DELLA ROCCA, Bartolomeo, detto Cocles
Nacque, secondo quanto egli stesso afferma, a Bologna il 19 marzo 1467.
Le scarse notizie biografiche sul D. sono contenute soprattutto nella sua opera principale, la Chyromantie ac physionomie Anastasis,in cui egli fornisce alcuni particolari relativi alla sua breve esistenza. Nel Proemio dell'opera infatti il D. ricorda il luogo e la data di nascita e più avanti (lib. III, cap. 251) dice che era figlio illegittimo (alcuni sostengono che la madre fosse una famosa levatrice di Bologna), che visse sempre povero (ibid., cap. 183) e che da ragazzo fece.il barbiere (ibid., cap. 208). Il D. fu conosciuto fra i suoi contemporanei soprattutto col soprannome latino Cocles, che potrebbe significare sia "privo di un occhio" (ma tale mancanza non è documentata), sia "scontroso e rozzo di carattere e di aspetto": questa seconda accezione del termine sembra quella più giusta, anche sulla base delle testimonianze di autori di poco posteriori al Cocles, come il Cardano. Col nome Cocles furono anche stampate tutte le sue opere.
Sin da giovane il D. mostrò uno spiccato mteresse per le scienze occulte, e in un primo tempo la sua attenzione fu rivolta alle pratiche magiche e alla lettura di libri di negromanzia e alchimia. Resosi conto, però, ben presto della mancanza di fondamento scientifico di queste discipline, il D. si rivolse allo studio della medicina e chirurgiá presso l'università di Bologna, dove si laureò nel 1489.
La fama del D. non è tuttavia legata alla sua professione di medico, ma agli studi di chiromanzia e fisionomia a cui egli si dedicò con crescente passione, soprattutto dopo il suo incontro con il filosofo aristotelico Alessandro Achillini, che aveva fondato presso lo Studio bolognese una scuola di indirizzo filosofico-naturalista. Il D. entrò a far parte della cerchia dei discepoli dell'Achillini, verso il quale nutriva una profonda ammirazione e col quale condivideva l'interesse per le scienze occulte. In seguito allo studio e alla pratica di queste materie, il D. cominciò ad effettuare numerosi vaticini e predizioni, con lo scopo di dimostrare che attraverso lo studio scientifico dei caratteri umani era possibile individuare il destino di ciascuno su base concreta, al contrario dell'astrologia che operava invece su un campo astratto.
Alcune predizioni effettuate dal D. e puntualmente verificatesi, gli fecero acquistare una grande fama tra i suoi stessi contemporanei. Cominciarono a rivolgersi a lui personaggi illustri come Galeazzo Sforza fratello del duca di Pesaro, e, ben presto, il D. fu invitato a recarsi in numerose città della Romagna, chiamato dai rispettivi governanti, perché predicesse loro il futuro. In una lettera di Orazio Bicardi da Fano scritta ad Alessandro Bentivoglio il 15 dic. 1503 - che costituisce un'altra fonte preziosa per ricostruire la vita del D. - si dice che lasciata la sua casa di campagna nei pressi di Bologna, si recò prima ad Imola, dove predisse al signore di quella città la fine del suo dominio, poi a Faenza, dove previde un triste evento per Astorgio di Faenza, che infatti morì poco dopo. Da lì si recò poi a Rimini, a Cesena e a Pesaro e si incontrò anche con Guidubaldo duca di Urbino. Anche a Giulio Varano, signore di Camerino, e ai suoi figli, predisse un funesto destino. Ma la fama di profeta di sventure procurò al D. la cacciata da tutte le corti visitate, costringendolo ben presto a tornare in patria. A Bologna s'iniziò per il D. un periodo di tranquillità, in cui poté dedicarsi alla stesura del suo testo sulla fisionomia e chiromanzia, che incominciò nel 1500 circa e che lo vide impegnato fino al 28 giugno 1504. Il 4 sett. 1504 l'opera venne stampata presso G. A. Benedetti a Bologna con il titolo di Chyromantie ac physionomie Anastasis, cum approbatione magistri A. Achillini.In questo periodo il D. aveva avuto anche l'incarico dallo Studio di Bologna di insegnare grammatica, per l'anno accademico 1503-04, a quattro "poveri vergognosi" della città, senza percepire alcun compenso, secondo la consuetudine.
Venti giorni dopo la pubblicazione della sua opera, il 24 sett. 1504, il D. morì, a Bologna, assassinato quasi certamente per mano di un Antonio Caponi.
Le versioni circa il mandante del delitto sono contrastanti: alcuni sostennero infatti che fosse stato Giovanni (II) Bentivoglio a impartire l'ordine al Caponi, per porre fine alle infauste profezie del D.; altri supposero che fosse stato uno scolaro del liceo bolognese, Guido da Pesaro, detto Postumo, per vendicarsi di essere stato infamato del D. nella sua opera (lib. III, cap. 235). L'ipotesi più verosimile è che sia stato invece Ermete Bentivoglio, figlio di Giovanni (II), ad impartire l'ordine di uccidere il D., dopo che questi gli aveva predetto che sarebbe stato spodestato e che poi sarebbe morto combattendo in esilio. In verità il D. aveva previsto anche la propria morte e per questo girava sempre col capo coperto e armato di una spada; tuttavia le sue precauzioni non furono sufficienti, perché il sicario riuscì a sorprenderlo mentre rientrava in casa, colpendolo alle spalle.
Il Casio scrisse un epitaffio in onore del D. celebrandone le capacità divinatorie, e composero versi per elogiarne l'opera altri contemporanei, fra i quali Giovan Battista Pio, bolognese, Guido Silvestri di Pesaro, Domenico Fusco da Rimini e Giovanni Paolo Ferentilli di Spoleto.
L'opera più importante e più famosa del D. è la Chyromantie ac physionomie Anastasis,dedicata ad A. Bentivoglio. Ispiratore e patrocinatore dell'opera del P. fu il suo maestro Alessandro Achillini, filosofo della scuola averroista e famoso interprete aristotelico, che l'anno precedente, nel 1503, aveva pubblicato a Bologna la Questio de subiecto physionomiae et chyromantiae,che doveva servire da premessa metodologica alla compilazione del Della Rocca. L'intervento dell'Achillini mirava, infatti, a legittimare in sede scientifica lo stile pratico e didattico che caratterizzava il manuale del D., sostenendo il tentativo del suo discepolo di promuovere una rinascita di queste due discipline, la fisionomia e la chiromanzia, ricollocandole nell'ambito delle scienze. Non a caso il D., nel titolo della sua opera, riferendosi alla fisionomia e alla chiromanzia, usa il termine anastasis,specificandone poi il significato nel proemio del libro: "notuin est anastasini significare resurrectionem et quoniam haec scientia pene mortua erat, nos eani ab inferis ad superiora revocavimus". L'Anastasis si divide in sei libri, di cui i primi tre trattano della fisionomia e gli altri tre della chiromanzia. Ciascun libro comprende anche un prologo che serve da introduzione all'argomento trattato, e tutta l'opera è preceduta da un proemio generale in cui sono esposte le finalità e le peculiarità della trattazione. Il primo libro parla dei principi generali della fisionomia; il secondo libro è in forma di dialogo tra Augustino, un discepolo del D., che pone diciannove questioni riguardanti le varie parti del corpo umano, e il maestro che gli fornisce altrettante risposte. Il terzo libro riguarda la fisionomia dei "pianeti" (Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e Luna); il quarto libro, introduce nuovamente in forma di dialogo tra Augustino e il suo maestro i principi generali della chiromanzia. Nel quinto libro il D. espone le teorie sulla chiromanzia di Pietro d'Abano, detto anche il Cónciliatore, apportandovi numerose aggiunte personali. Il sesto libro, infine, contiene trecentoventotto brevi capitoli, ed è una vera e propria enciclopedia, che affronta gli argomenti più svariati, come le descrizioni di tipi e personaggi storici, di operazioni chirurgiche eseguite dal D. stesso, di diverse ricette medicinali e di bellezza. Nella parte dedicata alla chiromanzia il D. cita anche molti suoi contemporanei divertendosi a confutarli e spesso anche a ridicolizzarli. Riguardo al rapporto esistente tra l'opera del D. e la Questio dell'Achillini, che si trova spesso insieme all'Anastasis (ad esempio nell'esemplare Vaticano con segnatura R.I.II, 888; estratti anche in Bibl. univ. di Bologna, Miscellanea Titoli 11), si deve precisare innanzitutto che entrambi gli autori seguono fedelmente il testo della Physionomia di Aristotele. In particolare l'Achillini cerca di stabilire i rapporti tra la fisica e la medicina da un lato e la fisionomia dall'altro, fissando il campo di indagine di ciascuna di queste discipline, allo scopo di fondarne l'autonomia scientifica. Egli afferma che il campo di indagine del fisionomo e del chiromante differisce da quello del metafisico, del filosofo naturale e del medico, essendo inquadrato in un cosmo regolato da influenze astrali, le quali producono i segni più espressivi nei caratteri del volto e delle mani. Tuttavia il carattere teorico della trattazione dell'Achillini, che, come si è detto, aveva lo scopo di introdurre scientificamente l'Anastasis del D., contrasta con lo stile pratico adottato da quest'ultimo a cui mancava, a differenza del maestro, una solida preparazione filosofica, essendo per lo più un autodidatta.
Servendosi della pubblicazione, che era stata fatta dallo stesso Achillini, del testo della Physionomia di Aristotele, e prendendo come base le teorie enunciate dal maestro, il D. sostiene nella sua opera la tesi della distinzione tra i corpi, direttamente soggetti alle influenze astrali, e le anime intellettive, che ne risentono solo indirettamente. Egli considera l'anima separabile dalla materia e non soggetta alle passioni non escludendo la possibilità che l'uomo possa sottrarsi all'influsso celeste, in quanto esistono in natura altre forze che possono contrastare o annullare il campo astrale e agire sul destino umano. Seguendo l'indirizzo della scuola dell'Achillini, che esaltava il motivo della dignità umana, già celebrato da Aristotele, il D. ripropone nell'Anastasis il concetto del microcosmo umano come sintesi dell'universo anche se le sue tesi, rispetto a quelle del maestro, si spostano dal piano metafisico a quello naturalistico. Oltre ad Aristotele, le altre fonti a cui il D. fa continuo riferimento nella sua opera sono Ermete Trismegisto, di cui tuttavia lo interessava solo i trattati di astrologia e di magia e non i dialoghi metafisici tradotti da Marsilio Ficino, e Pietro d'Abano, che egli considera tra i maggiori autori in campo fisiognomico e chiromantico e l'iniziatore della moderna applicazione di queste discipline. Nel proemio del quinto libro dell'Anastasis il D. espone la vita e le opere dell'Abano, elogiandone la scienza e difendendolo dall'accusa di eretico mossagli dai suoi contemporanei; altri autori medioevali conosciuti e citati dal D. sono, nel campo della fisionomia, Michele Scoto, Guglielmo di Mirica e il suo commento alla Physionomia di Aristotele, Michele Savonarola, Antonio Cermisone, Alberto Magno, Gilles de Corbeil, Egidio Romano, Costantino Africano. tra gli scrittori arabi Alkindi, Abulmasar, Rasis e Avicenna. Per i suoi studi sulla geomanzia il D. si era ispirato a Gerardo da Cremona e a Bartolomeo da Parma. Di particolare interesse è la sua confutazione delle tesi di Antioco Tiberto da Cesena sulla fisionornia, esposta nel secondo libro dell'Anastasis.
Riguardo alla chiromanzia il D. cita molto spesso Andrea Corvo di Mirandola (o da Carpi) confutandolo e rimproverandogli di aver usato sotto il suo nome opere di altri scrittori chiromantici. Ma le conoscenze del D. nel campo delle scienze occulte comprendevano anche la piromanzia, l'idromanzia e la necromanzia, oltre a vari altri metodi di divinazione, come l'interpretazione dei sogni, l'osservazione degli auguri, la litteromanzia e la nomanzia, fondate rispettivamente sull'osservazione delle lettere e dei nomi, la solimanzia, basata sullo studio dei raggi del sole, la venomanzia e la ombellicomanzia, connesse con il parto, di cui si diceva che il D. conoscesse bene tutte le fasi e i tempi grazie alla professione della madre. Grande importanza il D. attribuisce anche all'astrologia, di cui rifiuta, come si è detto, il rigido determinismo, ma a cui fa continuamente riferimento nella sua opera, ritenendo che non si può essere buoni fisionomisti se non si hanno conoscenze di astronomia e medicina. Tra i suoi contemporanei il D. loda particolarmente l'astronomo Domenico Maria Novara, che in quegli anni insegnava a Bologna, e del quale apprezzava la conoscenza in campo matematico e il fatto di aver innalzato l'astrologia al livello di scienza. Un altro astrologo di cui egli parla con entusiasmo è il bolognese Geronimo Marifredi, autore di un'opera chiromantica dal titolo Perché. Altri valenti studiosi, di cui il D. parla in termini assai lusinghieri, sono il medico Lorenzo Gozadini, suo collega allo Studio di Bologna, e Ludovico Vitali, che a giudizio del D. eccelse in matematica, filosofia e specialmente in astrologia.
Nell'Anastasis vi sono anche numerosi riferimenti e ricordi di personali esperienze del D., legate alla sua analisi fisiognomica e alla pratica chiromantica, di cui egli afferma essersi servito per curare molte persone (lib. VI, cap. 265). Di particolare interesse sono anche i ritratti che il D. fece di alcuni personaggi famosi del tempo; il giudizio su di essi derivava, oltre che dai tratti fisici del volto, anche dallo studio del tema astrologico di nascita. Descrivendo, ad esempio, l'aspetto di Girolamo Savonarola il D. sostiene che in realtà il frate appariva come un seduttore di popolo ed un impostore piuttosto che un riformatore. Identica è l'analisi effettuata per il papa Alessandro VI e per il figlio di lui Cesare Borgia. Del primo il D. rivela che la sua nascita coincise con una congiunzione di tre pianeti della costellazione del Cancro, che sarebbero stati la causa della sua natura malvagia; del secondo ritiene che le disposizioni di Marte e Saturno riguardo al tema astrale della nascita ne avevano determinato la natura violenta e omicida, ma nello stesso tempo lo avevano dotato di una notevole forza e di un'eloquenza assai persuasiva. Delle numerose descrizioni fisiognomiche effettuate dal D., di particolare rilevanza è quella relativa a Antonio Cortesi Urceo detto Codro, famoso umanista bolognese, di cui il D. ci ha lasciato un vero e proprio ritratto scientifico, con il quale rettificava la descrizione fattane da Bartolomeo discepolo del Codro e autore di una sua biografia. Interessante è, infine, la polemica del D. contro gli ecclesiastici, sopratutto i frati, contro i quali si scaglia spesso con accesi toni anticlericali. Ciò non gli impedisce, tuttavia, di mostrare apprezzamento e rispetto verso quei religiosi "dotti e onesti" fra i quali annovera frate Bartolomeo Milvio, "teologo eccelso, legista e predicatore esimio".
L'opera del D. ebbe una grande diffusione, tanto che fu ristampata insieme alla Physionomia di Aristotele e di Michele Scoto e alla Questio dell'Achillini negli Infinita natura secreta quibuslibet hominibus contingentia, previdenda, cavenda,edita a Pavia nel 1515. La parte chiromantica dell'opera del D. venne inoltre utilizzata da un famoso occultista, Cornelio Agrippa, nel suo De vanitate scientiarum pubblicato nel 1530. Una seconda edizione completa dell'Anastasis avvenne, sempre a Bologna, nel 1523; in seguito l'opera fu ristampata più volte anche se in forme compendiate, relative soprattutto alla parte chiromantica, tra il 1533 e 1555, le quali passavano come scritte da Andrea Corvo da Carpi. Questo compendio fu poi tradotto in italiano, tedesco, francese e inglese nel corso della prima metà del sec. XVI, a testimonianza della straordinaria fama raggiunta: fama che durò anche per tutto il sec. XVII, quando in Francia vi furono altre edizioni.
La fortuna dell'opera del D. non evitò tuttavia la condanna dell'autore nell'Indicedei libri proibiti del 1554 e nella bolla di Sisto V del 1590, accanto ad altri chiromanti e fisiognomici del tempo tra cui il Corvo, il Tricasso e lo stesso Agrippa. Tra i maggiori detrattori delle teorie del D. vi fu Tricasso da Cerasari, il quale scrisse un commento alla traduzione volgare dei tre libri sulla chiromanzia dell'Anastasis, intitolato Expositione sopra il Cocle, edito a Venezia, presso E. Rusconi, nel 1525 e dedicato a Federico Gonzaga, marchese di Mantova. Nella sua esposizione il Tricasso riporta prima il testo del D. e poi ne.fa il commento, capitolo per capitolo, per favorire il giudizio del lettore. Il suo scopo non era infatti di confutare direttamente le tesi del D., quanto di dimostrarne l'inconsistenza mettendole a confronto con la veridicità delle proprie dottrine chiromantiche.
Un'altra interessante opera del D. è la Geomantia, rimasta sconosciuta fino a quando non fu tradotta in volgare e fatta stampare, presso B. Cesana, per iniziativa di Giovita Rapirio a Venezia per 1552. Si tratta di una compilazione piuttosto complessa, che si può definire quasi un manuale di divinazione. L'autore, infatti, prende in considerazione tutti gli stadi della vita dell'uomo, dalla nascita alla morte, e le diverse situazioni esistenziali come il matrimonio, il celibato, il carattere e la fortuna. In quest'opera il D. effettua inoltre uno studio della natura attraverso i suoi segni, e cioè i numeri, le linee, le misure e le varie combinazioni geometriche, ritenendo che in questo modo l'uomo possa riconoscere il proprio futuro nel bene e nel male, come avevano fatto anche altri grandi del passato quali Ermete Trismegisto, Platone, Aristotele e Tolomeo. Sembra che il D. abbia composto anche un'altra opera, precedente alla Anastasis, che sarebbe stata presentata ad Alessandro Bentivoglio, consistente in un catalogo, rimasto manoscritto, e che contiene quarantacinque profezie di morti violente, che egli aveva predetto, lasciandone le notizie a mo' di testamento e che effettivamente nell'arco di 50 anni dalla sua morte si verificarono tutte meno due.
Al D. sono state attribuite alcune poesie volgari stampate a Venezia nel 1535. Tra le opere del D. è annoverato anche un Physionomiae compendium quantum attinet ad partes inter capitis, gullam et collum, edito a Strasburgo nel 1533: ma si tratta di una ristampa dell'Anastasis relativa alla parte fisiognomica. È certo, infine, che dopo l'Anastasis il D. aveva intenzione di comporre un grande compendio di fisionomia e un trattato sulla interpretazione dei sogni, poiché considerava imperfetti e incompleti quelli allora esistenti, ma non riuscì a realizzarlo per la sua fine prematura.
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