DE ADIUTORIO, Desiderio
Figlio di Pietro, nacque a Segni (Roma) intorno al 1481; fu monaco cisterciense nella vicina abbazia di Fossanova, prendendo la prima tonsura nel 1513. Fondatore della Confraternita dei Virtuosi al Pantheon, è una figura interessante della cultura artistica romana della prima metà del sec. XVI, sebbene siano alquanto scarse le notizie sul suo conto.
In due occasioni si recò in Terrasanta, una prima volta a Gerusalemme e una seconda al Monte Sinai, donde riportò alcune reliquie consistenti in pugni di terra dei luoghi santi; un terzo pellegrinaggio, a San Giacomo di Compostela, gli viene attribuito dal necrologio steso dal segretario della Confraternita nella congregazione del 3 marzo 1546. Nel 1527 era certamente a Roma, poiché, come egli stesso racconta nell'introduzione ai capitoli della Confraternita, subì il trauma del sacco eseguito dalle truppe imperiali, durante il quale fu spogliato di tutti i suoi averi e dal quale però riuscì a mettere in salvo le reliquie della Terrasanta.
Familiare e scudiero di Paolo III, o meglio del nipote di questo, il cardinale vicecancelliere Alessandro Famese, nel 1539 fu nominato dal pontefice canonico della chiesa collegiata di S. Maria "ad Martyres", cioè del Pantheon; soltanto il 15 dic. 1544. invece, fu nominato bollatore delle lettere apostoliche, incarico ricoperto per tradizione da monaci cisterciensi, ih sostituzione del defunto Domenico Perretti (Arch. Segreto Vaticano, Reg. Vat. 1789, cc. 163v-165v).
Nel marzo del 1541 il D. diede vita alla Confraternita dei Virtuosi, di pochi anni più antica dell'altra più nota accademia romana, quella di S. Luca.
È priva di fondamento l'ipotesi, ventilata dal Moroni (Dizionario..., I, p. 51) e ripresa anche in seguito (L'Album, 1840, p. 303), secondo cui la fondazione della Confraternita avrebbe ripreso un progetto che era stato di Raffaello. È più probabile semmai che esso sia nato dall'incontro del D. con i molti artisti, soprattutto fiorentini e sangalleschi, attivi nelle fabbriche di Paolo III e in particolare nei restauri del Pantheon.
Il 16 marzo il D. otteneva di fatto dai canonici della collegiata l'assegnazione di una cappella dove poter erigere un altare in onore di s. Giuseppe (ebbe poi il titolo "di Terra Santa" per le reliquie che il fondatore volle deporvi) e tenere una congregazione mista di regolari e secolari; s'impegnava a che non venisse alterata la costruzione della cappella stessa (Arch. di Stato di Roma, Coll. not. cap. ..., 209, cc. 62rv). La concessione, che prevedeva inoltre la possibilità che i confratelli fossero sepolti nello stesso sito, fu ratificata da Paolo III il 5 ott. 1543 e Successivamente da altri pontefici. Il 10 genn. 1543 fu tenuta la prima congregazione cui parteciparono, oltre al fondatore, Iacopo Meleghino, Giovanni Mangone, un Domenico da Siena da non confondere con il Beccafumi, Clemente Dentocambi, ingegnere a Castel Sant'Angelo, Banco Giuntini, primo segretario della Confraternita, Antonio da Sangallo il Giovane, Niccolò Bonello, computista della Camera apostolica, Perin del Vaga, Domenico Rosselli, Giovanni Angelo Trecchi, canonico della collegiata, Antonio Labacco e un Giovanni scultore, da identificare probabilmente con Nanni di Baccio Bigio (Waga, 1968, 6, pp. 27 S.).
I confratelli tornarono a riunirsi solo poche volte: in luglio si fecero le esequie al Mangone ed il 12 agosto furono nominati i primi ufficiali: il D. fu eletto reggente per tutto il 1544, ma poi gli fu rinnovato l'incarico negli anni seguenti. Egli impiegò molto tempo prima di proporre i capitoli richiesti per un corretto funzionamento della Confraternita; dopo reiterati rinvii, solo il 10 maggio 1545 fece leggere alcune proposte; pur ritenute buone nella sostanza, si decise che venissero riformulate dal segretario per meglio evidenziare i singoli punti: i capitoli vennero finalmente letti e approvati nella congregazione del 20 dic. 1545. Dal verbale della congregazione del 17 marzo di quell'anno, frattanto, risulta che il D. aveva stanziato 200 scudi dei propri per la fattura di una statua di S. Giuseppe, che fu poi eseguita dallo scultore V. de Rossi.
Il 13 marzo 1546 ottenne da Paolo III la licenza di disporre per testamento fino alla somma di 2.000 ducati di camera e il 17 fece un testamento, che fu rogato dal Giuntini, con cui lasciava alla Confraternita tutti i suoi beni. Morì il giorno seguente ed il suo corpo venne inumato nella cappella di S. Giuseppe. Gli succedette, nella guida della Confraternita, lo stesso Banco Giuntini, eletto su proposta di Antonio da Sangallo nella congregazione del 4 aprile successivo.
Fonti e Bibl.: Arch. Segreto Vaticano, Reg. Vat. 1789, cc. 163v-165v; Arch. di Stato di Roma, Coll. not. cap., Dominicus de Berardis, 209, cc. 62rv; Ibidem, Camerale III, Roma, Chiese e monasteri, 1878, fasc. 9-26 (S. Maria ad Martyres detta "la Rotonda"); Statuto della insigne artistica Congregazione de' Virtuosi al Pantheon, Roma 1839, con pref. di G. Servi, p. 6; Origine e progressi della insigne Congregazione detta dei Virtuosi sotto l'invocazione di S. Giuseppe di Terra Santa, Roma 1762, pp. 4-8; L'artistica Congregazione de' Virtuosi al Pantheon, in L'Album, VII,38 (21 nov. 1840), pp. 303 e.; C. L. Visconti, Sulla istituzione della insigne artistica Congregazione pontificia dei Virtuosi al Pantheon, Roma 1869, pp. 5-18, 21, 23, 25, 41 s., 46, 49, 63; S. Kambo, La Pontificia I. Accademia dei Virtuosi al Pantheon e le sue vicende di fede e di arte Roma 1928, pp. 1 ss.; J. A. F. Orbaan, Virtuosi al Pantheon. Archivalische Beiträge für römischen Kunstgeschichte, in Repertorium für Kunstwissenschaft, XXVII (1914), pp. 17-52 passim; H. Waga, Vita nota e ignota dei Virtuosi al Pantheon. in L'Urbe, n. s., = (1967), 4, pp. 2-5; XXXI (1968), 6, pp. 21-28; =II (1969), 2, pp. 30, 34, 36, 40; G. Moroni, Dizionario di erudizione..., I, p. 5 1.