Der Verlorene
(RFT 1951, bianco e nero, 98m); regia: Peter Lorre; produzione: Arnold Pressburger; sceneggiatura: Peter Lorre, Benno Vigny, Axel Eggebrecht; fotografia: Václav Vích; montaggio: Carl Otto Bartning; scenografia: Franz Schroedter; musica: Willi Schmidt-Gentner.
Un campo profughi, nel secondo dopoguerra. Lo stimato dottor Neumann si trova a essere affiancato da un assistente di nome Novak, sotto le cui mentite spoglie si cela Hösch, che aveva già lavorato per il medico in tempo di guerra. Durante una notte trascorsa in una bettola del campo, Neumann rievoca il proprio passato rivolgendosi al volgare assistente. Il vero nome di Neumann è Rothe, e le pressioni esercitate su di lui dai nazisti, proprio per tramite di Hösch, lo hanno condotto alla follia omicida. Prima uccide la propria fidanzata, Inge, accusata da Hösch e dal colonnello Winkler di spionaggio. Poi tenta di eliminare una prostituta, infine assassina una donna che gli si offre. Rothe scopre la falsità delle accuse contro Inge: perciò cerca di uccidere Winkler, ma questi rivela di essere alla testa di un complotto contro Hitler. Tuttavia, il tentativo di Rothe svela il piano e conduce all'arresto del colonnello. Rientrato presso la sua abitazione, il dottore trova il palazzo sventrato dai bombardamenti, e la sua pensionante e un'altra inquilina uccise; lui stesso è reputato morto. Ora Rothe ha una nuova identità, ma è incapace di liberarsi del proprio passato. Terminato il racconto, il dottore uccide Hösch e si getta sotto un treno.
Der Verlorene è un unicum nella storia del cinema e nella carriera di Peter Lorre, alla sua sola prova registica. Lorre era rientrato in Germania dopo un esilio in Gran Bretagna e Stati Uniti, dove aveva guadagnato fama di caratterista, collaborando con celebri cineasti (Alfred Hitchcock, Josef von Sternberg, John Huston). Presentato alla Mostra di Venezia nel 1951, Der Verlorene si guadagnò consensi critici, ma non i favori del pubblico: lo scacco produttivo indusse l'attore ad abbandonare ogni ulteriore tentativo di regia, per tornare alla recitazione a Hollywood. Grazie anche al suo tono disperato, alla scarsa fortuna commerciale e all'eccezionalità del contributo di Lorre, Der Verlorene è diventato un film 'maledetto', tramutatosi poi in cult movie.
L'angosciosa vicenda del dottor Rothe si staglia sul panorama della cinematografia tedesca postbellica, nella quale il peculiare assetto del mercato favorì il ritorno dei transfughi dal nazismo (Robert Siodmak, William Dieterle, Fritz Lang, Fritz Kortner) e la determinazione di generi autoctoni: tra questi, sin dal 1945 si distinse il Trümmerfilm (film di rovine), incentrato sulla descrizione delle distruzioni prodotte dalla guerra e sulle responsabilità politiche e morali di tali eventi. I prototipi sono rinvenibili in Die Mörder sind unter uns (Gli assassini sono tra noi, Wolfgang Staudte 1946) e In jenen Tagen (Helmut Käutner, 1947), ma il filone era destinato a protrarsi negli anni Cinquanta. Der Verlorene riprende dal Trümmerfilm due elementi, a livello iconografico e strutturale: la devastazione del dopoguerra, e l'alternanza di presente e passato. La situazione attuale, dunque, appare gravata dal ricordo ossessivo e ineluttabile dei trascorsi oscuri della nazione germanica. L'opera concentra nell'arco di sole di ventiquattr'ore le vicende presenti del disgraziato medico, aprendo e chiudendo il racconto circolarmente, sui binari della ferrovia. In questa cornice si incunea il ricordo, nella forma di un dialogo tra Rothe e il suo assistente redivivo. Le sequenze introduttive e conclusive, allo stesso modo degli otto segmenti del flashback, si distinguono per un'accentuazione degli aspetti realistici della narrazione; il racconto si concentra sulle attività quotidiane dei personaggi, le ambientazioni sono spoglie e prive di peculiarità, gli spazi del lavoro e della pensione appaiono soffocanti e triti. Questa veste banale contribuisce alla morbosità della trasformazione del protagonista in un maniaco omicida: l'assenza di fratture inocula la mostruosità in uno scenario ordinario.
Una posizione centrale è assegnata al dialogo tra i personaggi e alla recitazione degli interpreti, per intenzione esplicita del regista: "Il dialogo avrà un'importanza considerevole, in tutti i miei film, assai più delle immagini e del cosiddetto stile". A questo fine, si ricorre spesso a costruzioni in profondità di campo, grazie alle quali lo sviluppo della conversazione e l'espressività degli attori si dispiegano; viceversa, l'accentuazione delle angolazioni di ripresa e dei contrasti luminosi è indizio di un acuirsi della tensione drammatica. In questa economia stilistica, una posizione centrale è rivestita da Peter Lorre, fulcro narrativo ed estetico del film: intorno al suo personaggio ambiguo si dispone l'universo narrativo, attorno al suo corpo abbandonato si ordinano ambienti e interpreti. La sua camminata segna il passo di un mondo destinato alla rovina. L'attore manifesta tutta l'equivocità del personaggio giocando la doppiezza attraverso repentine mutazioni mimiche e gestuali, o grazie alla raffinata fotografia dell'operatore Václav Vích: i toni chiaroscurali delle immagini fanno emergere da un buio inquietante il volto pallido e grottesco di Lorre. Entrambi gli aspetti propongono una unità stilistica propria all'attore, per i palesi richiami alla più celebre interpretazione di Lorre, l'omicida di M. La tragica duplicità del dottor Rothe è legata direttamente alla schizofrenia morale della società tedesca durante il regime nazionalsocialista, preconizzata nella struttura brechtiana del film di Lang; allo stesso tempo, l'esplosione omicida del medico coincide con la sessualità, come i raptus omicidi del protagonista di M. Il tentativo di Peter Lorre ambiva a riprendere il filo interrotto del grande cinema di Weimar, ma la sua originale proposta non ebbe un seguito.
Interpreti e personaggi: Peter Lorre (Dr. Karl Rothe), Karl John (Hösch), Renate Mannhardt (Inge Hermann), Helmut Rudoplh (colonnello Winkler), Johanna Hofer (Frau Hermann), Lotte Rausch (Helene), Gisela Trowe (prostituta), Eva-Ingeborg Scholz (Ursula Weber), Kurt Meister (Preefke).
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