DELLA TORRE, Corrado, detto Mosca
Figlio di Napoleone, detto Napo, signore di Milano e di Margherita Del Balzo, nacque probabilmente a Milano nella prima metà del sec. XIII, in data a noi sconosciuta. Fu podestà di Mantova, che nel sec. XIII era dominata dal partito guelfo, ma le fonti non sono precise sulla data dell'incarico.
Secondo il Litta e l'Argegni il D. venne nominato nel 1266 e nel 1268; egli non accettò il secondo incarico a causa della difficile situazione venutasi a creare in città per le rivalità tra Casaloldi e Bonacolsi. Negli Annales Mantuani, invece, si legge che il D. fu podestà di Mantova nel 1268 e che nell'agosto di quell'anno, in seguito all'inasprirsi della lotta tra le fazioni cittadine, egli si allontanò per circa due settimane, lasciando un proprio vicario; prima della scadenza del suo mandato, poi, avrebbe preferito dimettersi con tutti i propri ufficiali, e il suo posto fu preso da Matteo da Correggio. Lo Stokvis infine indica due mandati podestarili del D. datandoli rispettivamente al 1268 e al 1269.Il D. partecipò alla battaglia di Desio del 21 genn. 1277, nella quale i Torriani furono sconfitti dai Visconti. Insieme con il padre Napo, lo zio Caverna e i cugini Erecco, Guido e Lombardo, fu consegnato ai Comaschi, guidati da Simone da Locarno, antico e acerrimo nemico dei Della Torre, in particolare di Napo, e rinchiuso in una delle tre gabbie appositamente preparate nel castello di Baradello, presso Como. Soltanto il D., Guido ed Erecco sopravvissero alla crudele prigionia (sbaglia l'Azario, che indica il D. morto durante la detenzione nel Baradello). Guido riuscì a fuggire nell'ottobre del 1284, mentre il D. ed Erecco furono liberati due mesi più tardi quando a Como la fazione dei Rusca, nemica dei Visconti e alleata del marchese di Monferrato, prevalse su quella dei da Locarno e la carica di podestà fu occupata da Guido Castiglioni, di cui entrambi erano nipoti: sembra che la liberazione dei due cugini fosse facilitata dal prestito disposto in favore del Comune comasco da Raimondo Della Torre, patriarca di Aquileia e fratello del padre del D., Napo.
Una volta liberati, i due cugini resero grazie al Comune davanti al Consiglio e giurarono di conservare eterna inimicizia verso l'arcivescovo di Milano, Ottone Visconti, e verso il vescovo di Como. Il D. si rifugiò in Friuli, come altri esponenti della sua famiglia, dove forse partecipò alla difesa di Trieste assediata dai Veneziani tra il 1284 e il 1285 (la notizia e riportata dal Paschini, che però indica il D. come fratello di Raimondo, mentre ne era il nipote); ma ben presto ritornò in Lombardia per unirsi a Guglielmo VII marchese di Monferrato che conduceva una politica antiviscontea. Con la pace di Lomazzo, raggiunta nel 1286, venivano restituiti ai Torriani i beni confiscati dopo Desio, ma continuava ad essere proibito loro il ritorno a Milano. Il D. fu dunque costretto a rientrare in Friuli e l'anno successivo si vide confiscare di nuovo le terre da parte dei Visconti, dietro il pretesto di una congiura torriana.
Nel 1289 riprese la guerra tra il marchese del Monferrato e i Visconti e nel 1290 il D., insieme con Erecco ed altri proscritti, si unì a Pavia all'esercito del marchese (che si spinse fino al monastero di Morimondo) e prese parte alla guerra contro gli Astigiani. Questi ultimi sobillarono gli Alessandrini contro il Monferrato, tanto che, non appena il marchese entrò in città, fu fatto prigioniero e rinchiuso in una gabbia, dove morì dopo poco più di un anno.
Fallito anche questo nuovo tentativo di abbattere i Visconti, il D. fece di nuovo ritorno in Friuli, dove fu nominato dallo zio podestà di Trieste, gli fu assegnato il marchesato d'Istria (Battistella) e divenne cittadino di Cividale. Fu proprio in questa città che nel 1299, malato gravemente, fece testamento; guarì poco prima della morte dello zio Raimondo, del quale, come si è visto, aveva ricevuto non solo la protezione, ma aveva goduto anche la fiducia.
Intanto la situazione in Lombardia sembrava offrire ai Della Torre una nuova occasione per cacciare i Visconti: nel 1294 Crema e Lodi si erano rifiutate di riconoscere il potere di Matteo e nel 1299 il nuovo marchese di Monferrato, Giovanni, si pose a capo di una lega antiviscontea. I contrasti, però, si appianarono rapidamente e ancora una volta si rivelò inutile la discesa del D. dal Friuli alla Lombardia. Soltanto nel 1302 la situazione cambiò in modo deciso a favore dei Della Torre.
Il governo visconteo a Milano aveva suscitato in città e in Lombardia non poche opposizioni. All'inizio del 1302 era a capo della fazione antiviscontea Alberto Scotti di Piacenza, il quale aveva promosso la conclusione di una lega comprendente, oltre al marchese del Monferrato le città di Crema, Cremona, Piacenza, Lodi, Pavia, Novara, Vercelli. Nello stesso tempo, a Como, Corrado Rusca, dietro sollecitazione della suocera Antiochia Crivelli, che chiedeva aiuto per il marito Pietro Visconti incarcerato per aver congiurato contro Matteo e Galeazzo, aveva ottenuto l'appoggio di molti concittadini. Con loro mosse nel marzo in armi contro Milano, mentre Alberto Scotti ed i suoi alleati giungevano a Lodi e a Lavagna sulla Muzza, non lontano da Cassano, e costringevano Matteo Visconti, che aveva perduto Monza, ad arrendersi. I vincitori erano d'accordo nell'abbattere il governo visconteo, ma non riuscivano a trovare una linea d'intesa nella direzione della vita politica cittadina. Così, Pietro Visconti si opponeva al ritorno dei Della Torre a Milano, ma un consiglio presieduto da Alberto Scotti decise in senso favorevole a questi. Inoltre Bernardo Scotti venne nominato podestà per il secondo semestre del 1302, ma fu allontanato poco dopo dalla carica dietro pressioni del partito torriano. Alberto Scotti decise allora di stringere alleanza con Matteo Visconti che era stato esiliato, aprendo così nuovi dissidi all'interno del partito vincitore. In questa situazione i Torriani rientrarono in città e tra i primi vi furono il D., Errico, Guido, Martino e Napoleone detto Napino, figlio dello stesso D., entrambi questi ultimi canonici di Aquileia. A tutti vennero restituite le proprietà confiscate e venne versata, un'indennità per quelle che erano state vendute. In particolare, al D. venne assegnata anche la terra di Bregnano, già di proprietà viscontea.
Nel gennaio 1305 il D. e Guido vennero chiamati da Tortona per stabilire i termini della pace tra la fazione ghibellina, che governava la città ed era alleata di Matteo Visconti, e quella guelfa, che cercava di dominare nel Comune e che anche in precedenza si era rivolta a Milano. Nella chiesa di S. Stefano a Milano la pace venne solennemente stabilita alla presenza dei due Della Torre: si prevedeva lo scambio dei prigionieri, il rientro dei guelfi esiliati e la restituzione delle terre loro confiscate. Nel febbraio il D., Guido ed altri milanesi si recarono a Tortona per confermare l'accordo e per ribadire i legami instaurati tra il partito torriano e la cittadina piemontese, che intervenne poi a favore di quest'ultimo nella lotta contro i Visconti. Nello stesso anno il D. partecipò alla guerra contro Matteo che si trovava a Brescia, da dove intendeva appoggiare la fazione dei Suardi, ghibellini, che, cacciati da Bergamo, tentavano di rientrare in città. Insieme con altri guelfi e con il podestà di Milano, Federico Ponzoni, il D. mosse il 21 agosto verso Crescenzago, Cassano e Codogno ed entrò nel Bresciano, costringendo il Visconti ad abbandonare la partita il 12 sett. 1305 e a ritirarsi a Peschiera del Garda; poi strinse d'assedio Castel Martinengo, senza però riuscire ad impossessarsene.
Nel 1307 fu nominato podestà di Bergamo, e mentre ricopriva questa carica, si spensea Milano il 24 ottobre dello stesso anno dopo una lunga malattia. Fu sepolto nella chiesa di S. Francesco.
Il D. ebbe due mogli: la prima fu Valentina, figlia di Pietro Visconti, avversario di Matteo; la seconda fu Allegranza di Guidone da Rho, che morì ad Aquileia nel 1300 e fu sepolta nella basilica cittadina. Da lei ebbe sei figli: Pagano, senatore di Roma, Cassone, arcivescovo di Milano e poi patriarca di Aquileia, Adoardo o Edoardo, Florimonte detto Moschino, Rinaldo e Napoleone il giovane detto Napino.
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