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democrazia

Lessico del XXI Secolo (2012)
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democrazia


democrazìa s. f. – L’ultimo decennio del 20° sec., dopo il crollo del muro di Berlino (1989) e la caduta del comunismo sovietico (1991), era stato contrassegnato dai dibattiti sul modello di d. che sarebbe andato affermandosi in un mondo non più dominato dal confronto fra il modello sovietico e quello americano. I modelli liberaldemocratici, basati sull’economia di mercato e su forme di neoliberismo economico, che tendono a ridurre l’area di intervento dello Stato privilegiando forme di autonomia e autoregolamentazione del mercato (tali erano stati gli indirizzi delle politiche economiche di Margaret Thatcher e di Ronald Reagan) si confrontavano con modelli socialdemocratici, che ritengono prioritario, per arginare la sperequazione della ricchezza, il ruolo sociale dello Stato, garante dell’eguaglianza sostanziale mediante interventi ridistributivi (welfare state). La tensione fra eguaglianza e mercato può tradursi in un’iniqua distribuzione delle opportunità di vita, in cui il profitto e la ricchezza si realizzano a discapito di valori sociali di solidarietà, equità, eguaglianza, libertà, originando da un lato il consolidarsi di oligarchie plutocratiche e di ricchezze sovrastatali (ossia non allocate direttamente negli stati sovrani, come nel caso delle multinazionali e della grande finanza, ma che tendono a influenzarli) e dall’altro un’estendersi della povertà, mediante il progressivo impoverimento dei ceti medi, portando a situazioni di conflitto sociale. Temi questi assimilati anche da varianti ‘etiche’ del liberalismo, quali quella proposta da Ronald Dworkin, che rilanciando il problema di ripensare entro categorie rinnovate il modello liberaldemocratico della società libera e aperta, integrandovi il welfare, e ricalibrando il ruolo normativo dello Stato nei confronti del mercato, ha proposto di distinguere fra d. maggioritaria, espressione della maggioranza, e d. ‘partecipativa’, in cui, invece, si tiene conto costantemente degli interessi di ogni cittadino, senza che le minoranze risultino schiacciate (R. Dworkin, Is democracy possible here? Principles for a new political debate, 2006; trad.it. 2007). In riferimento ai problemi che possono sorgere dall’interno stesso delle forme della d., svuotandola e snaturandola in senso esasperatamente neoliberista, Colin Crouch ha introdotto la nozione di ‘postdemocrazia’, ossia la possibilità che oligarchie capitalistiche, ma anche burocrati, tecnocrati, lobby e media, possano assumere un ruolo soverchiante nella politica (C. Crouch, Post-democracy, 2000; trad. it., 2003). Nell’elaborazione teorico-politica si è parlato, dopo il 2000, di d. ‘a venire’, secondo le tesi di Jacques Derrida, centrata non su un’identità ma su una costitutiva apertura alla differenza, alla contingenza, all’incontro con l’altro (singolo o collettivo); si è altresì proposto il concetto di una d. ‘insorgente’ o ‘agonistica’, ossia intesa come sistema entro il quale si creano antagonismi e conflitti, e quindi sempre volta al superamento della stasi della rappresentatività anche mediante l’insurrezione; temi ripresi, più o meno sistematicamente, da parte di diversi movimenti sociali che hanno svolto anche azioni di protesta violenta. Tuttavia, al di là dei modelli teorici e istituzionali, al giro di boa del nuovo millennio alcuni avvenimenti hanno influito decisivamente sulle nuove forme e i nuovi temi della democrazia. Gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 hanno esteso su scala globale una situazione di guerra terroristica permanente, ponendo al centro dell’azione degli stati il tema della sicurezza, e motivando politiche di polizia e di controllo invasive nei confronti dei diritti e delle libertà personali, in partic. in merito all’uso dei dati personali. Le iniziative di guerra preventiva e di difesa della d., da parte degli Stati Uniti, condotte mediante attacchi e sanzioni contro gli ‘stati canaglia’ accusati di ospitare basi e strutture delle reti terroristiche, hanno avviato dibattiti sulla possibilità di ‘esportare’ o di ‘imporre’ la d. intesa come modello unico tendenzialmente planetario e sulla possibilità di determinarne l’insediamento mediante l’azione bellica di altri stati. La crescente globalizzazione e il pluralismo delle culture presenti nei diversi stati, difficilmente riconducibili a modelli condivisi di d., e basate su valori identitari, di appartenenza sociale e religiosa profondamente diversi, hanno originato non solo riflessioni sul piano della consapevolezza della regionalità e della territorialità della politica, ma anche forme di rifiuto dell’integrazione e dell’emigrazione, con un’esasperazione di temi identitari e nazionalistici. La grande crisi finanziaria mondiale del 2007, e la recessione del 2008 e del 2009, iniziata dai mutui subprime statunitensi e poi estesasi alla finanza e all’economia reale, hanno posto l’esigenza di meccanismi di controllo democratico del capitalismo mondiale, in cui si ricalibri il rapporto fra politica, finanza, economia e sovranità. Nel più ampio quadro dei processi internazionali si parla di d. ‘globale’, ossia del progetto di una sistematica diffusione planetaria dei diritti umani: vita, salute, indipendenza sociale e politica, sviluppo pacifico della personalità in un contesto vitale liberamente scelto (L. Pellicani, Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, VII app., 2007). Tale programma si scontra tuttavia con realtà profondamente diverse sul piano dello sviluppo economico-sociale e dei diritti umani, e pone il tema di una possibile strategia universalistica che abbia per oggetto la difesa dei diritti; in tale prospettiva si confrontano ipotesi di un diritto mondiale cosmopolitico, inerente alle singole persone e deterritorializzato, ma che dovrebbe essere sostenuto da organismi di controllo mondiali. Tale impostazione, che proietta su scala mondiale il modello delle democrazie europee e occidentali, a base giuridico-statale, procedurali e pluralistiche, si scontra con altre tradizioni e forme politiche, per es. culture cinesi, indiane, portatrici degli asian values (A. Sen, La democrazia degli altri. Perché la libertà non è un’invenzione dell’Occidente, 2005), che la d. globale dovrebbe riconoscere e valorizzare, integrando concetti e istituti differenti, ma a essa funzionalmente assimilabili (C. Galli, XXI secolo, 2009). Sul piano dell’azione concreta, sulla scena internazionale, la d. si realizza in primo luogo come lotta per l’affermazione dei diritti umani, minacciati da dittature e da conflitti a livello di singoli o di gruppi, anche mediante la mobilitazione della ‘società civile globale’, un insieme di controforze transnazionali, di individui, di organizzazioni non governative, di gruppi di attivisti (tra i quali i movimenti no global, protagonisti dei forum sociali mondiali, fra cui quello di Seattle del 1999, in occasione della riunione della World trade organisation, e quello di Porto Alegre del 2003), che sviluppano la loro azione grazie all’uso di Internet, della blogsfera, dei social-network. Le tesi di Michael Hardt e Antonio Negri (Empire, 2000; trad. it. 2001) che identificano una ‘moltitudine’ non più ricondotta alla ‘classe’ o al ‘popolo’ ma alle diverse forme della produzione biopolitica del ‘comune’, ossia della vita relazionale globale socialmente prodotta, insistono sul superamento delle forme rappresentative della d. tradizionale, a favore di pratiche di lotta dei movimenti no global. Alle tesi sulla d. ‘deliberativa’, intesa come cittadinanza attiva in grado di subentrare alle istituzioni rappresentative per gestire in prima persona la politica, informandosi e decidendo, sorte nel diverso contesto del 20° sec., fanno attualmente da contraltare nuove istanze basate sulla possibilità di partecipare mediante le risorse tecnologiche alla democrazia. La e-democracy (d. elettronica), supera e ridisegna i modi tradizionali della comunicazione, dell’informazione, dell’appartenenza, mediante la partecipazione attiva degli utenti della blogsfera e del social-networking, che modificano le pratiche politiche tradizionali e influiscono sui risultati elettorali (nelle elezioni amministrative italiane del 2012 si è avuta l’affermazione del movimento Cinque stelle sorto dall’attività di alcuni blog). La possibilità di una partecipazione costante degli elettori, mediante le tecnologie dell’informazione (e-participation), ha portato a parlare di d. ‘continua’, superamento delle intermittenze della d. rappresentativa, in cui il coinvolgimento dei cittadini è sancito da precise scadenze elettorali, mediante la possibilità di un intervento continuo e in tempo reale (S. Rodotà, Tecnopolitica, la democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, 2004, ed. riveduta e accresciuta; id., Dieci tesi sulla democrazia continua, in D. de Kerckhove, A. Tursi (a cura di ), Dopo la democrazia? Il potere e la sfera pubblica nell’epoca delle reti, 2006). Nel momento in cui le risorse tecnologiche consentono nuove forme di partecipazione, che da un lato si affiancano e rinnovano la tradizionale presenza sul territorio (ove si impongono candidati e movimenti che si fanno conoscere mediante la ‘rete’), dall’altro interagiscono e determinano i contenuti dei mass media più tradizionali (televisione, radio, stampa), emerge con sempre maggiore urgenza la crisi della rappresentatività dei partiti politici tradizionali, diventati sempre più simili a ‘comitati elettorali’ permanenti, come è stato detto (S. Rodotà). Tale tema, in Italia, è ulteriormente aggravato dagli scandali che hanno riguardato l’appropriazione personale e l’uso privatistico delle risorse pubbliche elargite mediante i rimborsi elettorali (l. n. 515 del 10 dicembre 1993), che hanno riguardato diverse formazioni politiche. Il tema del finanziamento pubblico dei partiti, inteso come garanzia democratica contro l’ipotesi di una politica altrimenti consegnata unicamente nelle mani di chi dispone di grandi risorse di capitale, in grado di garantire comunicazione e visibilità, si scontra con un vasto movimento di opinione che, come nel caso del referendum per l’abrogazione del finanziamento seguito alle inchieste di Tangentopoli e alla fine della prima Repubblica (aprile 1993), ritiene superati e comunque non rappresentativi i partiti e le organizzazioni politiche, ponendo il problema di nuove forme di partecipazione democratica.

Vocabolario
non-democrazia
non-democrazia (non democrazia), s. f. La contraddizione, l’antitesi della democrazia, di un sistema politico democratico. ◆ «Che razza di democrazia è una democrazia dove la minoranza conta più della maggioranza e dove, contando più della...
democrazìa
democrazia democrazìa s. f. [dal gr. δημοκρατία, comp. di δῆμος «popolo» e -κρατία «-crazia»]. – 1. a. Forma di governo in cui il potere risiede nel popolo, che esercita la sua sovranità attraverso istituti politici diversi; in partic.,...
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