dente
Ricorre frequentemente nella Commedia, due volte nel Convivio, una volta nelle Rime e una nel Fiore. In senso proprio, in Cv I VII 9 la natura particulare è obediente a la universale, quando fa trentadue denti a l'uomo, e non più né meno; in If XXI 138 ma prima avea ciascun [diavolo] la lingua stretta / coi denti; in Pg XXIV 28 Vidi [Ubaldino della Pila e Bonifazio dei Fieschi] per fame a vòto usar li denti (cfr. Ovid. Met. VIII 824-825 " petit ille [Eresitone] dapes sub imagine somni / oraque vana movet dentemque in dente fatigat ").
In altri esempi d., unito con verbi appropriati, rende immagini di violenza e di tortura; così in If VII 114 gli iracondi trovano sfogo alla loro ira e realizzano la loro punizione troncandosi co' denti a brano a brano, " quia saepe irati, deficientibus armis, se ferarum more dilacerant " (Benvenuto). Il Buti intende allegoricamente " l'offensione degli irosi essere in quattro modi... in quanto finge che si stracciavano coi denti, s'intende la specie dell'ira che procede da villania di bocca, o di sé o del prossimo " e, a causa della corrispondenza dei tormenti con la colpa, nota che " ancora è conveniente che nell'inferno straccinsi con li denti a pezzo a pezzo, come hanno stracciato nel mondo lo prossimo et ancora se medesimo "; così Filippo Argenti in sé medesmo si volvea co' denti (VIII 63), " sicut facit homo superbus quando non potest facere vindictam de iniuria quae fit sibi a potentiore " (Benvenuto). Il Sapegno, in proposito, concorda con la maggior parte dei commentatori sul significato materiale del " mordere sé stesso " di Filippo Argenti, ma non esclude che " potrebbe essere espressione metaforica, come nella novella [Dec. IX 8 23]... del Boccaccio (che evidentemente la riecheggia): ‛ era rimaso fieramente turbato e tutto in sé medesimo si rodea ' ".
In If XXXIII 77, Ugolino, dopo la rievocazione del suo dramma, con rinnovato furore riprese 'l teschio misero [dell'arcivescovo Ruggieri] co' denti, / che furo a l'osso, come d'un can, forti, " addentarono fortemente, furono forti nell'addentare " (Petrocchi). In XXVII 48 E 'l mastin vecchio e 'l nuovo da Verrucchio / ... là dove soglion fan d'i denti succhio, " cioè trivello o vero succhiello; cioè forano e divorano co' denti li Ariminesi " (Buti): Malatesta e Malatestino di Rimini, designati con una feroce deformazione del nome, per l'esercizio della loro crudele signoria, " sugunt, emungunt facultates hominum " (Benvenuto). In XXXIV 55 [Lucifero] Da ogne bocca dirompea co' denti / un peccatore, a guisa di maciulla: " Dice che Lucifero divorava e consumava da ogni bocca un peccatore, a guisa ch'uno strumento, detto maciulla, dirompe il lino " (Ottimo). V. anche Fiore CCX 10.
In CV I I 12 E però ad esso [convivio] non s'assetti alcuno male de' suoi organi disposto, però che né denti né lingua ha né palato metaforicamente s'intendono le possibilità intellettuali e morali di assimilare e gustare il ‛ cibo ' offerto.
In senso metaforico il termine ricorre in Rime CIII 32 ogni senso / co li denti d'Amor già mi manduca; la metafora torna con più forte rilievo in Pg VII 32 Quivi sto io [Virgilio] coi pargoli innocenti / dai denti morsi de la morte, " idest, crudeliter praeventi in tenera aetate a morte acerba " (Benvenuto).
Sempre in senso figurato, in Pd XXVI 51 Ma dì ancor se tu senti altre corde / tirarti verso lui, sì che tu suone / con quanti denti questo amor ti morde: s. Giovanni interroga D. sulla natura del suo amore verso Dio, ma al di là dei ‛ filosofici argomenti ' ricerca l'istanza sentimentale di questo amore, l'ardore dell'anima che sente, con veemenza quasi feroce, i morsi dell'amore divino. Al v. 55 D., nella sua risposta, riprende la stessa immagine: Tutti quei morsi / che posson far lo cor volgere a Dio / a la mia caritate son concorsi.
Cfr. ancora Pd VI 94 E quando il dente longobardo [" idest, saevitia Desiderii ", Benvenuto] morse / la Santa Chiesa.
In unione con verbi, d. forma locuzioni speciali: si ha così ‛ dibattere i d. ', come manifestazione fisica del terrore dei dannati, in If III 101 Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude, / cangiar colore e dibattero i denti, / ratto che 'nteser le parole crude; in XXXII 36 livide... / eran l'ombre dolenti ne la ghiaccia, / mettendo i denti in nota di cicogna, " cioè tremando a dente a dente, e percotendo li denti l'uno con l'altro come fa la cicogna, quando percuote lo becco di sotto con quel di sopra " (Buti); ‛ digrignare i d. ', detto del gesto minaccioso dei diavoli, in If XXI 131 non vedi tu ch'e' digrignan li denti, " more canum ad mordendum et devorandum praedam " (Benvenuto); ‛ ficcare i d. ', in If XXX 35 se l'altro non ti ficchi / li denti a dosso; ‛ metter, porre i d. ', vale " addentare ", riferito alle cagne, in If XIII 127 In quel che s'appiattò [Giacomo da Sant'Andrea] miser li denti; in XXXII 128 è riferito a Ugolino, che li denti a l'altro [Ruggieri] pose / là 've 'l cervel s'aggiugne con la nuca, dove è da notare che il gesto animalesco aderisce icasticamente all'uomo deformato in belva e che addenta il pasto proprio di una belva; ‛ mostrare i d. ' vale " assumere un atteggiamento minaccioso " da parte di chi non è disposto a tollerare prepotenze e soprusi, in Pd XVI 116 L'oltracotata schiatta [degli Adimari] che s'indraca / dietro a chi fugge, e a chi mostra 'l dente [" idest, resistenti et defendenti se aperte ", Benvenuto] / o ver la borsa, com'agnel si placa, / già venia sù; ‛ recarsi ai d. ' un cibo vale " portarlo alla bocca ", in Pd IV 3 Intra due cibi, distanti e moventi / d'un modo, prima si morria di fame, / che liber'omo l'un recasse ai denti; ‛ non trarre la voce ai d. ' esprime l'imbarazzo generato in D. dal rispetto verso Beatrice, sicché egli stenta a trovar parole e parla smozzicato: Pg XXXIII 27 Come a color che troppo reverenti / dinanzi a suo maggior parlando sono, / che non traggon la voce viva ai denti [" non vegnano con la voce fuora, sicché s'intenda ", Buti] / avvenne a me.