WALCOTT, Derek
Poeta e drammaturgo caribico di lingua inglese, nato a Castries (Saint Lucia, Piccole Antille inglesi) il 23 gennaio 1930. Precocemente interessato alla poesia e al teatro, a 18 anni pubblicò la prima raccolta di liriche e due anni dopo fondò con il fratello Roderick il Saint Lucia Art Guild, nell'ambito del quale produsse e diresse il suo primo dramma, Henry Christophe. Dopo aver studiato (1950-52) all'University College of West Indies in Mona (Giamaica) e dopo aver insegnato francese e latino in alcune scuole delle Indie occidentali (1954-57), vinse una borsa della Rockefeller Foundation (1957-59) che gli permise di studiare teatro a New York. Rientrato in patria e stabilitosi a Trinidad, vi fondò (1959) il Little Carib Theatre Workshop − che diresse fino al 1976 −, istituzione che, oltre a permettergli di realizzare le proprie pièces, tutte incentrate su temi, personaggi e miti della tradizione culturale autoctona, ha costituito un'importante fucina di autori teatrali, di registi e di attori. Membro onorario dell'American Academy of arts and letters dal 1979, ha tenuto corsi in molte università statunitensi, tra cui New York University, Columbia e Yale; dal 1981 insegna alla Boston University. Nel 1992 gli è stato conferito il premio Nobel per la letteratura.
Cultore appassionato di letterature classiche antiche e di classici inglesi moderni, le due prove giovanili (25 poems, 1948; Epitaphe for the young, 1949; Poems, 1951; tutte parzialmente riprese e rifuse nella raccolta In a green night: poems 1946-1960, 1962) denunciano diverse presenze ideologiche e stilistiche (Dante, Catullo, F. Villon, ma soprattutto D. Thomas, J. Joyce, i metafisici inglesi) che, risultando ancora insufficientemente decantate, restano piuttosto irrisolte sul piano della coerenza espressiva e artistica; tuttavia l'apprezzabile virtuosismo stilistico e linguistico − che spazia disinvoltamente dall'eleganza retorica al patois locale, da un classicheggiante rigore metrico a una ritmica fratta e liberissima, spesso condotta ai limiti del prosastico − ha suscitato immediati consensi critici. Notevolmente più matura appare The castaway and other poems (1965), in cui i diversi componimenti trovano un fulcro ideologico nella depressione malinconica di una "rabbia differente" del naufrago esistenziale, vittima del fallimento della storia e dell'attesa − dolorosa in quanto ancora oscura e problematica − di ricominciare, di ripartire da zero nella conoscenza del mondo. Anche il teatro di W. percorre un analogo itinerario di perfezionamento: Ti-Jean and his brothers (1957), basato su un racconto locale; Malcauchon or The six in the rain (1958, pubbl. nel 1966), una rivisitazione molto originale di Rashomon, il noto film di A. Kurosawa; e soprattutto Dream of a Monkey Mountain (1962, pubbl. nel 1970; Obie Award 1971) segnano un evidente traguardo di maturità artistica. Definito dall'autore un "poema fisico", quest'ultimo dramma è imperniato sul problema centrale di tutta la produzione di W.: la risoluzione del "sogno schizofrenico quotidiano" che affligge i nativi delle Indie occidentali, divisi tra due patrie, quella da cui vennero i loro avi e quella in cui sono nati; una condizione esistenziale che li spinge alla continua e sofferta ricerca di una propria identità storica e culturale, nella quale non siano prevaricate né le lontane ascendenze africane né l'ormai acquisita consapevolezza di appartenere a una nuova patria. In una sorta di visione onirica, il protagonista, come un novello Mosè, riesce a recuperare per sé e per tutti gli altri africani la terra edenica dalla quale sono stati strappati; ma si lascia poi travolgere egli stesso nelle spire della vendetta e del pregiudizio razziale, commettendo una serie di violenze del tutto analoghe a quelle perpetrate in passato sul suo popolo. A questo punto si rende però conto della totale infecondità insita in ogni rivendicazione razziale, e della conseguente necessità per l'uomo di opporre un netto rifiuto all'ossessione di proclamare la propria purezza etnica, che tanti e tanto gravi delitti ha autorizzato e commesso, o di inseguire impossibili e antistorici recuperi di una patria idealizzata e irrecuperabile: ognuno deve invece accettarsi per quello che realmente è nel nuovo contesto civile e culturale in cui vive e opera.
Con varie articolazioni, i temi del conflitto razziale e quello della conseguente crisi d'identità predominano, spesso arricchiti di suggestive aperture autobiografiche e di impegnate proposizioni di polemica sociale, nella raccolta di liriche The Gulf and other poems ( 1969) e soprattutto nel poemetto Another life (1973), vero e proprio autoritratto poetico che, depurato d'ogni troppo ristretta contingenza personale e abilmente vivacizzato da forti pennellate satiriche, aspira a essere il profilo di ogni artista indio, prospettando la possibilità di una ''rinascita'' che, a mezzo di una memoria selettiva, recuperi nel passato soltanto ciò che serve alla costruzione di un ''Mondo Nuovo''. Nella commedia musicale O Babylon! (1976, pubbl. nel 1978) tema centrale è il contrasto fra l'attrazione esercitata dai beni materiali e il desiderio di pienezza spirituale. L'azione, storicamente incorniciata da specifici riferimenti alla visita in Giamaica del negus etiopico Hāyla Sellāsē (1966), ripropone l'idea centrale dell'accettazione di se stessi come ''coloniali'' perfettamente inseriti nella terra in cui si è nati. Musicato da G. MacDermot, O Babylon! costituisce un originale esempio di musical in cui testo, canzoni e danza sono perfettamente funzionali all'azione, costituendo uno degli esperimenti più interessanti di ''opera globale'', che peraltro W. non replicherà, limitandosi a usare la musica in funzione di colonna sonora: come aveva già fatto in The joker of Seville (1974, pubbl. 1978), un'originale e attualizzata rivisitazione di El burlador de Sevilla di Tirso de Molina; come farà ancora in Remembrance (1977), in cui ribadisce il proprio credo sul valore di ogni individuo indipendentemente dalle origini o dall'ambiente in cui si è formato; e in Pantomime (1978, pubbl. con il precedente nel 1980), un significativo duello solo apparentemente verbale fra due personaggi che decidono di recitare a braccio, e alternativamente, i ruoli di Robinson Crusoe e Venerdì, per finire col rendersi conto di aver ripetuto passo passo la storia della colonizzazione europea, con tutte le lotte, i pregiudizi e le prevaricazioni che l'hanno caratterizzata. Sea of grapes (1977) conferma le qualità di W., che, sempre rimanendo fedele ai propri temi, in questa e ancor più nelle successive raccolte di liriche (The star-apple kingdom, 1979; The fortunate traveller, 1981; Midsummer, 1984; The Arkansas testament, 1987; Omeros, 1990) attua uno straordinario processo di decantazione e di raffinamento dell'ars rhetorica, dei manierismi formali, della chiarezza di dettato, delle istanze civili e sociali, della fruizione di modelli (da ultimo soprattutto i classici greci, Dante, J. Brodsky).
W. ha raccolto nel volume Three plays (1986) la sua produzione teatrale più recente: The last Carnival, il cui tema fondamentale è che bene e male non hanno colore né razza; Beef, no chicken, una commedia sui disagi inevitabilmente apportati dal progresso e sui diversi atteggiamenti di fronte alle incertezze del futuro; e A branch of the Blue Nile, un efficace esempio di ''teatro nel teatro'' in cui viene messo a nudo e dibattuto il tema della diversa formazione dell'attore nei Caribi e all'estero e quello, di sapore pirandelliano, del rapporto fra arte e vita reale.
Bibl.: E. Baugh, Derek Walcott: memory as vision, Londra 1979; R.D. Hamner, Derek Walcott: his works and his critics. An annotated bibliography, in Journal of Commonwealth literature, 16 (agosto 1981), pp. 142-84; Id., Derek Walcott, Boston 1981; I.E. Goldstraw, Derek Walcott: an annotated bibliography of his works, New York 1984; R.E. Fox, Derek Walcott: history as disease, in Callaloo, 9 (primavera 1986), pp. 331-40; F. Aiyejina, Derek Walcott: the poet as a federated consciousness, in World literature written in English, 27 (primavera 1987), pp. 67-80; P. Ismond, 'Another life': autobiography as alternative history, in Journal of West Indian literature, 4 (gennaio 1990), pp. 41-49; The art of Derek Walcott, a cura di S. Brown, Bridgend-Chester Spring 1991; R.D. Hamner, Derek Walcott, in A twentyeth Century Caribbean and Black African writers, a cura di B. Lindfors e R. Sanders, Detroit-Londra 1992, pp. 290-312.