SPRETI, Desiderio
– Nacque a Ravenna nel 1414 da un certo Desiderio Spreti (dottore in legge e successivamente ecclesiastico dopo la vedovanza, appartenente a una famiglia aristocratica di probabile ceppo germanico e di tradizioni filoimperiali attestata in città già dal XII secolo) e da madre ignota, morta in giovane età. Ebbe tre fratelli.
Spreti intraprese studi di diritto presso uno Studium generale dell’Italia settentrionale, probabilmente Bologna, laureandosi in utroque iure in data imprecisata, ma ebbe anche ampie conoscenze delle lingue classiche e precoce vocazione alla scrittura storiografica. Dal 1433 esercitò la professione di notaio in Ravenna, come attestano due volumi di suoi atti (Archivio di Stato di Ravenna, Notai Ravennati, voll. 25-26, Protocollo del notaio Desiderio Spreti, 1436-61). Un documento da lui stesso rogato (28 febbraio 1440), relativo a una vertenza fra una donna della potente famiglia Balbi e la schola della Casa Matha – identificata proprio da Spreti con l’antico ordine dei pescatori (schola piscatorum), ma in realtà da esso distinta – attesta che Spreti faceva parte della facoltosa corporazione; forse per diritto ereditario. Nel 1464, ancora, la sua carriera giuridica fu coronata dall’ottenimento dell’incarico di giudice ordinario.
Spreti partecipò alla vita pubblica di Ravenna: fu infatti un oppositore dell’ultimo, oppressivo regime dei Da Polenta nella città, alla fine degli anni Trenta, e quando Venezia conquistò la città nel 1441 espellendo definitivamente la famiglia signorile e relegandola a Creta, Desiderio aderì entusiasticamente al nuovo corso delle cose. Ciò gli valse alcuni anni più tardi (1452), da parte di un Consiglio cittadino chiaramente schierato su posizioni filoveneziane, la designazione al prestigioso ruolo di ambasciatore presso papa Niccolò V e presso il Collegio cardinalizio, per l’approvazione di una concordia tra clero e laici ravennati a proposito di beni enfiteutici e livellari presenti in città.
Analogamente, nel 1461 fu inviato con Giovanni Rasponi presso il doge Cristoforo Mor, per ottenere dal governo veneziano leggi e ordinamenti più favorevoli alla città, e una serie di provvedimenti migliorativi in campo urbanistico (e in quello ambientale per il territorio). Anche se ovviamente l’esito positivo non fu merito esclusivo di Spreti, bensì della generale volontà veneziana di costruirsi un consenso nell’antica capitale dell’Esarcato, al successo di questa ambasciata possono essere ricollegati interventi di miglioramento agricolo quali l’avvio dei lavori di inalveazione del Lamone, la bonifica della zona di Sant’Alberto e l’istituzione di un sistema di chiuse lungo il Ronco e il Montone per alimentare alcuni mulini di recente costruzione.
Oltre che nelle memorie civiche, l’attitudine alla scrittura di Spreti si concretizzò in un De adventu Messiae contra Iudeos perduto (forse nel saccheggio perpetrato nel 1512, dopo la battaglia di Ravenna, dalle truppe di Gaston de Foix). Si tramanda anche che abbia scritto un Epigramma de filiis suis e una Vita S. Joannis II Archiepiscopi Ravennatis, peraltro di attribuzione incerta.
La fama di Spreti è legata essenzialmente al De amplitudine, vastatione et instauratione urbis Ravennae libri tres, databile forse tra gli anni Quaranta e la fine del decennio seguente come suggeriscono le due distinte dediche a due patrizi veneti di spicco, Giovanni Antonio Marcello, oratore a Ravenna nel 1440, e Vitale Lando, podestà della città nel 1461-62: forse Spreti mutò opinione rispetto a Marcello, o forse ritenne che una nuova dedica al podestà in carica avrebbe facilitato la pubblicazione della sua opera.
Divisa in tre libri, l’opera testimonia del robusto sentimento antipolentano e filoveneziano del suo autore. Il primo libro viene fatto coincidere da Spreti con il periodo più antico della storia di Ravenna – romano e bizantino –, caratterizzato da una fase di amplitudo corrispondente all’importante sviluppo architettonico e urbanistico cittadino durato, ad avviso di Spreti, fino al IX secolo. Il secondo libro è quello della eversio e della vastatio subite da Ravenna a causa delle violente lotte intestine fra l’aristocrazia cittadina e protrattesi per i secoli del pieno e del basso Medioevo (e dunque sino al nefasto dominio dei Traversari, dei Da Polenta, al loro tramonto). Il terzo libro infine considera un arco di tempo molto più breve dei precedenti, segnato, a partire dal 1441, dalle instaurationes ovvero dalle iniziative di rinnovamento, di rafforzamento e di abbellimento di Ravenna realizzate dal regime veneziano, motore primo – secondo l’autore – della liberazione e della rinascita della città dopo gli anni oscuri della tirannide polentana.
Ciò che caratterizza il De amplitudine è l’abbandono della ricostruzione di impianto cronachistico fino ad allora usuale a Ravenna, e l’adozione di una prospettiva intenzionalmente umanistica, come rivelano anche le partizioni interne in libri e capitoli, spesso chiamati historiae. Evidente è il recupero di modelli classicheggianti, anche dal punto di vista linguistico, di cui Biondo Flavio è sicuramente il primo ispiratore, e altrettanto chiara è la volontà di segnare una cesura formale e sostanziale con il passato. Adottando un latino elegantissimo e aulico (che dà anch’esso la misura del distacco dalla assai meno ornata tradizione cronachistica precedente) e seguendo una scansione non suggerita dalla cronologia strettamente intesa ma dal succedersi di personaggi illustri e di eventi significativi, per la storia della Ravenna antica (per lui sorta prima di Roma) Spreti attinse ad autori quali Strabone, Cicerone, Svetonio e Paolo Orosio. Tra gli autori successivi, egli ebbe familiarità con il protostorico ravennate Andrea Agnello detto Agnello Ravennate, attivo nel IX secolo, dal quale ricavò numerose notizie soprattutto sulla potente Chiesa arcivescovile e sui suoi presuli. La narrazione guadagna in credibilità e affidabilità man mano che ci si avvicina a epoche meno remote.
L’opera circolò per anni soltanto in forma manoscritta; ma nessun testimone si trova a Ravenna (ove la Biblioteca Classense conserva solo un frammento dell’incunabolo del 1489). Un importante manoscritto è oggi alla Marciana di Venezia: risale probabilmente al 1457, e a esso è da ricollegare una lettera di Spreti a Pietro Zorzi di Venezia (8 ottobre 1457), mentre un altro è a Roma. Il De amplitudine fu stampato postumo, a Venezia (1489), per volontà di Giambattista Spreti, figlio dell’autore: forse anche perché a Ravenna mancavano imprese tipografiche (fu così sino a Cinquecento inoltrato), ma probabilmente anche per motivi di propaganda (l’élite veneziana fu attenta, negli anni successivi alla guerra di Ferrara, alla produzione di altre storie filoveneziane di città soggette, come quella dello Spazzarini a Padova). Va segnalato che l’editio princeps del 1489, pur rivelando rapporti con il manoscritto marciano, non è però tratta da esso ma da altro manoscritto; forse quello romano, forse un altro testimone perduto. Una successiva edizione si ebbe ancora a Venezia quasi cento anni dopo (1588) e ancora per iniziativa di uno Spreti (Bonifacio, discendente di Desiderio, al quale va attribuita anche la valida traduzione italiana uscita a Pesaro nel 1574). Ulteriori edizioni si ebbero a Leida in Olanda nel 1722 e a Ravenna nel 1793-1796 (nelle due lingue, e con aggiunte varie).
L’investimento della discendenza Spreti sulla figura e l’opera dell’antenato fu dunque ripetuto e incisivo. Ma sul De amplitudine ovviamente si soffermarono l’erudizione e la storiografia cittadine dei secoli successivi, e si può dire che a prescindere dalle sue ‘sbandate’ filoveneziane Spreti segnò un momento fondativo della storiografia ravennate e contribuì, con i successivi Carrari e Rossi, a svincolare Ravenna dal tradizionale asse culturale romagnolo-bolognese, rendendola in qualche misura partecipe di un più largo movimento di idee e di fermenti che trovò il suo centro nella laguna veneta e nell’ambiente cosmopolita lì costituitosi specie dopo la caduta di Costantinopoli e il conseguente arrivo di intellettuali greci.
Spreti contrasse due matrimoni con altrettante donne ravennati di nobili natali. La prima, Andrea di Masio Cristiani, morì senza dargli eredi; la seconda, Andrea Proli, generò un’abbondante figliolanza costituita da quattro maschi (Urbano, Giambattista, Bonifacio e Girolamo) e quattro femmine (Elisabetta, Valeria, Teodosia e Barbara). L’ultima notizia che lo concerne è del 23 novembre 1474, data non della sua morte (come da alcuni si è scritto), ma del suo testamento.
Fonti e Bibl.: Manoscritti ed edizioni del De amplitudine, vastatione et instauratione urbis Ravennae libri tres: Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, ms. Lat. Cl. 10 n. 107 (a. 1457); Roma, Biblioteca nazionale, ms. Varia 10, n. 619, misc. XV sec.; De amplitudine vastatione et instauratione urbis Ravennae libri tres, Venetiis, per Matheum Capcasam Parmensem, 1489; Della grandezza della ruina e della restauratione di Ravenna, a cura di B. Spreti, Pesaro, appresso Aloisio Giglio, 1574; De amplitudine vastatione et instauratione urbis Ravennae libri tres, Venetiis, ex typographia Guaerraea, 1588; Desiderii Spreti historici ravennatis De urbis Ravennae amplitudine, vastatione et instauratione. Libri tres, ut et Laurentii Schraderi ejusdem urbis descriptio et antiquitates. Editio novissima... [Cum vita Desiderii Spreti a Vincentio Carrario scripta], Lugduni Batavorum 1722; Desiderii Spreti historici ravennatis De amplitudine eversione et restauratione urbis Ravennae libri tres, Ravenna 1793-1796. Altri manoscritti: Forlì, Biblioteca comunale Aurelio Saffi: C. Spreti, Vita di Desiderio Spreti l’istorico (XVIII sec.); Archivio di Stato di Ravenna, Notai ravennati, voll. 25-26, Protocollo del notaio Desiderio Spreti, 1436-61; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, ms. Lat. Cl. 14 n. 248 (lettera a Pietro Zorzi).
V. Carrari, Vita Desiderii Spreti historici ravennatis (in appendice al De amplitudine del 1588, cit.); H. Rubei, Historiarum Ravennatum libri decem, Venetiis 1590, pp. 634-636; S. Pasolino, Huomini illustri di Ravenna antica et altri degni professori di Lettere & Armi, Bologna 1703, p. 88; P.P. Ginanni, Memorie storico-critiche degli scrittori ravennati, II, Faenza 1769, pp. 378-384; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VI, Dall’anno MCCCC. fino all’anno MD., II, Roma 1784, p. 104; M. Fantuzzi, Monumenti ravennati de’ secoli di mezzo per la maggior parte inediti, II, Venezia 1802, p. XXXIII, nota 24; F. Mordani, Vite di Ravegnani illustri, Ravenna 1837, pp. 57-60; P. Uccellini, Spreti, in Dizionario storico di Ravenna e di altri luoghi di Romagna, Ravenna 1855, p. 457; A. Corbelli, La fine di una signoria (gli ultimi Da Polenta), Torino 1907, pp. 82-149; W. Barbiani, La dominazione veneta a Ravenna, Ravenna 1927, pp. 128 s.; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, VI, Milano 1932, pp. 439-453; P.O. Kristeller, Iter italicum: a finding list of uncatalogued or incompletely catalogued humanistic manuscripts of the Renaissance in italian and other libraries, II, Italy, Orvieto to Volterra, Vatican City, London-Leiden 1967, p. 125; A. Vasina, Lineamenti culturali dell’Emilia-Romagna. Antiquaria, erudizione, storiografia dal XIV al XVIII secolo, Ravenna 1978, pp. 113, 188; E. Cochrane, Historians and historiography in the italian Renaissance, Chicago-London 1981, pp. 99, 524; G. Montecchi, Autori ravennati ed editoria fra XV e XVI secolo, in Ravenna in età veneziana, a cura di D. Bolognesi, Ravenna 1986, pp. 197 s.; A. Vasina, Ravenna medievale fra storia e storiografia, in Storia di Ravenna, III, Dal Mille alla fine della signoria polentana, a cura di A. Vasina, Venezia 1993, pp. 14 s.; Id., Dai Traversari ai Da Polenta: Ravenna nel periodo di affermazione della Signoria cittadina (1275-1441), ibid., p. 556; G. Ricci, Il peso del passato. La lenta evoluzione del quadro urbanistico, in Storia di Ravenna, IV, Dalla dominazione veneziana alla conquista francese, a cura di L. Gambi, Venezia 1994, p. 160; V. Fontana, L’architettura nella città e nel territorio dal Quattrocento al Seicento, ibid., pp. 185, 189, 195; M. Faietti, La pittura del Quattrocento a Ravenna, ibid., p. 244; E. Casali, Religione e «instruzione cristiana», ibid., p. 420; U. Zaccarini, Casa Matha e Schola Piscatorum, in Ravenna studi e ricerche, VI (1999), 2, pp. 109-124; S. Bernicoli, Governi di Ravenna e di Romagna dalla fine del secolo XII a tutto il secolo XIX, a cura di E. Bottoni, Ravenna 2013, pp. 234-239.