DENTICE
Famiglia di musicisti napoletani di nobile origine, attivi tra il XVI ed il XVII secolo. Mentre sappiamo di sicuro che Luigi era il padre di Fabrizio, non e chiaro se Scipione sia stato nipote di Luigi, come è indicato in ProtaGiurleo o abbia appartenuto ad altro ramo della famiglia come è affermato nel New Grove. Non trova riscontro in fonti autorevoli la notizia secondo cui Fabrizio era lo zio di Scipione.
Luigi, nato a Napoli presumibilmente intorno agli anni 1510-1520, è noto essenzialmente per la sua attività di teorico musicale, espressa principalmente nel trattato Duodialoghi della musica, edito a Napoli nel 1552. Inserito nell'ambiente culturale della nobiltà napoletana, frequentò fra l'altro il palazzo del principe di Salerno, Ferrante Sanseverino. In una di queste occasioni prese parte nel 1545, alla commedia Gli ingannati insieme con il figlio Fabrizio. In proposito le cronache del tempo (riportate da B. Croce, pp. 45 s.) riferiscono che "Luigi Dentice, Antonio Mariconda, Scipione delle Palle fecero i servi, con grazia mirabile" e, ancora, che "la musica fu veramente celeste e massime perché il Dentice col suo Falsetto ed il Brancaccio col Basso ferno miracoli". Si ha notizia di un'altra rappresentazione nel 1547, Philenia, tenuta sempre nel palazzo napoletano del principe di Salerno. Luigi viene indicato come il probabile fondatore dell'Accademia dei Sereni (14 marzo 1546) e da una lettera di sir Thomas Challoner a lord Robert Dudley risulta che Enrico VIII "had. wanted Luigi Dentice in his service" (New Grove, V, p. 377). Non si conoscono altri particolari biografici; la data della morte si pone, secondo alcuni studiosi, non oltre il 1566 in quanto la presunta moglie Vincenza Caracciolo risulta in quel periodo vedova e tutrice dei figli minori. Tuttavia Luigi Dentice Di Frasso indica l'8 nov. 1578 come data della morte, riferendosi a dati reperiti all'Archivio di Stato di Napoli. Oltre ai Duo dialoghi della musica, Gennaro Grossi attribuisce al nobile napoletano un'altra opera teorica, La cura dei mali colla musica, senza indicazione di data. Le fonti sono assai povere per quanto riguarda eventuali composizioni musicali; un madrigale "lo piang'et ell'il volto" è contenuto in A. Barrè, Ilterzo libro delle Muse a quattro voci, stampato a Roma nel 1562 presso F. Rampazetto. G. Baini considera erroneamente Luigi autore del Miserere presente in manoscritto della Bibl. apost. Vaticana (Cappella Sistina 205 e 206) opera del figlio Fabrizio.
Il lavoro principale rimane comunque il trattato teorico Duo dialoghi della musica del signor Luigi Dentice gentil'huomo napolitano, Delli quali l'uno tratta della theorica, e l'altro della pratica: racolti da diversi autori greci, e latini, edito a Napoli nel 1552 presso Matteo Cancer. Altri studiosi citano soltanto l'edizione più nota del 1553, uscita a Roma nella tipografia di V. Lucrino. Dedicata a Giulio Cesare Brancaccio, l'opera è divisa in due parti e vede come protagonisti Paolo Soardo e G. Antonio Serone, i quali trattano questioni di teoria musicale, acustica e tecnica contrappuntistica. Il primo dialogo si snoda attraverso una conversazione filosofica che considera la tradizionale distinzione della musica in "mundana, humana et instrumentalis" e passa poi ad analizzare la divisione degli intervalli e il systema teleion dei greci, con l'ausilio di parecchi grafici esplicativi. R presente inoltre un'analisi dei toni ecclesiastici secondo le distinzioni boeziane. Nel secondo dialogo la tecnica del contrappunto viene messa in pratica sulle quattro voci principali e la relazione fra gli intervalli è costituita in base alle regole franconiane. In pratica, nel trattato non compaiono nuove teorie sulla musica ma, come dichiara lo stesso autore, il materiale dei secoli precedenti viene esaminato, rielaborato ed esposto in una forma più semplice, omogenea e soprattutto espresso in lingua italiana.
Il figlio Fabrizio, nato a Napoli verso il 1526, come afferma Florimo o alcuni anni più tardi, secondo altri (SchmidI, Bradshaw), trascorse il periodo giovanile nella città partenopea. In quel tempo si dedicò in particolare modo allo studio della musica ma coltivò anche un interesse per la letteratura ed il teatro. Nel 1545 partecipò con il padre alla rappresentazione de Gli ingannati, sostenendo la parte di Pasquella, nel palazzo napoletano di Ferrante Sanseverino, principe di Salerno. Fabrizio godé di una discreta fama per i tempi e ciò risulta da una serie di preziose testimonianze dell'epoca e più recenti.
Sir T. Challoner, nella lettera a lord Robert Dudley, riferisce che ebbe l'occasione di ascoltare il D. nel marzo del 1564 a Barcellona, mentre questi suonava il liuto e cantava (New Grove, V, p. 377). V. Galilei menziona il nobile napoletano nel suo Dialogo (p.138):"...a' tempi nostri sono stati e sono molti i sonatori eccellenti e di liuto e di tasti; ... e nel liuto un Fabrizio Dentice nobile Napoletano". Fabrizio era apprezzato dunque sia come esecutore sia come compositore, anche se le capacità strumentali gli procuravano maggiore fama e quindi l'opportunità di recarsi spesso all'estero.
Dal 1574 si ha notizia dei primi lavori (manoscritto conservato presso la Biblioteca Estense di Modena, collezione Mus. F. 311, Cl. spec.): si tratta del madrigale tEmpio cor cruda voglia", successivamente inserito nell'opera Aeri racolti di R. Rodio, edita a Napoli nel 1577, presso G. Cacchio. Negli anni seguenti Fabrizio incrementò sensibilmente la produzione: mottetti, madrigali, salmi nonché fantasie e ricercari per liuto venivano pubblicati in varie riprese in diverse città italiane tra il 1581 e la fine del secolo. Dopo aver trascorso un periodo a Roma, si trasferì a Parma al servizio dei Farnese. Qui svolse un'intensa attività come virtuoso, compositore ed insegnante, pubblicando nel contempo altri lavori; morì in seguito a malattia, intorno al 1601, presso la contessa di Sala, che lo curò nella propria casa.
Una testimonianza di quel periodo la offre, alcuni anni più tardi, Sigismondo d'India in una dedica a Ranuccio I Farnese del 1609; citando i migliori musicisti che furono al servizio della corte parmense, scrive: "...indubitata testimonianza ben ne possono far i Cipriani de Rore, i Fabritii Dentice, i Claudi da Correggio, et gli Horatii della Viola, huomini tutti che in questa facoltà arrivarono a segno di somma eccelenza ..." (Pelicelli, p. 54).
Fabrizio ha lasciato una interessante produzione di carattere sia sacro sia profano, prediligendo nel campo strumentale la letteratura per liuto. La sua scrittura è particolarmente brillante e non priva di soluzioni armoniche audaci, specie nelle Lamentazioni e nel falso bordone sul Miserere.
Tra le sue composizioni si ricordano: il già cit. "Enipio cor cruda voglia", contenuto in Canzoni, arie ... a voce sola ed a più voci con accompagnamento di liuto. Libro di Cosimo Bottegari fiorentino ... nel codice estense cit.; "Alii crudel stato mio" in P. Philips, MelodiaOlympica, Antwerpen 1591; Lamentationi di Fabricio Dentice a cinque voci... Aggiontovi li responsori, antiphone, Benedictus et Miserere, eredi di F. e S. Tini, Milano 1593 (solo le Lamentationi sono opera di Fabrizio mentre la rimanente parte è stata composta "da Auttore che hà voluto tacere il nome suo, per non mostrare di cercar gloria", come si legge nella dedica degli editori al "Molto Rev.do P.D. Gabriello Brocco") "Io conosco il mio errore" andato perduto: menzionato in T. Costo, Ilfuggilozio, Venezia 1600; diverse Fantasia con intavolatura per liuto (ff. 15, 16, 35b), in J. B. Besardus, Thesaurus harmonicus, Coloniae 1603; Miserere, in F. Severi, Salmi passaggiati, Roma 1615 (presente con altre composizioni di Fabrizio, nella Bibl. apost. Vaticana Cappella Sistina 205 e 206). Ad "flebilem vitam", in J.J. Genath, Nova musices organicae tabulatura, Basel 1617; un salmo a quattro voci, in M. Magnetta, Salmi della compieta, Napoli 1620; Miserere, in G. D. Viola, Delli responsori, Napoli 1622 (con abbellimenti di D. Coya); il Fétis attribuisce a Fabrizio alcuni mottetti a cinque voci, pubblicati a Venezia nel 1581, sotto il titolo di Madrigali spirituali e un libro di antifone a quattro voci edite nel 1586 sempre a Venezia, lavori di cui si è persa traccia. Il New Grove ricorda inoltre: quattro mottetti, (Münster, Bischöfliches Priesterseminar und Santini-Sammlung, 745), dieci opere sacre (cattedrale di Valladolid); diversi brani per liuto, nel Gemeentemuseum dell'Aia (cod. 28.B.39), e alcune fantasie e ricercari già segnalati a Berlino da Eitner, ora andati perduti.
Scipione, nato a Napoli presumibilmente il 19 genn. 1560, partecipò attivamente alla vita culturale e religiosa del suo tempo, sia in campo musicale sia nelle scienze filosofiche e matematiche. Pur non essendo certa la sua parentela diretta con Luigi e Fabrizio, come indicato in Prota Giurleo, è sicura l'appartenenza ad uno dei rami della famiglia Dentice. Studiò "cimbalo" e composizione sin da giovane ed in seguito fu probabilmente allievo di S. Felis, musicista pugliese, compositore di madrigali e mottetti, vissuto per un certo tempo a stretto contatto con l'accademia musicale di Carlo Gesualdo principe di Venosa. Nel Sesto libro de madrigali del Felis compare il madrigale "Amor, ch'è quel" di Scipione, che aveva allora circa trent'anni. In quello stesso periodo appare alle stampe il Primo libro de madrigali a cinque voci, dedicato ad Alfonso II d'Este, duca di Ferrara (Napoli, presso gli eredi di M. Cancer, 5 ag. 1591). Lo spagnolo S. Raval, nel maggio del 1593, dichiarò che alcuni suoi madrigali furono eseguiti da Scipione D., da Scipione Stella e da Luca Marenzio nel palazzo romano del cardinale Montalto (A. Peretti), presso il quale probabilmente Scipione rimase fino al 1595, componendo nel frattempo un libro di mottetti a cinque voci. L'anno successivo pubblicò il Secondo libro de madrigali a cinque voci, stampato questa volta a Venezia presso A. Gardano e dedicato a Margherita Somaglia Peretti. Egli viene indicato in questo periodo come membro della Camerata di propaganda per l'affinamento del gusto musicale, organizzazione culturale legata all'ambiente di Gesualdo da Venosa. Nel 1598 venne stampato a Napoli, presso G. I. Carlino e A. Pacz, il Terzo libro de madrigali a cinque voci, dedicato a Leonora d'Este, moglie di Gesualdo. Il quarto ed il quinto libro vennero editi, sempre a Napoli, rispettivamente nel 1602 nella tipografia di A. Pace e nel 1607 presso G. B. Sottile. Scipione, che nel frattempo aveva maturato delle scelte religiose, divenne canonico della cattedrale partenopea nel 1609; tra il 1610 e il 1622 entrò a far parte della Congregazione dell'oratorio filippino a Napoli, centro di grandi interessi culturali oltreché religiosi. Nel 1629 veniva edito, nella città campana, presso la tipografia di L. Scorriggio, il libro di Madrigali spirituali a cinque voci, dedicato al cardinale F. Boncompagni, arcivescovo di Napoli. Scipione morì tra il 1533 e l'aprile del 1535, nell'oratorio filippino, sua ultima dimora. Il secondo libro di Madrigali spirituali a cinque voci èpubblicato postumo da O. Beltrano a Napoli, nel 1640. La dedica di Erasmo di Bartolo dell'oratorio al cardinale F. Boncompagni contiene un breve ricordo dell'autore.
Sia nei madrigali sia nei mottetti, questi ultimi composti nel consueto stile imitativo, è possibile notare un andamento melismatico con la presenza di numerosi effetti cromatici, frequenti del resto anche nella produzione di Gesualdo. I ritmi sono generalmente vincolati ad uno schema preordinato dal quale Scipione raramente si discosta; una maggiore vivacità ritmica delle linee contrappuntistiche è presente invece nei madrigali spirituali del 1629. Nella produzione madrigalistica troviamo, fra i testi preferiti, quelli del Tasso, del Guarini e del Marino. Principali composizioni: "Tu che 'l passate", "Cantai un tempo" in R. Rodio, Aeri racolti, Napoli 1577; "Baci soavi e cari" in Id., Ilsecondo libro de madrigali, Venezia 1587 (poi in A. Costanzi, Primo libro de madrigali a quattro voci, Napoli 1604); "Amor, ch'è quel" in S. Felis, Sesto libro de madrigali, ibid. 1591; Primo libro de madrigali a cinque voci, Napoli 1591; Motectorum quinque vocibus liber primus, Roma 1594; Secondo libro de madrigali a cinque voci, Venezia 1596; Terzo libro de madrigali a cinque voci, Napoli 1598; "Alto principio", "Non veggio al mondo", "Del sol e d'ogni stelle", "Vorrei Vergine bella" in G. Ancina, Tempio armonico, Roma 1599; "Chi sta soggetto", "Vergine dolc'e pia" in G. Arascione, Nuove laudi ariose, Roma 1600; Quarto libro de madrigali a cinque voci, Napoli 1602; "Amari miei pensieri" in B. Bolognini Madrigali a cinque voci. Il primo libro, ibid. 1604; Quinto libro de madrigali a cinque voci, ibid. 1607; "Se candido colore" in C. Salzilli, Del secondo libro de madrigali a cinque voci, ibid. 1611; "Donna dir non volete", "Se perch'io resti", "Chi vuol liaver" in M. Magnetta, Nuova scelta di madrigali, ibid. 1615; "Vita mia, di te privo" in M. Albano, Il primo libro di canzoni, e madrigaletti, a tre, et a quattro voci, ibid. 1616; Madrigali spirituali a cinque voci, ibid. 1629; Madrigali spirituali a cinque voci... Libro secondo, ibid. 1640.
Fonti e Bibl.: V. Galilei, Dialogo della musica antica e moderna, Firenze 1581, p. 138 (per Fabrizio); S. Cerreto, Della prattica musica, vocale et strumentale, Napoli 1601, pp. 155, 158 (per Scipione); [G. B.] Martini, Storia della musica, I, Bologna 1757, p. 454 (per Luigi); B. Chioccarelli, De illustribus scriptoribus, Napoli 1780, p. 18 (per Luigi); G. B. Gennaro Grossi, Le belle arti dell'avv. G. B. Grossi, Napoli 1820, p. 15 (per Luigi); G. Baini, Memorie storico critiche della vita e delle opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, II, Roma 1828, p. 195 (per Luigi); C. Rosa di Villarosa, Mem. dei compositori di musica del Regno di Napoli, Napoli 1840, p. 67 (per Fabrizio); F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori, I, Napoli 1880, p. 67 (per Fabrizio); B. Croce, I teatri di Napoli, Napoli 1891, pp. 45 s. (per Luigi e Fabrizio); U. Prota Giurleo, La musica a Napoli nel Seicento, in Samnium, IV (1928), p. 73 (per Scipione); N. Pelicelli, Musicisti in Parma nei secc. XV-XVI, in Note d'archivio, IX (1932), pp. 51, 54, 121 s. (per Fabrizio); L. Dentice Di Frasso Storia di casa Dentice, Roma 1934, pp. 77 s., 107, 109; G. Pannain, L'oratorio dei Filippini e la scuola musicale di Napoli, V, Milano 1934, pp. 14, 16, 21, 24, 45 s. (per Luigi e Scipione); A. Einstein, The Italian madrigal, Princeton 1949, I, p. 116; II, pp. 479, 576, 612, 689, 855 (per Luigi e Scipione); C. Sartori, Bibliografia della musica strumentale ital., Firenze 1952, p. 233 (per Scipione); M. C. Bradshaw, Severi Francesco, "Salmi passaggiati" 1615, Madison 1981, pp. 8, 15 s. (per Fabrizio); A. Della Corte, Dentice Fabrizio, in Die Musik in Gesch. und Gegenwart, III, Kassel 1954, pp. 197 s.; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, II, pp. 469 s., 479 (per Fabrizio); R. Eitner, Quellen-Lex. der Musiker, III, pp. 177s.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 434; The new Grove Dictionary of music and musicians, V, pp. 377 s.; Bibliogr. della musica ital. vocale profana..., I, pp. 526-531.