DES AMBROIS DE NEVÂCHE, Luigi Francesco
Nacque a Oulx, nell'allora provincia di Susa (ora prov. di Torino), il 30 ott. 1807, dal colonnello Vittorio Luigi e da Teresa Prat.
VittorioLuigi (Oulx, 1768-1842) aveva abbracciato fin da giovanissimo la carriera delle armi e a diciotto anni era stato nominato sottoluogotenente nel reggimento provinciale di Susa. Aveva successivamente percorso la carriera nel corpo dei granatieri, ove il 28 febbr. 1795aveva raggiunto il grado di capitano. Profondamente fedele alla monarchia sabauda, durante il periodo della Rivoluzione e dell'Impero e in seguito all'unione del Piemonte alla Francia, si era ritirato nella sua casa di Oulx. Dopo la Restaurazione aveva ripreso servizio, col suo antico grado di capitano dei granatieri, nel reggimento Susa. Il 3 luglio 1819si era ritirato dall'esercito col grado di colonnello di fanteria. A riconoscimento dei servizi prestati alla monarchia ricevette, nel 1819, da Vittorio Emanuele I, la croce di grazia della S. Religione e dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.Quando il D. nacque, la famiglia, che vantava antichi titoli nobiliari, viveva in uno stato di quasi assoluta povertà.
Primogenito di due figli, il D. perse il fratello Pietro nel dicembre 1809, e ad otto anni perse anche la madre. Questi precoci lutti e le ristrettezze familiari contribuirono a formargli un carattere schivo e introverso.
Laureatosi nel 1828 in giurisprudenza presso l'università di Torino, l'anno successivo era assunto presso la Procura generale del Regno - che faceva parte della Corte dei conti e da cui passavano tutte le controversie dello Stato con gli enti locali, o con i privati, o fra i vari organismi dello Stato - optando per la carriera giudiziaria e rinunciando al posto di viceintendente della Marina a Genova, che gli era stato offerto dall'ammiraglio e ministro di Stato G.A. Agnès Des Geneys, suo congiunto. La Procura generale era un posto di studio di osservazione e di apprendistato, ideale per chi voleva dedicarsi alla carriera della magistratura o a quella amministrativa, ed il D. seppe trarne utile profitto. L'8 ag. 1834 venne nominato sostituto procuratore e la Corte dei conti gli affidò il compito di esaminare il progetto di codice civile, che allora si stava preparando, perché redigesse le osservazioni per tutto ciò che era di competenza della Corte stessa, da presentarsi poi all'apposita commissione legislativa.
Il 2 ott. 1841 fu nominato intendente nella divisione di Nizza Marittima, dove ebbe modo di distinguersi e di farsi amare in particolare modo da quegli abitanti. Durante la sua amministrazione (ott. 1841-ag. 1844) si provvide all'arginatura del fiume Varo, che ogni anno straripava provocando ingenti danni, ed anche all'esecuzione del piano regolatore del capoluogo.
Fin dall'ag. 1841 il D. aveva ricevuto notizia della possibile nomina ad intendente, ma l'aveva accolta con un certo disappunto, poiché precedentemente gli era stato prospettato il posto ben più onorifico di primo funzionario al ministero dell'Interno. Si era piegato, tuttavia, al volere dei superiori, inviando una rispettosa e controllata lettera a S. Gallina che, prevedendo reticenze, gli aveva preventivamente chiesto il suo parere: "Confesso di avere avuto ... per un momento il segreto desiderio di dare le dimissioni, poiché tutti mi preconizzavano segretario generale, ufficio al quale, come voi ben sapete, non aspiravo, ma che farà sensazione quando si saprà essere stato affidato ad un altro. Questa suscettibilità di amor proprio, moderata dalla riflessione, non deve avere influenza su una determinazione, che deve essere motivata da sentimenti più elevati. Perciò vi prego, Signor Conte, di non aver riguardo alcuno per questa esitazione dell'animo mio, se credete che la mia nomina all'Intendenza generale di Nizza, o in qualsiasi altra sede, debba avvenire in considerazione del bene pubblico. ... mentre avete la benevolenza, nel mio interesse, di consultarmi, non potrei sacrificare la vostra delicatezza e cordialità alla mia ambizione ..." (L. F. Des Ambrois, L'uomo e l'opera, 1974, pp. 86 s.).
Ricevuta la nomina ufficiale ad intendente al principio dell'ott. 1841, il 17 dello stesso mese era già a Nizza. Qui, oltre al già ricordato problema degli straripamenti del fiume Varo e del piano regolatore di Nizza, il D. si era trovato a dover affrontare una quantità di altre questioni: da quelle generate dai contrasti presenti all'interno del Consiglio comunale, ai problemi dei lavori pubblici; dalle discussioni relative agli ospedali civili e militari, la cui ubicazione suscitava controversie, alle interminabili liquidazioni di censi e debiti, aboliti dalla Rivoluzione e ristabiliti dalla monarchia sabauda.
Egli seppe svolgere il suo compito brillantemente e quando abbandonò la carica di intendente, nell'agosto 1844, la città gli fece dono di un diploma di cittadino d'onore.
L'opera svolta dal D. a Nizza fu molto apprezzata dal sovrano, il quale nell'ag. 1844 lo richiamò a Torino e gli affidò la reggenza del ministero degli Interni, di cui divenne titolare il 9 ott. 1847. Tale dicastero era allora molto più importante perché aveva competenza anche negli affari relativi all'istruzione, ai lavori pubblici, all'agricoltura, all'industria ed al commercio.
In qualità di ministro promosse, insieme con C. Alfieri, lo sviluppo delle scuole tecniche, delle scuole serali per gli operai, delle scuole femminili e soprattutto delle scuole di metodo (le odierne scuole magistrali). Per l'istituzione di queste ultime si dovette affrontare e superare la dura opposizione dell'autorità ecclesiastica, che non vedeva di buon occhio la carriera di maestro elementare aperta ai laici, essendo stato questo settore, sino ad allora, monopolio degli ecclesiastici. Si occupò anche a fondo di problemi ferroviari e suo è il merito di aver dato impulso alle linee Genova-Torino e Genova-Arona. Proprio in relazione ai problemi ferroviari nel 1847 si scontrò aspramente con Cavour, col quale per altro in molte circostanze successive collaborò attivamente. Respinse infatti il progetto, da questo presentatogli, di impiantare un tronco ferroviario fra Torino e Savigliano, perché troppo costoso, e il Cavour, vistosi intralciare i propri piani, non gli risparmiò aspre critiche. Sempre come ministro promosse anche il riordinamento dell'amministrazione forestale ed ebbe parte preminente nello studio e nell'attuazione di quelle riforme che prepararono l'emanazione dello statuto.
Il 7 dic. 1847 abbandonò la guida del ministero degli Interni per assumere il portafoglio di quello dei Lavori pubblici, Agricoltura e Commercio, proprio allora istituito; mantenne tale carica anche durante il prinio ministero costituzionale Balbo (16 marzo-27 luglio 1848). Si interessò così delle questioni legislative riguardanti le amministrazioni locali e parte primaria ebbe nella preparazione della legge provinciale e comunale del 27 nov. 1847. che in realtà non ebbe poi attuazione pratica, poiché con la promulgazione dello statuto venne sostituita da altre leggi.
È opinione generale che artefice di questa legge sia stato l'avvocato novarese Giacomo Giovanetti, ma in realtà essa fu opera del D. in collaborazione con una commissione di cui facevano parte, oltre al sopracitato avvocato, I. Petitti di Roreto e G. Ponza di San Martino. Essa apportava notevoli mutamenti nel sistema di nomina delle varie autorità comunali e provinciali. Mentre infatti in precedenza i consiglieri comunali erano nominati dal re, oppure, per i Comuni più piccoli, dagli intendenti, ora invece si stabiliva che essi sarebbero stati eletti dagli abitanti dei singoli Comuni. La nomina del sindaco restava prerogativa del sovrano, il quale però doveva sceglierlo fra i consiglieri eletti. Questi ultimi poi presentavano delle liste di nomi fra i quali il re doveva scegliere i membri dei Consigli provinciali; a loro volta i Consigli provinciali nominavano i membri dei Consigli divisionali; infine il re sceglieva fra costoro i rappresentanti delle singole divisioni al Consiglio di Stato. Con questa organizzazione piramidale di tutti gli organismi rappresentativi e consultivi dello Stato il D. mirava ad aumentare l'importanza delle amministrazioni periferiche, che egli considerava struttura portante della vita amministrativa dello Stato.
Anche in seguito continuò ad interessarsi delle questioni legislative riguardanti le amministrazioni locali; fu sempre un sostenitore del decentramento e della concessione di larghe autonomie agli enti locali e se talvolta si allontanò da questo indirizzo ciò fu dovuto solo a considerazioni di ordine politico superiore. Collaborò alla compilazione dello statuto e fu tra i redattori del proclama, pubblicato l'8 febbr. 1848, che ne annunciava la concessione da parte di Carlo Alberto.
Nelle elezioni del 27 apr. 1848 fu eletto deputato per il collegio di Susa, che rappresentò fino al febbraio 1849, allorché divenne presidente della sezione di Grazia e Giustizia ed Affari ecclesiastici del Consiglio di Stato, del quale ottenne la vicepresidenza nel 1851 e la presidenza nel 1860. Nel maggio 1849 Vittorio Emanuele II, volendo sostituire G. De Launay alla presidenza del Consiglio, offrì al D. l'incarico di formare un nuovo ministero che egli non accettò poiché, essendo stato ministro nel periodo precedente l'emanazione dello statuto, temeva di destare sospetti di reazione.
Il 18 dic. 1849 fu nominato senatore e del Senato fu vicepresidente dalla fine del 1855 fino al 1859. Quello stesso anno era inviato a Zurigo come plenipotenziario per le trattative di pace a conclusione della seconda guerra d'indipendenza. Immediatamente dopo accettò la carica di ministro plenipotenziario a Parigi. che mantenne fino al febbraio 1860, allorché fu richiamato da Cavour, e infine sostituito da C. Nigra. L'attività svolta nel campo diplomatico fu premiata dal re nel 1868 con la concessione del Collare dell'Annunziata.
Dopo l'Unità fu nominato presidente della commissione per l'unificazione legislativa del Regno, impegnandosi a fondo nei lavori che diedero origine all'insieme di leggi organiche emanate nel 1865. Lo stesso anno era nominato anche presidente della commissione per il contenzioso diplomatico. La sua carriera politica e legislativa fu coronata dalla nomina a presidente del Senato il 22 nov. 1874.
Oltre ad essere un valente legislatore, il D. fu anche un appassionato storico e questo suo interesse trovò in Piemonte un fertile terreno. Nel 1842 Carlo Alberto aveva fondato la Regia Deputazione di storia patria, che stimolò le ricerche non solo degli storici di professione, ma anche degli uomini politici. Dai frequenti contatti con questa associazione nacque nel D. l'idea di scrivere la storia del suo paese d'origine, la Val di Susa, costituita dalla bassa valle, compresa tra il grosso centro di Susa ed Avigliana, e dall'alta valle della Dora Riparia e da Bardonecchia. Soltanto una parte di questa lunga storia venne stampata vivente l'autore, e solo in cinquanta esemplari, con il titolo Notice sur Bardonnèche, nel 1872; il resto uscirà postumo in un volume dal titolo Notes et souvenirs inédits. Notice sur Bardonnèche (Bologna 1901).
Il D. non pensava ad uno scritto destinato al grande pubblico; senza dubbio questo può spiegare in parte la composizione molto libera dell'opera, formata da una serie di capitoli la cui concatenazione non sempre è evidente. La seconda parte del libro, infatti - intitolata Suse et la Vallée de laDoire Ripaire au Moyen-Age - che precede la Notice sur Bardonnèche (terza parte), tratta della storia della Valle di Susa che egli non aveva previsto. Troviamo così nella seconda e terza parte dell'opera trattato lo stesso tema, ma diversi dettagli completano ed arricchiscono ciascuna delle parti; né possiamo conoscere la forma definitiva che avrebbe assunto la seconda parte se il D. ne avesse curato personalmente la pubblicazione. Dal testo tuttavia traspare chiaramente la serietà della ricerca, la sua ampiezza e la capacità di sfruttamento dei documenti da parte del Des Ambrois. Inoltre, grazie all'antichità della famiglia ed alla posizione che aveva nella zona, egli poté disporre di archivi privati e personali che conferiscono al suo scritto un maggiore interesse. La varietà dei temi - che vanno dalla storia che si basa essenzialmente sui fatti allo studio dell'etnografia - conferisce al libro un taglio "modernissimo" che offre un quadro di una società alpina nei suoi aspetti più differenti.
Morì a Roma nella notte tra il 3 ed il 4 dic. 1874.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sez. I, Lettere Ministri. Francia, m. 285 (Dispacci Des Ambrois);Ibid., Sez. Riunite, Indice Patenti controllo finanze, 1814-1831; 1831-1842; 1843-1850, ad nomen; necrologi in Gazzetta del popolo (Torino), 5, 6 e 9 dic. 1874; La Gazzetta piemontese (Torino) 5, 6, 10 e 12 dic. 1874. Le notizie più esaurienti, basate su ampie fonti archivistiche, sono in L. F. Des Ambrois de Nevâche, Notes et souvenirs inédits. Notices sur Bardonnèche (ristampa anastatica dell'edizione del 1901); II, L'uomo e l'opera, a cura del Comitato per le onoranze centenarie, Oulx 1974 (si veda in particolare nel vol. II, N. Nada, Commemorazione di L. D., pp. 19-33, e la bibliografia, pp. 415 s.). Altri profili biografici in A. Mauri, Commemorazione del cavaliere L. D., presidente del Consiglio di Stato e del Senato del Regno, Roma 1875; V. Odiard, F. L. D., Torino 1886; D. Zanichelli, L. D., in Nuova Antologia, 1º ag. 1901, pp. 546-549; V. Cian, Carlo Alberto all'opera. Lettere al ministro D., ibid., 1º giugno 1912, pp. 49-52; M. Vanzetti, L'Archivio Des Ambrois de Nevâche, in Notizie degli Archivi di Stato, II (1942), fasc. 4, pp. 234 s.; A. Moscati, Iministri del'48, Salerno 1948, pp. 49-52; N. Nada, Un illuminato burocrate subalpino, in La Stampa, 7 ag. 1974. Sulla sua attività politica e diplomatica cfr. inoltre Carteggi di C. Cavour. Indice gen. dei primi quindici volumi (1926-1954), a cura di C. Pischedda, Bologna 1961, ad nomen; R. Romeo, Cavour e il suo tempo, Bari 1977-1984, II, 1 (1842-1854), e III, ad Indicem; A. Manno, Il patriziato subalpino, I, Firenze 1906, p. 46; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Torino 1890, pp. 385 s.; Diz. del Risorg. naz., II, p. 920; Enc. Ital., XII, p. 657.