PIAZZA, Della
Questa famiglia di artisti, originaria forse di Brescia, tenne il campo della pittura in Lodi nella prima metà del sec. XVI. I due più vecchi, Albertino (circa il 1475-1529) e Martino (morto nel 1527), non sono, nei pochi documenti che li riguardano, chiamati "della Piazza", ma Toccagni. Essi lavorarono quasi sempre in collaborazione, onde riesce difficile delineare le due personalità. Si aggiunga che nessuna opera sicura esiste oggi di Martino, e delle molte di Albertino nessuna è firmata, una sola documentata. La critica moderna discerne nello stile di Albertino un influsso leonardo-peruginesco, in quello di Martino un'accentuata ispirazione veneta. Le prime opere che si possono attribuire ad Albertino datano dal 1508 al 1509 e rivelano ancora durezze quattrocentesche. Il polittico Berinzaghi dell'Incoronata di Lodi, fornito nel 1514, è opera capitale dei due fratelli, e in specie di Albertino, che v'ebbe parte precipua. La soavità delle espressioni, il fine sfumato, la molle cadenza della linea manifestano già nell'artista la suddetta influenza leonardo-peruginesca. Nel polittico dell'Incoronata di Castiglione d'Adda, da porsi tra il 1515 e il 1519 lavorò specialmente Martino, mentre la personalità di Albertino torna ad affermarsi nel magnifico trittico del duomo di Lodi con l'Ascensione della Vergine. Dopo il 1520 non abbiamo più notizie precise di Albertino, e le sue opere non sono facilmente databili. Sappiamo che lavorò a Savona e a Milano, sempre più accentuando il sustrato raffaellesco della sua arte, come dimostra la Madonna dell'Accademia Carrara di Bergamo, che è ispirata alla Madonna del Prato di Vienna. Di Albertino, l'ultima notizia è nei libri dell'Incoronata (1522); ultimo suo lavoro dovette essere un trittico per S. Tommaso di Lodi. Callisto (nato prima del 1500, morto nel 1561), figlio di Martino, detto anche "Callisto da Lodi", fu artista straordinariamente fecondo. Lasciò opere, oltreché in patria, a Brescia, in Val Camonica, a Milano, in Spagna e in Portogallo. Per lo stile si riaccosta specialmente al Romanino, ma sempre mantenendosi di molto inferiore ai modelli. Gli furono collaboratori i fratelli Scipione e Cesare, mentre il figlio Fulvio è da ritenersi ultimo rappresentante della famiglia.
Bibl.: Per la bibl. relativa ai tre artisti e l'elenco delle loro opere v. Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVI, Lipsia 1932. Per Albertino e Martino cfr. lo studio di E. Ferrari, in L'Arte, XX (1917), pp. 140-58. Per Callisto, G. Morelli, Della pittura ital., Milano 1897, p. 293.