DELLA SCALA
. Famiglia che ebbe la signoria di Verona ufficialmente dal 1277 (v. della scala, mastino 1) al 1387 e si estinse in Germania nel sec. XVI. La sua origine e la genealogia anteriore alla signoria è oscurissima e diede così occasione e alle malignità di contemporanei, come il Villani, e alla fantasia di eruditi posteriori che la dissero di origine tedesca. Erano invece già nel sec. XI a Verona, e di nazione romana, come è detto in un documento del 1180 di un Arduinus de Scala. Ebbero parte nel primo comune (troviamo infatti che un Balduino è console nel 1147), e fin dal sec. XII ebbero in feudo numerose terre in Valpolicella. La famiglia, nella prima metà del sec. XIII, ebbe parte nel moto dei Monticoli e Quattroventi contro i Conti di Verona, e sostenne Ezzelino da Romano; ma alcuni membri di essa, Ongarello e Bonaventura nel 1246, e Federico e Bonifacio nel 1257, vennero giustiziati come traditori. La fiducia di Ezzelino rimase invece a un altro ramo, perché Mastino della Scala era podestà di Verona nel 1259. Non è possibile però sicuramente stabilire i legami fra i varî membri di questa famiglia e il ramo che ebbe la signoria e che sembra l'unico superstite; esso pare risalire a un Lonardino che ebbe per figlio Giacomino (vassallo di S. Zeno per terre a Castelrotto, 1216), padre di Lonardino detto Mastino, di Alberto e di Federico detto Bocca.
Da questi tre derivano tutti gli Scaligeri dell'età della signoria. Mastino, morto nel 1277, lasciò un figlio legittimo, Nicolò, da cui venne Franceschino, e uno naturale, Guido, vescovo non riconosciuto di Verona nel 1272. Bocca, morto combattendo contro i fuorusciti nel 1269 a Villafranca, lasciò un figlio, Alberto, detto Picardo, morto nel 1288, di cui era figlio Federico, creato nel 1311 da Enrico VII conte di Valpolicella e nel 1328 da Lodovico il Bavaro, vicario di Savona. Egli però, avendo nel 1325, durante una malattia di Cangrande, tentato di occupar la signoria, cadde in disgrazia e morì in esilio a Trento nel 1340. Da Alberto (oltre al bastardo Giuseppe, abate di S. Zeno, vituperato da Dante, Purg., XVIII, 124, e padre di Bartolomeo, vescovo di Verona, ucciso da Mastino II nel 1337), nacquero Bartolomeo, Albino, Cangrande e Costanza, moglie prima di Obizzo d'Este, poi di Guido Botticella Bonaccolsi. Di Bartolomeo rimasero solo dei figli naturali, e così pure di Cangrande. Da Alboino nacquero Alberto II e Mastino II che successero allo zio nel 1329. Alberto II non lasciò figli; invece Mastino ebbe Cangrande II, morto nel 1359, Cansignorio morto nel 1375, e Paolo Alboino ucciso nel 1375, oltre a un bastardo, Fregnano, che fece ribellare Verona nel 1354. Di Cangrande II rimase il naturale Guglielmo che nel 1404, con l'aiuto dei Carraresi, riprese Verona, ma morì quasi subito. Cansignorio lasciò due figli naturali: Bartolomeo e Antonio, che nel 1281 fece uccidere il fratello. Antonio, morto in esilio, lasciò un figlio, Canfrancesco, morto senza prole. Continuarono la stirpe i figli di Guglielmo, Brunoro, morto nel 1434 a Vienna, e Paolo stabilitosi in Baviera, la cui linea finì nel sec. XVI nelle case Dietrichstein e Lamberg. Una Lucia, figlia naturale di Cansignorio, sposò Cortesia Serego.
L'opera politica della famiglia si riassume nella creazione e nel consolidamento della signoria a Verona (1262-1311), sorta come difesa del Comune dei Mestieri contro le pretese del partito dei Conti, ritornato dopo la morte di Ezzelino; poi, nella formazione di uno stato predominante nell'Italia settentrionale e centrale (1311-36) abbattuto dall'ostilità degli stati, naturalmente più forti, contro cui venne a cozzare: Venezia, Milano, Firenze; infine, in un periodo di decadenza, in cui la signoria, indebolita dalla minore capacità dei capi e da discordie domestiche e dalla minaccia dei Visconti, cerca di salvarsi, unendosi ai guelfi e a Venezia, che la sopprimono nel 1387. Mastino, già podestà per Ezzelino nel 1259; creato, alla sua morte, podestà del popolo, fa la pace con Mantova; nel 1262, ricacciati in esilio i Conti, è creato podestà dei mercanti e capitano del popolo: due uffici passati al fratello Alberto nel 1269, di cui il secondo era solo annuale. Senza qualifica precisa, diresse la lotta del comune, ufficialmente governato dai gastaldioni dei mestieri, contro i fuorusciti e i guelfi. Il 27 ottobre 1277 cadeva assassinato; ma al fratello Alberto venivano subito concessi in forma legale i poteri che egli aveva esercitato, e il titolo di capitano e rettore dei castaldi dei mestieri e del popolo. Alberto seppe lentamente assicurarsi il controllo degli ufficiali e dei Consigli del comune e la piena signoria, mentre resisteva nel 1278-79 all'attacco guelfo e si affermava nella politica italiana. Morto nel 1301 (3 settembre), gli successe il figlio Bartolomeo (già associato, morto l'8 marzo 1304), che accolse per primo ospitalmente Dante, da cui fu chiamato il Gran Lombardo; dopo di lui, tenne il governo il fratello Alboino, solo, e, dal 1308, col minor fratello Cangrande. Furono anni di piccole lotte con le signorie guelfe d'Este e della Torre, quando la venuta di Enrico VII aprì alla casa scaligera più ampî orizzonti. Alboino moriva il 29 novembre 1311; gli successe Cangrande I (v. sotto) che, morendo nel 1329, lasciava lo stato ingrandito ai nipoti Alberto II e Mastino II, figli di Alboino. Questi, resistendo all'effimera potenza di Giovanni di Boemia, ottennero Brescia (1332) e poi, dai Rossi di Parma, Parma e Lucca (1335). Si ebbe un'estesa signoria, che per qualche anno parve minacciosa ai vicini. Cronisti contemporanei ci parlano delle grandi entrate di quei signori, già prima ricchissimi e assai accorti a procacciar denaro, dei loro disegni, delle loro ambizioni. Ma la loro politica d'ingrandimento e gli attriti con Venezia per i dazî e il sale, con Firenze per Lucca, fecero sorgere una coalizione (1336-39) che ridusse il dominio, più vasto che solido, e mal connesso, a Verona e Vicenza. La decadenza fu rapida: Mastino cercò d'appoggiarsi ai Visconti contro i Gonzaga. Morto il 3 giugno 1351 (il fratello Alberto morì nel 1352), gli successe Cangrande 11, che si appoggiò a Venezia e ai guelfi contro i Visconti e sposò Elisabetta, figlia di Lodovico il Bavaro. Domò nel 1354 la rivolta del fratello naturale Fregnano e fu ucciso il 14 dicembre 1359 dal fratello Cansignorio che gli successe, nominalmente col fratello Paolo Alboino. Fu questo principe splendido negli edifici, che diedero alla città il nome di "marmorea"; politicamente, fu con i guelfi contro i Visconti e Mantova. Morì il 19 ottobre 1365 a 36 anni, lasciando il governo, soppresso il fratello Paolo Alboino, ai due bastardi Bartolomeo e Antonio. Quest'ultimo fece uccidere il fratello il 12 luglio 1381, e si trovò coinvolto nella lotta di Venezia con Padova e poi con i Visconti, che il 19 ottobre 1387 occuparono la città già stanca dell'oppressione fiscale e dell'incapacità degli ultimi signori. L'effimera restaurazione di Guglielmo, figlio naturale di Cangrande II, nell'aprile del 1404, non fu che un artificio dei Carraresi per occupare Verona.
V. tavv. CLV-CLVIII.
Dell'epoca della Signoria rimangono ricordo caratteristico le Arche Scaligere, presso S. Maria antica, di fronte al palazzo dei Signori, ora palazzo del Governo. Nelle tre arche monumentali riposano Cangrande I, Mastino II e Cansignorio (scolpita questa da Bonino da Campione); altre arche minori completano il cimitero. Il palazzo, ora restaurato, ha pochi ricordi; importante è il Castelvecchio (ora museo), col celebre ponte merlato, eretto da Cangrande II dopo la rivolta del 1354. Rimangono di questo periodo gli Statuti Albertini (dell'età di Mastino e Alberto I) e quelli di Cangrande I, mss., oltre agli statuti delle arti (1319), editi.
Bibl.: Per la storia di Verona, C. Saraina, Dalla Corte, Moscardo, Venturi, Carli e Cipolla (1900). Per la genealogia: Io. Scaligerus I. C., Epistula de vetustate et splendore gentis Scaligerae, Leida 1594, Canobbio 1602 (ristampata in Zangata, Cronica, I, i) e Litta, Famiglie ital., II, p. 22, inesatte nella 1ª parte; G. B. Verci, Marca trevigiana, VII. Fonti speciali, oltre le cronache di Verona e del tempo, Ferreto, Historia rerum gest. ab a. MCCL ad a. MCCCXVIII; id., De origine gentis Scaligerae, in Rerum. It. Script., IX, e in G.G. Orti Manara, Cenni storici e doc. su Cangrande, Verona 1853, ristampati da C. Cipolla, in Fonti dell'Istituto storico italiano, 43 bis; C. Cipolla, Documenti su le relazioni tra Verona e Mantova nel sec. XIII, Milano 1901; id., La storia Scaligera sec. i doc. degli archivi, ecc., Venezia 1904; id., Storia Scaligera negli archivi di Siena, in Arch. storico ital., 1905; id., Documenti delle relazioni diplomatiche fra Verona e Mantova nel sec. XIV (fino al 1350), in Miscellanea di storia veneta, Venezia 1906; G. De Stefani, G. Bartolomeo e Antonio della Scala, Verona 1884; L. Simeoni, Federico della Scala conte di Valpolicella, in Memorie R. Ist. veneto, Venezia 1904; id., L'amministrazione del distretto veronese sotto gli Scaligeri, in Atti Accad. di Verona, Verona 1906; id., La formazione della Signoria Scaligera, ibid., Verona 1926; id., La crisi decisiva della Signoria Scaligera, in Nuovo arch. veneto, 1926; id., Gli antichi statuti delle arti veronesi (1319), Venezia 1914.