DELLA CIAIA, Azzolino Bernardino
Nacque a Siena il 21 maggio 1671 da Andrea e da Flavia Cerretani. Il padre, nobile senese appartenente all'Ordine dei cavalieri di S. Stefano, lo introdusse, fanciullo, nella vita dell'Ordine: il 20 apr. 1674 il D. fu ammesso tra i paggi del gran maestro della città di Siena e il 1° nov. 1678, in S. Petronilla, vestì l'abito dei cavalieri di S. Stefano. Il suo servizio di milite sulle galere dell'Ordine inizierà tuttavia, come di regola, al compimento del diciassettesimo anno di età. Poco si conosce degli studi musicali del D.: in una lettera del 1742 (cfr. F. Vatielli, Una lettera biografica..., p.138) ricorda che, giovinetto, nella scuola dei chierici dell'Ordine di S. Stefano, cantava madrigali di Marco da Gagliano, C. Monteverdi, Gesualdo da Venosa, A. Agazzari e dell'antenato Alessandro Della Ciaia; ma di una istruzione musicale più regolare ed approfondita (quale fanno supporre le sue numerose composizioni) non si sa nulla. Dal 1688 al 1704 il D. servì come milite sulle navi dell'Ordine di S. Stefano, coltivando tuttavia nello stesso tempo la musica, come dimostra la pubblicazione, in quegli stessi anni, di tre raccolte: nella prefazione alla prima di esse, i Salmi concertati op. 1 (Bologna 1700), il D. afferma di non essere musicista di professione, e di aver composto la maggior parte di quei salmi "nell'ore disoccupate del tempo delle mie Carovane, fra gli strepiti e confusioni d'una galera".
Nel 1704 venne chiamato a far parte del Consiglio dell'Ordine, carica che mantenne per tre trienni. Nel 1713 fu inviato dal granduca di Toscana Cosimo III a Roma, al servizio del conestabile Colonna, non sappiamo però con quali mansioni. Durante il soggiorno romano, che durò diciassette anni, il D. fece costruire a sue spese e sotto la sua direzione un organo a due tastiere con più di venti registri, che costituirà il nucleo del grande organo della chiesa dei Cavalieri a Pisa. Infatti il D., rientrato a Pisa già nel 1730, presentò il 5 genn. 1733 una supplica al granduca in cui chiedeva di poter collocare, a proprie spese, nella chiesa conventuale dei cavalieri di S. Stefano a Pisa, "a cornu Epistulae", l'organo costruito a Roma, unendovi l'organo ivi esistente (costruito da Cosimo Ravani nel 1618) "e di più aggiungendovi contrabbassi di 14 piedi a due ordini, et altre vaghe e gustose e peregrine sorti d'armonie, simile agli organi di Marsiglia, Trento e Hamburgo" (cfr. F. Baggiani, p. 55). L'offerta avanzata dal D. (che era stata rifiutata precedentemente dai canonici della collegiata di Provenzano in Siena) venne accettata, e il relativo contratto stipulato a Firenze il 27 genn. 1733. Questo progetto, che prevedeva tre tastiere, venne ulteriormente ampliato l'anno successivo, quando il D. ottenne di collocare l'organo in luogo più spazioso, cioè "a cornu Evangeli", volendolo ancora ingrandire con "altri registri di contrabbassi, raddoppi di principali e di ripieni di modo che sarà una macchina tutta insieme si può dire di quattro organi tutti vari e speciosi..." (ibid., p. 57).
I lavori per il montaggio dell'organo durarono più di tre anni; vi parteciparono, sotto la guida del D., organari di varie parti d'Italia: Felice e Fabrizio Cimino, Filippo Basile, napoletani, Lorenzo Nelli, fiorentino, Filippo Testa, romano, Domenico Cacioli, lucchese; quest'ultimo aveva condotto con sé i giovani apprendisti Filippo e Antonio Tronci di Pistoia. L'organo fu inaugurato, anche se non ultimato in ogni particolare, il 28 nov. 1737, in occasione delle solenni esequie in suffragio del granduca Giangastone de Medici; nel 1738 l'organo fu completato, e l'anno successivo ne fu stampata a Pisa una Descrizione, attraverso la quale è possibile ricostruire le caratteristiche dell'opera del D., poiché i molti rifacimenti ne hanno alterato sostanzialmente la fisionomia.
Lo strumento ideato dal D. era articolato in positivo, grand'organo, organo dei giochi e organo eco, a cui corrispondevano le quattro tastiere (più una quinta tastiera che serviva per il salterio): in questo il D. si staccava dall'uso italiano, in cui la norma era una sola tastiera, e si avvicinava invece ai grandi organi francesi e fiamminghi, di cui egli stesso aveva potuto ammirare qualche esemplare particolarmente a Marsiglia, durante i suoi viaggi sulle navi dell'Ordine. La fonica era invece di tipo essenzialmente italiano, ma con alcuni registri di imitazione francese (nazardone, cornettone), e con una particolare cura per i registri ad ancia, che il D. costruì quasi tutti personalmente, avendone imparato il metodo di costruzione da maestri fiamminghi.
Il D. fu ordinato sacerdote nel 1734; morì a Pisa il 15 genn. 1755.
Pubblicò quattro raccolte di musica di vario genere: Salmi concertati a 5 voci con due violini obligati, e violetta a beneplacito... Op. 1, Bologna 1700; Cantate da camera a voce sola... Op. 2, Lucca 1701; Cantate da camera a voce sola... Op. 3, Bologna 1702; Sonate per cembalo, con alcuni saggi, ed altri contrapunti di largo, e grave stile ecclesiastico per grandi organi... Op. 4, Roma s. d. (ma 1727).
Inoltre il suo nome compare, insieme con quelli di altri quattordici musicisti, nel libretto di un oratorio a 5 voci, I trionfi di Giosuè, eseguito a Firenze nel 1703, nella Congregazione ed ospizio di Gesù Maria e Giuseppe e della Ss. Trinità posta nella Compagnia di S. Marco. Gli stessi musicisti (e lo stesso librettista) figurano anche nel libretto (senza data) di un Giosuè in Gabaon, oratorio cantato nella Compagnia di S. Sebastiano. Del D. esistono anche varie opere, per la maggior parte sacre, conservate manoscritte alla Deutsche Staatsbibliothek di Berlino Est: una messa a 4 voci concertata con violini ad libitum, datata 1693 (Landsbg. 16); due messe a 4 e 5 voci con trombe e violini ad libitum, datate Pisa 1710(autografe? Landsbg. 18); una messa a 4 voci (Landsbg. 20);4 cantate a voce sola: Se suoi tormenti, Pisa 1705; Chi non sa morire, ibid. 1709; Bella imago, ibid. 1709; Lungi dal caro bene, ibid. 1709, ilms. Landsb. 17 contiene: Messa a 4 voci, 12 ricercari a quattro in ciasched'un de 12 modi, 6 ricercari di tuoni misti, sonate da organo: potrebbe essere quindi copia dell'Op. 4. La Stadtbibliothek der Stiftung Preussischer Kulturbesitz di Berlino Ovest, possiede del D. tre salmi manoscritti: Lauda Jerusalem, a 5 Voci, 2 Violini, violetta, basso continuo; Nisi Dominus aedificavit, a 5 voci, 3 strumenti, organo; Laetatus sum, a 5 voci, 3 strumenti, organo.
Particolarmente interessante nell'ambito della produzione del D. è la sua unica raccolta di musica strumentale, Sonate per cembalo con alcuni saggi... Op. 4. Essa contiene sei sonate per cembalo (significative anche per essere fra i pochi esempi di sonata per cembalo solo anteriori al 1740) e vari brani per organo: dodici "soggetti" nei vari toni ecclesiastici, sei ricercari, e una serie di versetti sui temi della messa in festis duplicibus: pur nella brevità dei pezzi (si va dalle 9-15 battute dei soggetti alle 30 circa dei ricercari), il D. dimostra tutta la sua abilità nel trattamento polifonico delle voci. Molto diverso dal sapore arcaico e solenne di questi pezzi per organo è il carattere delle sonate per cembalo. Sono tutte costituite di quattro tempi: una toccata, una canzone, e due tempi più brevi e di carattere più leggero che il D. denomina semplicemente "Tempo I" e "Tempo II". Nelle toccate è evidente l'intento del D. di giungere al massimo dell'espressività attraverso ricercate modulazioni e tormentate dissonanze; esse servono di introduzione alle canzoni, brani fugati sviluppati con grande ingegnosità. I due brani finali sono in forma bipartita, e secondo A. Sandberger (p. 178) costituiscono una importante anticipazione delle sonate di Domenico Scarlatti. Ma gli aspetti forse più notevoli di queste sonate sono costituiti da una parte dalla scrittura cembalistica, che presenta ricca ornamentazione, difficili passaggi in velocità, passaggi in ottave, terze, e seste, ampi salti ed anche un glissando ascendente; dall'altra dalla libertà e vitalità del ritmo, particolarmente nelle toccate.
Compositore e interprete fu anche Alessandro, che, nella citata lettera, il D. menziona come suo antenato (probabilmente fratello di Berenice Della Ciaia Chigi cognata di Alessandro VII) ma del quale non si conoscono i dati anagrafici. Coltivò anch'egli la musica da dilettante e studiò con Desiderio Pecci, di cui curò la stampa di una raccolta di Arie a una, due e tre voci, Roma, G. B. Robletti, 1626, inserendovene anche una propria: Non più guerra, pietate. Fu ammirato come cantore e come esecutore sul monocordo, sul liuto, e sulla tiorba. Pubblicò alcune raccolte di musica vocale: Madrigali... a 5 voci con basso continuo, Op. 1, Venezia, B. Magni, 1636; Lamentationi sagre e motetti ad una voce col basso continuo ... , Op. 2, Venezia, A. Vincenti, 1650; Sacri modulatus ad concentum duarum, trium, quatuor, quinque, octo, novemque vocum accomodati... una cum Basso ad Organum, Op. 3, Bologna, G. Monti, 1666 (dedicati al cardinal Flavio Chigi). Fece parte delle accademie dei Filomati e degli Intronati.
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