MONTEMAGNI, Desiderio
MONTEMAGNI, Desiderio. – Nacque a Pistoia, da Aurelio di Desiderio e da Laura di Giovan Battista Celli, il 17 marzo 1597 (Arch. di Stato di Pistoia, Opera di S. Iacopo, 1113, c. 47v).
I Montemagni derivano il loro il nome gentilizio dal borgo rurale di Montemagno, nei pressi di Pistoia, dal quale si spostarono in città dal XIII secolo. Furono membri di spicco del ceto dirigente sia prima sia dopo la dedizione a Firenze e divennero celebri anche nella storia della cultura per i due omonimi rimatori e giuristi Buonaccorso da Montemagno, vissuti rispettivamente nel XIV e XV secolo.
Dopo la prima educazione Montemagni frequentò i corsi di diritto nell’Università di Pisa, dove risulta immatricolato in data 6 aprile 1617, ma non si laureò. Presumibilmente interruppe gli studi universitari in coincidenza con la morte del padre, avvenuta il 30 marzo 1619. Si trasferì quindi a Roma, dove divenne segretario del cardinale Girolamo Vidoni e tra il 1629 ed il 1630 collaborò con il concittadino Francesco Bracciolini, corredando di annotazioni in prosa i canti del poema La Roccella espugnata. Con gl’argomenti a ciascun canto del sig. Desiderio Montemagni (Roma, G. Mascardi, 1630). Alla morte di Vidoni (30 ottobre 1632) prese contatti con l’ambasciatore toscano presso la Santa Sede, Francesco Niccolini per cercare un impiego nella corte di Firenze. Nella Segreteria medicea proprio in quel periodo, benché non si profilasse nell’immediato futuro alcuna elezione papale, si stava cercando una persona per il ruolo di conclavista del cardinale Carlo de’ Medici e per qualche tempo si pensò di assumere Montemagni. In seguito la candidatura decadde soprattutto per opera di Niccolini, il quale, sebbene avesse un concetto molto lusinghiero di lui (≪garbato gentiluomo, dotato di qualche intelligenza, di belle lettere e di buon termine≫), lo ritenne inadatto a svolgere il compito perché troppo giovane e poco esperto delle ≪cose di stato≫ (lettera di Niccolini al segretario di Stato Andrea Cioli, Roma 9 gennaio 1633, in Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 3353, c. 43r). Niccolini raccomandò tuttavia caldamente a Cioli di trovare una collocazione per Montemagni nella Segreteria granducale, preferibilmente al servizio di uno dei giovani fratelli del granduca. Fu così che fu chiamato a Firenze e destinato a segretario del principe Leopoldo de’ Medici, con lo stipendio di scudi 18 al mese. Lasciata Roma nel febbraio 1633, fece tappa a Pistoia, da dove cominciò a scrivere a Cioli per prendere accordi riguardo all’abitazione a Firenze e ad altri aspetti organizzativi del suo nuovo incarico. Si recò a Firenze verso la metà di aprile 1633 per conoscere i suoi nuovi superiori, ma mentre faceva ritorno a Pistoia, essendosi diffuso l’allarme relativo a una recrudescenza della peste, fu messo in quarantena e dovette rimanere oltre un mese segregato in una sua casa di campagna. Finalmente, in giugno poté stabilirsi a Firenze, dove erano state messe a sua disposizione alcune stanze in Palazzo Vecchio.
Dopo poco più di un anno, nel settembre 1634, fu designato a rimpiazzare Domenico Pandolfini, ambasciatore residente a Milano. Dilazionò però la partenza di alcuni mesi perché non entusiasta di lasciare Firenze e insoddisfatto del trattamento economico che gli era stato riservato (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 3171, cc. 1102r, 1120r, 1128r). Ai primi di febbraio 1635 fu pronto per partire e dal successivo mese di maggio ebbe inizio la sua regolare corrispondenza da Milano (ibid., c. 1288r). Il suo referente nella nuova sede fu dapprima il cardinale Gil d’Albornoz, governatore della città per conto del re di Spagna, che aveva richiesto aiuti militari e finanziari al granduca di Toscana in base agli accordi vigenti.
Si temeva infatti un’invasione del Ducato di Milano da parte del duca di Parma o del duca di Savoia, entrambi alleati della Francia, entrata da poco formalmente in guerra contro la Spagna e gli Asburgo in quella che sarebbe stata l’ultima fase della guerra dei Trent’anni e che vide i piccoli stati italiani variamente distribuiti nei due schieramenti. Montemagni si dovette muovere con grande cautela in questa delicata situazione: il Granducato di Toscana non si poteva esimere in alcun modo dal corrispondere gli aiuti richiesti, ma si doveva costantemente tener presente il fatto che il re di Spagna non aveva mai onorato, se non in misura irrisoria, i prestiti precedenti effettuati dalla Toscana. Montemagni doveva quindi puntare a ridurre il più possibile la cifra richiesta di 20.000 scudi al mese (cfr. Istruzioni, pp. 440-443). Poiché non riuscì a trovare in tempi rapidi un accordo accettabile sull’ammontare del contributo di guerra, in suo appoggio fu fatto ritornare a Milano Pandolfini, con il quale tuttavia il rapporto di collaborazione stentò ad avviarsi. Finalmente Montemagni e Pandolfini riuscirono a concordare con la Camera milanese il pagamento della somma di 17.000 scudi al mese a partire dal giugno 1636 e Pandolfini tornò a Firenze.
Partito Albornoz, Montemagni riuscì fin dall’inizio a instaurare rapporti più cordiali con il nuovo governatore, Diego Felipe de Guzman, marchese di Leganes. Nel novembre 1636 dovette recarsi a Genova per incontrare l’ambasciatore spagnolo in corte imperiale Francesco de Mello e rispondere alla richiesta del re di Spagna, che aveva richiesto l’invio di truppe toscane a impedire il previsto sbarco francese a Carrara. Al granduca non sembrava realistico poter raggiungere lo scopo con le sue sole forze militari, che oltretutto si sarebbero trovate a combattere fuori dei confini dei suoi Stati, diede tuttavia la propria disponibilità a inviare un contingente toscano in appoggio a truppe spagnole e a impegnarsi in collaborazione con esse nell’impresa (Istruzioni, pp. 448 s.).
Nel novembre 1638 a Milano, alcuni servitori di Montemagni furono sorpresi in citta armati di pistola e tratti in arresto; uno di loro si ribellò e insultò l’ufficiale di polizia. Lo scandalo consigliò l’allontanamento di Montemagni, che non solo dovette tornare in Toscana, ma fu privato dell’incarico e relegato a Pistoia. Fu reintregrato grazie all’intercessione premurosa dello stesso governatore di Milano Leganes e nel gennaio 1639 poté tornare a Milano, dove rimase fino ai primi mesi del 1642.
Nell’aprile di quell’anno fu inviato a Modena, dove la carica di ambasciatore toscano era da tempo vacante, per esplorare le intenzioni del duca rispetto alla cosiddetta guerra di Castro, scoppiata l’anno precedente fra papa Urbano VIII Barberini, che aveva fatto occupare il ducato di Castro, feudo farnesiano, per insolvenza del relativo canone di concessione, e Odoardo Farnese, duca di Parma, che ne rivendicava il possesso. Il granduca di Toscana, pur nella persistente vocazione alla neutralità, si trovò a suo malgrado obbligato a prendere parte alla guerra in appoggio a Farnese, che nel 1628 aveva sposato sua sorella Margherita. La missione di Montemagni a Modena rimase a livello interlocutorio, finché nel successivo mese di giugno arrivo il nuovo ambasciatore titolare, Bartolomeo Ugolini (Arch. di Stato di Firenze, Miscellanea medicea, 124 ins. 11).
Montemagni tornò allora a Milano, dove nel luglio del 1642 ebbe luogo il suo matrimonio con la nobildonna milanese Maria di Ippolito Castelbesozzi, vedova di Raffaello Fagnani, con la quale aveva stabilito un legame affettivo fino dal 1640, ma aveva dovuto rinviare le nozze perché sulla donna gravava l’accusa davanti al Senato di Milano di complicità nell’uccisione del primo marito (ibid., 377 ins. 20). Caduta l’accusa e ottenuto il permesso del granduca, poté essere celebrato il matrimonio, subito dopo il quale Montemagni tornò a Firenze con la moglie. Erano allora in corso presso la corte medicea i preparativi per il viaggio del principe Giovan Carlo, il quale, essendo stato dal 1638 nominato dal re di Spagna generale del mare, si accingeva a partire con alcune navi armate a sue spese, per portare aiuto alle truppe spagnole impegnate contro i Francesi in Catalogna. Montemagni fece istanza di accompagnare la spedizione toscana in qualità di segretario in capite e si imbarco da Livorno, facendo ritorno alla fine di quello stesso anno.
Giovan Carlo de’ Medici, rimasto soddisfatto del suo operato, il 1° settembre 1643 lo confermò nel ruolo di segretario. Al servizio del principe rimase dunque addetto, accompagnandolo nei suoi viaggi e spostamenti e, soprattutto, occupandosi delle complesse e incessanti trattative con la Spagna e con il re di Napoli per la corresponsione del compenso dovutogli per la carica di generale del mare, oggetto di continue dilazioni e infinite transazioni. Contemporaneamente alla segreteria di Giovan Carlo, Montemagni continuava a prestare servizio anche per il fratello minore Leopoldo e nella Segreteria di Stato, dove, a turno con Francesco Panciatichi, Ottavio Bartolini e poi anche con Felice Marchetti, coadiuvava Giovan Battista Gondi, successo a Cioli nel febbraio 1641 come primo segretario di Stato.
Fu appunto in questa veste di supplente del segretario di Stato che nell’estate 1643 accompagnò il granduca e il principe Giovan Carlo a Cortona e a Chiusi, città di confine con lo Stato pontificio, dove in occasione della guerra di Castro erano state concentrate le truppe toscane, comandate dal principe Mattias de’ Medici. Da qui poté osservare e informare Leopoldo dei progressi dell’esercito toscano, che, dopo aver espugnato Città della Pieve ed essersi impadronito di Castiglion del Lago, minacciava da vicino Perugia. Questi successi destarono grande entusiasmo, ma presto la guerra si immobilizzò in episodi secondari. Uno di questi interessò, il 2 ottobre 1644, la stessa patria di Montemagni, Pistoia, quando un distaccamento dell’esercito pontificio che operava in territorio bolognese sconfinò attraverso l’Appennino e tentò di espugnare la città, rimasta quasi sguarnita di truppe. L’attacco fallì e i soldati dovettero riprendere velocemente la via dei monti. Di questo episodio Montemagni si mostrò particolarmente interessato e si fece fare un’accurata relazione da un testimone oculare, il sacerdote pistoiese Vincenzo Comandi (V. Comandi, Copia di lettera all’ illustrissimo sig. Desiderio Montemagni secretario di stato del serenissimo di Toscana, sopra il tentativo di guerra contro Pistoia, Pistoia 1643).
Il compito di segretario di Giovan Carlo divenne ancora più pressante quando questi, nel novembre 1644, fu fatto cardinale dal neoeletto Innocenzo X; in questa occasione Montemagni accompagnò il principe alla villa medicea dell’Ambrogiana, dove per delega ricevette le insegne cardinalizie e nel febbraio 1645 partì con lui per Roma per la cerimonia ufficiale. Vi si trattenne fino al successivo mese di giugno.
Come riconoscimento per la sua dedizione e fedeltà alla famiglia regnante, il 23 febbraio 1644 (Arch. di Stato di Firenze, Consiglio dei duecento, 175, c. 2r, ma Ibid., Tratte, 5, c. 182r ha la data 1648) fu ascritto al quartiere di S. Maria Novella. In conseguenza di questo provvedimento poté aspirare alle cariche pubbliche cittadine riservate al patriziato e fu così che dal 1° settembre 1652 fece parte per sei mesi dei nove conservatori del Dominio e della Giurisdizione, magistratura di cui fece parte di nuovo dal 1° marzo 1657; dal 31 luglio 1654 entrò a far parte stabilmente del consiglio dei Duecento; dal 1° marzo 1655 fece parte per un anno dei conservatori dell’Archivio; dal 1° settembre 1659 degli ufficiali del Monte per sei mesi; dal 1° dicembre 1661 dei procuratori di Palazzo per 6 mesi; dal 1° marzo 1663 degli ufficiali dei Fiumi per un anno.
Nel luglio-agosto 1649 accompagnò Giovan Carlo de’ Medici a Finale Ligure, per rendere omaggio all’arciduchessa Maria Anna d’Austria che si recava in Spagna a raggiungere il re Filippo IV, suo promesso sposo (il carteggio in Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5299). Di questo viaggio esiste una sorta di diario intitolato Viaggio del serenissimo principe Giovan Carlo de’ Medici al Finale adì 10 agosto 1649 ( cfr. C. Milanesi, Catalogo dei manoscritti posseduti dal marchese Gino Capponi, Firenze 1845, p. 46). In settembre soggiornò a Milano con la moglie per motivi privati; nel viaggio di andata fece tappa a Parma per assistere l’ambasciatore toscano Dante da Castiglione nei negoziati successivi alla fine della guerra di Castro. Fu questo, a quanto pare, il suo ultimo impegno a carattere diplomatico. Ulteriori notizie lo mostrano impegnato prevalentemente a Firenze, Pisa, Livorno e nelle residenze medicee. Con una certa regolarità dagli inizi degli anni Cinquanta trascorreva l’inverno a Pisa con la corte granducale.
Nel luglio 1652 fu inviato come commissario straordinario a Livorno, in seguito a un episodio di guerra navale consumatosi fra inglesi e olandesi all’imboccatura del porto. Seppe far rispettare la neutralità del porto toscano con molta fermezza, fino a far tradurre in carcere il viceammiraglio Henry Appleton, comandante della flotta inglese radunata a Livorno, che alla fine accettò di lasciare il porto toscano. Nel febbraio 1655 accompagnò il cardinale Giovan Carlo a Roma per il conclave che si concluse con l’elevazione di papa Alessandro VII. Il soggiorno si protrasse per molti mesi perché su di esso influirono, oltre alla lunghezza del conclave stesso, la decisione del pontefice neo-eletto di fare di Giovan Carlo uno dei cardinale a latere in occasione dei festeggiamenti in onore della regina Cristina di Svezia.
Alla morte di Giovan Carlo, nel gennaio 1663, Montemagni si occupò della vendita all’asta delle proprietà del principe, disposta dal granduca per recuperare almeno in parte gli ingenti prestiti che aveva dovuto anticipare al fratello per metterlo in grado di sostenere le spese connesse con i ruoli di generale del mare prima e di cardinale poi.
Morì a Firenze il 4 giugno 1666 nella sua abitazione in via dei Guicciardini e fu sepolto il giorno successivo a Pistoia nella chiesa della Ss. Annunziata. Il 18 novembre 1662 aveva fatto testamento, lasciando erede universale, in mancanza di parenti prossimi, Pier Francesco di Francesco Montemagni.
Montemagni coltivò in proprio interessi letterari: fu membro, con il soprannome di Timido, dell’Accademia della Crusca; nel 1562 fu eletto arciconsolo. Fu anche nell’Accademia degli Apatisti. Alcuni sonetti da lui composti sono nel ms. II.III.254 della Biblioteca nazionale di Firenze, ma in misura maggiore fu presente nell’ambiente letterario e artistico dei suoi tempi come collaboratore e strumento privilegiato del mecenatismo dei principi, come dimostrano le notizie su concerti, allestimenti teatrali, rapporti con cantanti, attori, artisti e letterati presenti nel suo carteggio, in particolare in quello con Giovan Carlo che fu, tra l’altro, fondatore del teatro fiorentino della Pergola, e il gran numero di dediche a Montemagni di edizioni di opere letterarie o a carattere erudito.
Fonti e Bibl.: Documenti e il carteggio privato sono conservati nell’Archivio di famiglia nella residenza nei pressi di Pistoia, sul quale cfr. Guida storica e bibliografica degli archivi e delle biblioteche d’Italia, II, Provincia di Pistoia, 2, Mandamento di Pistoia. Cortine e podesterie, a cura di R. Piattoli, Roma 1936, pp. 77 s. e Notizie degli archivi toscani, in Archivio storico italiano, CXIV (1956), pp. 565 s.; Arch. di Stato di Pistoia, Opera di S. Iacopo, 1113 c. 47v; 1124, c. 81r; Arch. di Stato di Firenze, Consiglio dei Duecento, 175, c. 2r; Miscellanea medicea, 9 ins. 35; 124 ins. 11; 377 ins. 20; Mediceo del principato, 1424, cc. 548r, 562r, 564r, 570r, 572r, 578r, 584r, 590r, 620r; 1503 ins.1; 1522, c. 498r; 3171, cc. 1102r, 1120r, 1128r, 1288r; 3353, cc. 43r, 103r; 5279B ins. 3; 5299, c. 62r; 5519, passim; Carte Sebregondi, 3649; Carte Ceramelli Papiani, 3261; Tratte, 5, c. 182r; Notarile moderno-Protocolli, 7216, c. 160r; 9649, c. 11r; 17135, c. 75r; Spoglio dei carteggi medicei, tomo III, pp. 133-135; tomo IV, cc. 92r-97r; tomo VII, cc. 89r-99r; Depositeria generale - Parte antica, 1538, c. 43r; Inventario dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, X, Firenze, 1900, p. 21; Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’Italia spagnola, II, a cura di F. Martelli - C. Galasso, Roma 2007, ad ind.; V. Capponi, Bibliografia pistoiese, Pistoia 1874, p. 63; C. Manfroni, La squadra inglese a Livorno nel 1652, Roma 1894, pp. 16, 21-23, 28 s.; A. Renaudet, Les sources de l’histoire de France aux archives d’Etat de Florence, Paris 1916, pp. 177, 194; Archivio Mediceo del Principato, Inventario sommario, Roma 1951, ad ind.; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori medicei del principato, Roma 1953, pp. 29, 32, 56, 114, 153; F. Diaz, Il Granducato di Toscana, I Medici, Torino 1978, pp. 367, 415; Acta graduum Academiae pisanae, a cura di G. Volpi, II, Pisa 1979, p. 143; M. Giunta, Libri matricularum studii pisani, Pisa 1983, p. 53; A. Mirto, Lucas Holstenius e la corte medicea, Firenze 1999, ad ind.;Miscellanea medicea, Inventario, a cura di S. Baggio - P. Marchi, Roma 2002, ad ind.; S. Mamone, Serenissimi fratelli impresari. Notizie di spettacolo nei carteggi di Giovan Carlo de’ Medici e di Desiderio Montemagni suo segretario. 1628- 1664, Firenze 2003 ad ind.