PAERNIO, Demetrio Giacomo
PAERNIO, Demetrio Giacomo. – Nacque a Genova il 19 agosto 1851, da Enrico e da Marietta Gazzo.
Studiò all’Accademia ligustica di belle arti, dove fu allievo di Giuseppe Isola e Santo Varni (Imperiali, 1914, p. 138). Al pari di Varni e dei suoi allievi, come Giacomo Moreno e Lorenzo Orengo, fu uno dei protagonisti del cosiddetto realismo borghese che caratterizza la ritrattistica funebre delle tombe nel cimitero monumentale di Staglieno a Genova (ove si conservano le opere citate se non diversamente indicato).
Nel 1866 partecipò all’esposizione della Società promotrice di belle arti di Genova, con il medaglione in marmo Profilo di Garibaldi (lavoro disperso, come tutti quelli presentati alle Promotrici). Nello stesso anno interruppe gli studi per combattere nella terza guerra di indipendenza, come volontario, nelle file dei garibaldini. Dopo essere tornato per pochi mesi a frequentare l’Accademia che lo aveva formato, nel 1867 seguì ancora Garibaldi nella campagna dell’Agro Romano e a Mentana. Per tre anni fu impegnato nel servizio militare a Perugia, dove frequentò contemporaneamente la locale Accademia (che in seguito lo nominò accademico di merito per la scultura); successivamente riprese e portò a termine gli studi presso l’Accademia ligustica (Imperiali, 1914, pp. 138-140, 144). Nel 1871 partecipò, nella sala dedicata a questa istituzione, alla mostra della Società promotrice di Genova; alla stessa manifestazione, nel 1874, espose due oli, intitolati Lo sbadiglio e Il mio gamellino, e tre terrecotte, due delle quali traducevano con diversa tecnica (ma avendo lo stesso titolo) questi oli. Intorno al 1875 collaborò con il più anziano Giovanni Battista Cevasco, ancora legato al linguaggio neoclassico e romantico (Sborgi, 1989, p. 484). Nel 1875 espose alla Promotrice genovese alcune opere fra le quali i due gessi Ritratto del maestro Verdi e Amore sulle spine, che, come indicato nel catalogo, su richiesta del pubblico, era disposto a tradurre in marmo (l’anno seguente, nel corso della medesima esposizione, Amore sulle spine venne effettivamente presentata in marmo). Nel 1877 e nel 1878, anno in cui realizzò la Tomba Massoleni (galleria superiore, nicchione XV), partecipò ancora alla Promotrice, come poi nel 1884, 1886, 1887, 1892, 1893, 1900, 1907.
Il 14 dicembre 1878 si sposò, a Genova, con Giuseppa Maddalena Pontigia.
Nel 1881 presentò il busto in bronzo A Gavinana all’Esposizione nazionale di Belle arti di Milano (Imperiale, 1914, p. 142) e terminò la statua del penalista Luigi Priario (gallerie inferiori, nicchione XXVII), ritratto nell’atto di pronunciare un’arringa; ritrasse poi la vedova Priario, Anna Lodola, committente dell’opera, in meditazione sui gradini della tomba (Resasco, 1892, p. 278). Nel 1882 eseguì la Tomba Enrichetta Dall’Orso (ingresso laterale, arcata LXIV) e nel 1884, alla mostra della Società promotrice di Torino (dove fu presente anche nel 1885, 1891 e 1893), espose il marmo Dopo il delitto e il gesso Generale Garibaldi, da eseguire, eventualmente,in marmo o in bronzo. Nel 1886 fu incaricato di realizzare la Tomba Montebruno (galleria inferiore a nord, nicchione XCIX), raffigurante un angelo che porta il figlio del defunto, morto infante, a spargere fiori sulla tomba del padre (Resasco, 1892, p. 278).
Come molti scultori contemporanei, Paernio rappresentò il tema della morte come una manifestazione di cordoglio sociale, alla quale si è tenuti a partecipare, con composta devozione, insieme al proprio nucleo familiare (Sborgi, 1989, p. 371); l’espressione artistica diviene dunque manifestazione tesa a insegnare all’osservatore, fin da bambino, la ritualità di un comportamento esemplare.
Dopo il 1886, per circa due anni, lavorò a un Crocifisso in marmo, di dimensioni leggermente superiori al vero, destinato alla cappella del banchiere Rodolfo Hofer (boschetto irregolare), edificata su progetto dello stesso Paernio. Nella scultura, improntata a un forte naturalismo, sono messe in evidenza le deformazioni della muscolatura del corpo di Cristo causate dalla posizione sospesa, indugiando, con minuzia descrittiva, su numerosi particolari (come i chiodi conficcati nelle mani) tesi a porre l’accento sulla sofferenza umana del Salvatore. Dagli scritti della critica del tempo (Resasco, 1892, pp. 273-277) si apprende che Paernio, seguendo la classica pratica appresa all’Accademia, era solito recarsi presso il teatro anatomico della sua città per osservare, con accuratezza di scienziato, il progressivo degradarsi dei corpi; a tale pratica univa l’impiego, talvolta, di modelli dal vivo.
Il 3 giugno 1886, all’Università di Genova, venne presentato al pubblico il busto in bronzo di Giuseppe Garibaldi, commissionato allo scultore dal corpo accademico della città (Goffredo Mameli..., 1902). Nello stesso anno terminò il busto-ritratto del Principe Placido Imperiale donato al Comune di Poggio Imperiale (Foggia) dai nipoti dell’effigiato e collocato nella piazza del paese.
Nel 1887 eseguì la Tomba Strini (galleria inferiore, n. 1185). Nel 1893 scolpì la Tomba Uziel e portò a termine la Tomba Stefano Castagnola (porticato inferiore nord est,arcataCVII). Allo stesso anno risale il bronzo Mio fratello d’Africa. Testa di moro (Genova, Galleria d’arte moderna). Nel 1895 realizzò le tombe della cantante Elena Rosa Penco (Milano, cimitero Monumentale) e quelle di Melania Casella e Cesare Parodi (Sborgi, 1997, p. 406). Nel 1896 fu artefice della Tomba Nicola Currò (ingresso laterale, arcata LXV), dove sono evidenti influenze simboliste e tardo preraffaellite in particolare nelle figure allungate degli angeli (Sborgi, 1989, p. 484). Un imponente neomichelangiolismo, quasi abnorme nella resa delle masse anatomiche, unito alla consueta, minuziosa, cura dei particolari, domina invece nella Tomba Carlo Celesia (1899); tentativo di distaccarsi dal consueto, sperimentato, modello formale, in conformità ai voleri della committenza borghese cui faceva costante riferimento (Imperiali, 1914, p. 141).
A partire dai primi anni del XX secolo il linguaggio di Paernio sembra farsi meno descrittivo per giungere a una resa più sintetica e di preminente valenza simbolica delle superfici. Risalgono a questo periodo le Tombe Bonifacio Giuseppina e Serra Quartara (entrambe 1900), Enrico Baghino e Magni (entrambe 1901), Bianca Croce in Maine (1902), Fregaro (o Fregario) (1903), Freccia (1904) – un piccolo mausoleo in stile eclettico con prevalenze romanico-gotiche – Angelo Maino e Giovanna Zerega in Baciocco (entrambe 1906), Michelangelo Cambiaso e Stefano Olivari (entrambe 1908), Mannu Sauli (1910).
Dall’antico tema iconografico del Compianto (Sborgi, 1997, p. 192) trae ispirazione la Tomba Appiani, firmata e datata 1910 (prima galleria frontale, nicchione XV). Attraverso la dimensione in scala quasi naturale delle figure, come in un tableau vivant, l’artista mette in atto una sorta di rappresentazione scenica del trapasso,valendosi di una serie di artifizi stilistici – i particolari del piede, della veste e dei capelli della donna riversa a terra posti in forte sporgenza, quasi a invadere lo spazio ove si trova lo spettatore – per creare un coinvolgimento emotivo che annulla la distanza tra spazio scenico e spazio reale.
Nel 1913 eseguì la Tomba Alfonsina Scoti e, l’anno seguente, la Tomba G.B. Lavarello, progettata dall’ingegnere Giuseppe Predasso. In questa sua ultima opera, la figura di una donna nuda, ritratta in meditazione davanti a un teschio posato su una croce, assurge a sintesi dei diversi stimoli artistici cui Paernio aveva guardato nel corso della sua prolifica carriera: essenziale e geometrizzata nelle linee pure e nei volumi ma non priva di particolari minutamente descritti, quali le pieghe della pelle sul tallone e sulle falangi.
Fra i lavori di Paernio si ricordano inoltre i ritratti di Garibaldi (ripr. in Imperiali, 1914, p. 141) e di Mazzini, entrambi in palazzo Tursi a Genova (Sborgi, 1989, p. 484), equello in bronzo di Antonio Ceci nella Pinacoteca civica di Ascoli Piceno .
Morì a Genova il 20 agosto 1914.
Fonti e Bibl.: Genova, Archivio storico di stato civile, Leve dal 1814 al 1865; Ibid., Banca dati Archea - Stag; F. Resasco, La necropoli di Staglieno…, Genova 1892, pp. 34, 36, 38-40, 44, 47 s., 273-279, 283; Goffredo Mameli. Scritti editi e inediti, a cura di A.G. Barrili, Genova 1902, p. 321; F. Resasco, Staglieno. Camposanto, Milano 1904, pp. 21, 23, 25, 27, 30 s., 52, 64 s., 88, 121 s., 269, 275, 282, 286; A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italianiviventi, Firenze 1906, pp. 340 s.; C. Imperiali, D. P., in LaLiguria illustrata, II (1914), 3, pp. 138-144; Cimitero di Staglieno, Genova 1986, pp. 19, 21, 29, 32; F. Sborgi, in La scultura a Genova e in Liguria. Dal Seicento al primo Novecento, II, Genova 1989, pp. 484 s. (con bibl.); V. Vicario, Gli scultori italiani dal neoclassicismo al liberty, II, Lodi 1994, pp. 773; F. Sborgi, Staglieno e la scultura funeraria ligure tra Ottocento e Novecento, Torino 1997, pp. 99, 192, 322, 406 e ad ind.; A. Panzetta, Nuovo Dizionario degli scultori italiani dell’Ottocento e del primo Novecento, II, Torino 2003, p. 674; M.F. Giubilei, Galleria d’arte moderna di Genova. Repertorio generale delle opere, II, Firenze 2004, pp. 626, 880; Dizionario degli artisti liguri, a cura di G. Beringheli, Genova 2006 (con bibl.), p. 255.