DELLA CORNIA DELLA PENNA (Della Corgna, Della Corgnia), Fabio
Nacque a Perugia nel 1592 (secondo l'Alessi) da Ercole Della Penna e da Laura Della Cornia, sorella di Ascanio e Fulvio, nipote di Giulio III. Compì i primi studi umanistici e giuridici nella città natale ed in seguito fu chiamato a Roma dallo zio card. Fulvio. Non si conosce la data di inizio della sua carriera ecclesiastica e curiale; a Roma "fu detto per alcun tempo mons. Della Penna ma poi, per dar gusto al detto suo zio, fu chiamato mons. Della Cornia" (Alessi, Elogi ..., f. 142v). Grazie al favore ed alla protezione del card. Fulvio, intraprese una rapida carriera in seno alla Curia romana ed ottenne quattro titoli di abbazie, rispettivamente a Parma, Perugia e due in Sicilia, queste ultime di nomina regia. Referendario utriusque signaturae sotto Gregorio XIII, divenne, il 13 febbr. 1576, chierico di Camera ed il 7 maggio 1577 fu nominato giudice della Camera apostolica e presidente delle carceri. Nel luglio 1578 ricoprì la carica di prefetto dell'Annona ed il 10 settembre del medesimo anno il papa lo inviò come nunzio residente a Firenze in sostituzione di mons. Alberto Bolognetti.
Questo incarico diplomatico, che il D. ricoprì fino al 28 ott. 1579, rinsaldò i già stretti rapporti di amicizia con Francesco I de' Medici. Il nunzio si guadagnò fiducia nell'ambiente fiorentino per la sua capacità di affrontare delicate situazioni originate dai frequenti contrasti in materia giurisdizionale e rese più difficili dalla politica intransigente del granduca nei confronti del papa. Alle frizioni di natura politica si aggiunsero i problemi posti dallo stato precario, talvolta estremamente misero, a giudizio dello stesso nunzio, delle diocesi toscane, acuito dai danni provocati dalla carestia all'economia di tutto il granducato. Il rifiuto del clero di pagare le decime, motivato dalla "povertà estrema", dalle conseguenze di pesti e carestie, la minaccia avanzata da molti religiosi di abbandonare i benefici ecclesiastici, costituirono i problemi di fondo con i quali il nunzio dovette confrontarsi per non compromettere il fragile equilibrio fra Roma e Firenze.
La politica di ordine pubblico perseguita da Gregorio XIII nel tentativo di arginare il dilagante banditismo e, soprattutto, di limitare le conseguenze dell'abuso del diritto di asilo e l'immunità di chiese e conventi, pose anche il D. di fronte a delicati casi giudiziari, come quello nato dall'arresto di alcuni preti toscani, che avevano concesso aiuto ed ospitalità a ricercati dalla giustizia granducale (marzo 1579). L'impossibilità, in pratica, anche per il clero locale, di ottemperare alle disposizioni pontificie sulla limitazione di secolari privilegi di chiese e monasteri, spinse i confessori a chiedere al rappresentante pontificio a Firenze di poter assolvere chi avesse trovato asilo nei suddetti luoghi sacri. Fu, questa, per il D. l'occasione di procedere ad un censimento dei monasteri toscani per conoscere le loro effettive condizioni e, almeno nelle sue intenzioni, spezzare la connivenza ed il legame sempre più esteso ed incontrollabile fra il clero ed i fuorilegge. Accanto ai problemi di ordine religioso, trovano una diffusa eco nella corrispondenza del nunzio con la Curia romana, le preoccupazioni per l'acuirsi della crisi europea a seguito delle guerre di religione, "i romori di Saluzzo" ed il sospetto che questi potessero "recar molta alteratione alla quiete d'Italia per li humori diversi de' Principi" (Nunziatura di Firenze n. 6, f. 438r).
Il D. continuò a ricoprire importanti incarichi nell'amministrazione temporale dello Stato pontificio e, come prefetto dell'Annona, emanò il 3 luglio 1582 un bando nel quale si ordinava di togliere ogni impedimento al trasporto di grani a Roma per prevenire la consueta incetta da parte degli accaparratori. Il papa Sisto V concesse ai chierici di Camera la facoltà di visitare terre dello Stato per esercitare in concreto un più diretto controllo sulle spese delle Comunità locali, sulla gestione dei beni ed impedime soprattutto arbitrarie vendite, senza previa autorizzazione dei rappresentanti pontifici, affidando inoltre ai visitatori il compito di vigilare anche sulle opere di fortificazione, di difesa e di sistemazione idrica. Il 15 sett. 1587 il D. fu inviato a Bologna con il preciso impegno di verificare l'attuazione dei provvedimenti presi dal papa nei primi due anni di pontificato.
La politica sistina mirava, anche se con risultati concreti non sempre positivi, a realizzare un più severo controllo sulle Comunità locali e sulle strutture amministrative periferiche: in questa prospettiva, la missione del D. a Bologna non fu scevra da difficoltà e contrasti con gli organi di governo cittadino, dove forti permanevano le tendenze centrifughe alimentate dalle diverse fazioni. Il Senato di Bologna chiese a Roma la revoca del visitatore apostolico il quale, in una relazione, aveva posto in luce le molteplici cause del diffuso malgoverno nelle Comunità del Bolognese "dando la colpa al Reggimento dicendo che ne ha carico grande di conscienza et che ciò procede dal non far le residenze a gli officii" (Penuti, Aspetti della politica..., p. 191).La partecipazione e l'impegno concreto nella vita politica ed amministrativa dello Stato pontificio non avevano però sminuito nel D. - già definito dai contemporanei "prelato principale" della Curia romana e stimato assai ricco (si calcolava che le sue rendite annue ammontassero a 12.000 scudi) - l'aspirazione a cariche sempre più prestigiose e remunerative, come infatti si evince dai numerosi e frequenti accenni in tal senso nelle lettere di Scipione Tolomei, suo segretario. Si rivelò tuttavia superiore alle sue concrete possibilità finanziarie l'acquisto della carica di uditore di Camera per la somma di 70.000 scudi e, con l'avvento al pontificato di Clemente VIII, furono deluse anche le sue speranze di ottenere sia la nunziatura in Spagna sia la porpora cardinalizia. Per i buoni rapporti e per i vincoli di amicizia che egli aveva mantenuto con la casa Medici, anche dopo la breve nunziatura, Ferdinando I offrì al D. la carica di governatore di Siena, che egli accettò il 18 genn. 1593. Rimase venti mesi nella città toscana, dove, fra l'altro, si ammalò gravemente nell'aprile 1594: non morì, però, come invece riferisce erroneamente l'Avviso di Roma del 13 aprile (Urb. lat. 1062, f. 214). Chiese tuttavia al granduca di poter tornare a Roma e, sebbene "il mal di pietra" avesse rovinato completamente il suo fisico, nell'anno 1595 egli poté svolgere ancora una missione diplomatica per Clemente VIII: nominato il 29 aprile nunzio straordinario insieme a mons. Antonio Maria Graziani, partì da Roma il 7 maggio per recarsi a Firenze, Parma e Lucca per sollecitare aiuti finanziari ed un concreto impegno militare a favore dell'imperatore, nell'imminenza della guerra contro i Turchi. Rientrò a Roma nel settembre già gravemente ammalato e vi morì il 15 sett. 1595, poco dopo esser stato nominato da Clemente VIII vescovo di Penne.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Segreteria di Stato. Nunziatura di Firenze, n. 6, ff. 330r-563 (26 ott. 1578-7 ott. 1579); Ibid., Segreteria brevi, n. 199, f. 107; Ibid., Arm. IV, t. 53, f. 106; Ibid., Arm. 30, t. 244, f. 129; t. 251, f. 285; Bibl. Apost. Vaticana, Urb. lat. 1062, f. 214; Ibid., Urb. lat. 1063, f. 681; Perugia, Biblioteca comunale Augusta, ms. 1978, ff. 142v-144r; ms. 1201 (copia degli Elogia civium Perusinorum di C. Alessi), f. 148; Lettere del sig. Scipione Tolomei perugino accad. insensato, Perugia 1617, ad Ind.; La legazione di Roma di P. Paruta (1592-1595), a cura di G. De Leva, Venezia 1889, p. 289; Die Hauptinstruktionen Clemens' VIII., a cura di K. Jaitner, I-II, Tübingen 1984, ad Indicem (dove però sitrovano alcuni errori, soprattutto sui rapporti di parentela fra il D. e altri membri della famiglia); H. Biaudet, Les nonciatures apostol. permanentes jusqu'à 1648, Helsinki 1910, p. 262, col. 131; Regesti di bandi, editti... relativi alla città di Roma ed allo Stato pontif., I, Roma 1920, p. 71; L. von Pastor, Storia dei papi, XI, Roma 1958, p. 209; C. Penuti, Aspetti della politica econ. nello Stato pontificio sul finire del '500: le "visite economiche" di Sisto V, in Annali dell'Ist. storico italo-germanico in Trento, II(1976), pp. 186 ss.; B. Katterbach, Referendarii utriusque signaturae..., Città del Vaticano 1931, p. 162.