La pittura del Seicento e del Settecento a Modena e Reggio (catal.), Modena 1986, pp. 193-197; Id., Per M. D., fiammingo, in Paragone, XXXVII (1986), 431-433, pp. 85-92; Id., in I dipinti antichi della Banca popolare dell'Emilia, a cura di D. Benati - L. Peruzzi, Modena 1987, pp. 104-109.