DENDERAH
In Alto Egitto, è una delle città egiziane che meglio conservano un vasto complesso di templi in gran parte risalenti alla stessa epoca. Il luogo, sacro dalla più antica storia egiziana alla dea Ḥatḥōr, deve aver avuto un suo tempio arcaico; ma successivamente deve essere stato distrutto e ricostruito. Frammenti architettonici varî lo indicano chiaramente. L'attuale complesso monumentale è però tutto di epoca tolemaica tarda e romana, ad eccezione di una cappella di Nectanebo che celebra la sua nascita divina da Ḥatḥōr e da Ammone. È un piccolo edificio periptero, le cui colonne sono riunite in basso da un muro a cortina, buon esempio di architettura saita. Il gran tempio, edificato sotto gli ultimi Tolomei, offre una pianta un po' diversa dalle consuete: dalla facciata, in cui si apre il portale, si penetra subito in una ipostila quadrata, su ognuno dei cui lati si aprono tre camere magazzino. Due vestiboli, uno dietro l'altro, precedono il sacrario vero e proprio, attorno al quale corre un corridoio su cui si aprono vani appoggiati al muro perimetrale. Lo scarso sviluppo dell'ipostila e la mancanza di un cortile sono gli elementi irregolari. Sotto Tiberio, alla facciata originaria fu addossato un maestoso portico di sei colonne di fronte per una profondità di quattro, chiuso ai lati da muri che raggiungono il tetto, mentre le colonne anteriori sono unite in basso con muri a cortina, che lasciano un passaggio soltanto nel centro. Il portico ha, in certo modo, con il suo elevarsi oltre l'altezza del tempio, la funzione di un pilone - di cui l'edificio era originariamente privo. Fra le particolarità costruttive è da ricordare l'uso delle colonne il cui capitello è ornato con teste hathoriche e che assumono l'aspetto di sistri stilizzati, e la grande importanza che assumono le cripte, dalle imboccature accuratamente nascoste sotto blocchi decorati, e che son praticate fin nel muro perimetrale. La decorazione è estremamente ricca e minuziosa. Lunghe iscrizioni e scene di culto coprono tutto lo spazio a disposizione, con uno stile però assai più freddo che non nei migliori esempî tolemaici. C'è già un presentimento del modo di scolpire impacciato e pesante che sarà della decadenza egiziana. Presso il tempio principale sorge una cappella di Augusto che, come quella di Nectanebo, celebra la nascita di un divino infante regale. La decorazione è dell'epoca di Traiano e Adriano. Pure ad Augusto risale un tempio, detto di Iside, ma in realtà consacrato a Horus di Edfù, che offre un modello semplicissimo di pianta, in cui il sacrario è affiancato da due camerette laterali e chiuso davanti da un corridoio frontale, creando così la forma più semplice che si possa immaginare di santuario egiziano. Oltre questi, sono a D. i resti di almeno altri due templi in rovina, datati anch'essi al periodo fra Augusto e Marco Aurelio.
Bibl.: J. Duemichen, Zur Baugeschichte des Denderahtempels, Strasburgo 1877; W. M. Fl. Petrie e altri, Dendereh 1898, Londra 1900; É. Chassinat, Le Temple de D., voll. 4, Il Cairo 1924-35; F. Daumas, La structure du mammisi de Nectanebo à Dendera, in Bull. Inst. Franc. Arch. Orient., L, 1952, pp. 133-155; id., Le sanatorium de Dendera, ibidem, LVI, 1957, pp. 35-57.