DELL'OTTONAIO, Giovanni Battista (Giovambattista), detto l'Araldo
Nacque da Cristofano a Firenze nel 1482.
Non vi sono documenti riguardanti la sua adolescenza ma è probabile che venisse accolto ed educato nella prestigiosa compagnia di S. Giovanni Evangelista presso la quale, secondo il Manni, suo padre, Cristofano, ricoprì la carica di guardiano fino al 1513. Detta compagnia, come molte altre simili in Firenze, svolgeva mansioni di istruzione e di educazione religiosa della gioventù."Era di certo la più rinomata della città poiché Lorenzo il Magnifico vi condusse i suoi due figli, Giovanni e Giuliano, e scrisse per le sue iniziative teatrali la sacra Rappresentazione di s. Giovanni e Paolo, messa in scena nel 1491 nella sede della confraternita. La relazione tra questo ambiente e la prima formazione del D. verrebbe per altri versi confermata dalla vena popolareggiante e dalle tecniche compositive dei suoi testi drammatici. che rinviano con insistenza all'esempio della sacra rappresentazione e alla consolidata esperienza dello spettacolo maturato dalle compagnie fiorentine. Così anche per il D., come per gli altri autori popolareschi del periodo, l'apprendimento della scrittura drammatica si formò sulla base della diretta esperienza della rappresentazione. Una eco significativa della sua notorietà d'autore per il teatro delle compagnie è racchiusa nelle posteriori note di Vincenzo Borghini sull'origine della commedia a Firenze. Qui l'Anton, chi chiama, la frottola introduttiva della sacra rappresentazione scritta Abram e Agar, forse anche sua, è ricordato come il brano "che tutti i fanciulli del mio tempo sapevano a mente". Fu interpretato "a parole", vale a dire senza la tradizionale cantilena con la quale veniva eseguito il testo delle sacre rappresentazioni. li successo della frottola, al di là della importante innovazione introdotta nella tecnica recitativa, è segnalato dal fatto che fu ristampata varie volte autonomamente, senza la sacra rappresentazione.
Assai considerevole fu la produzione di canti carnascialeschi che il Singleton fa risalire all'età della Repubblica dopo Savonarola. Si distingue dalle altre composizioni consimili come osserva Bruscagli (p.LI), per la oscillazione fra testi in linea con il tradizionale linguaggio "doppio", allusivo del carnevale ed altri ispirati ad un "moralismo contristato", ad una "scontentezza civile", discordante e pessimistica. Caratteri, questi, di un'originalità rilevante, e nei quali il Singleton ha ravvisato una individualità decisa, la sola che si stacchi dall'omogeneità della tradizione carnascialesca; certo è che fu frutto di precise scelte stilistiche, poiché al D. non mancavano le doti di una brillanteinvenzione comica: non per caso il Varchi nella Suocera fa dire a Simone che il D. e Nanni Cieco, altro dicitore estemporaneo, si divertivano a im pressionare i passanti fingendo per strada un litigio intessuto di tante battute senza senso.
Ancora più significativa e importante per queste doti del D. è la testimonianza del Vasari, che nella "vita" di Giovan Francesco Rustici lo fa figurare tra i componenti della Compagnia della cazzuola negli anni seguenti al rientro mediceo in Firenze. Senza indugiare nel riferire le celebri descrizioni vasariane delle feste organizzate dalla Cazzuola, basterà ricordare l'importante funzione che essa svolse nell'imporre in Firenze il nuovo gusto teatrale per la commedia. Il gruppo di artisti, di gentiluomini letterati e di autori attori, come D. Barlachia, I., Del Polta (detto Bientina) e il D., riunificò le proprie diverse esperienze e competenze tecniche nella realizzazione degli spettacoli tra i più innovatori del tempo: la Cassaria e i Suppositi dell'Ariosto, la Mandragola e la Clizia del Machiavelli e una Filogenia restata finora anonima.
Un parere non universalmente condiviso dalla critica ha inteso attribuire la Filogenia al D. (Palermo, Creizenach, Ferrajoli). Fortunato Pintor confermò senz'altro l'identificazione in essa della commedia adespota, conservata manoscritta nella Biblioteca comunale di Siena, variamente intitolata: Panfilo e Filogenia, dal nome dei protagonisti (D'Ancona, Ferrajoli), oppure Idue rivali (Palermo, Pieralli). Il Pintor la giudicò posteriore alla seconda commedia di Iacopo Nardi, Idue felici rivali, che presenta molti punti in comune con essa. In tale caso, che tuttavia resta in attesa di conferme documentarie, l'autore apparirebbe bene incluso, anche se non con ruolo primario, nella drammaturgia fiorentina classicheggiante favorita dal gusto della nuova corte medicea.
Il D. ebbe un figlio, di nome Francesco, che divenne matematico di una certa rinomanza, e insegnò prima a Pisa poi a Torino. Avendone fatto richiesta a Lorenzo di Piero II de' Medici, ottenne l'incarico di araldo della Signoria spartendo con Angelo Manfidi lo stipendio e l'onore della carica.
A questo ultimo periodo della sua vita appartengono altri due testi per la scena: la farsa intitolata Ingratitudine e la Commedia della nascita, vita e morte di s. Giovanni Battista.
Il primo testo è di carattere farsesco e didascàlico ed è strutturato sugli esempi del dramma cittadino; si lascia accorpare a una compagine di operette consimili nel tono, coeve, fiorentine e probabilmente tutte scritte per uno stesso destinatario: la Signoria. Varrà ricordare qualche titolo: Farsa recitata agli excelsi Signori di Firenze (attribuita al Bientina che fu araldo dopo il D.), Adulazione, Farsa contro il tôr moglie.
Per ciò che attiene alla Nascita, vita e morte di s. Giovanni Battista, ilPalermo informa che fu recitata "in Santo Salvi fuori Porta alla Croce" nel 1525. Si tratta di una particolare rappresentazione in prosa che il D. pretese di nobilitare con una classica spartizione in cinque atti; un vezzo formale acquisito partecipando alle rappresentazioni della Cazzuola e che sperimentò sul modello della tradizione drammatica sacra.
Una attestazione documentaria parla di un viaggio del D. in Lombardia attorno al 1525, del quale resta una lettera raccomandatizia, la patente, rilasciata dai Priori fiorentini.
Il 1527 è l'anno della morte causata probabilmente dall'epidemia: lo farebbe pensare la notizia del contagio della madre dell'araldo che precedette di pochi mesi la morte del D. avvenuta a Firenze il 17 nov. 1527.
Trentadue anni dopo i suoi canti carnascialeschi uscirono a stampa nella celebre raccolta curata dal Lasca (A.F. Grazzini): Tutti i trionfi, carri, mascherate [sic] ocanti carnascialeschi andati per Firenze, Firenze [L. Torrentino] 1559; l'edizione non soddisfece il fratello del D., Paolo, canonico della basilica di S. Lorenzo, il quale chiese l'immediato ritiro dell'opera dalla vendita. Seguì un conflitto tra i due, testimoniato esemplarmente da una parte dalla lettera del Lasca a Luca Martini, e dall'altra dalla supplica del fratello prelato a Cosimo I. La controversia terminò a sfavore del Lasca che fu obbligato a togliere i canti del D. dalla sua raccolta. Questi col titolo Canzoni o vero mascherate carnascialesche riapparvero infine pubblicati l'anno successivo, nel 1560, a cura di Paolo Dell'Ottonaio per i tipi di L. Torrentino a Firenze.
Il clamore sorto attorno a questa disputa spiega in larga misura la persistente notorietà del D. nella seconda metà del sec. XVI; non è a caso, infatti, che la seconda stampa della Ingratitudine risalga proprio al 1559 col prestigioso marchio editoriale dei Giunta.
La commedia Filogenia (inedita) si trova a Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, cod. I. VIII. 51. Edite sono state invece: Frottola d'un padre che haveva dua figliuoli (s. n. t.) pubblicata insieme all'Abram e Agar in Sacrerappresentazioni dei secoli XIV, XV e XVI, a cura di A. D'Ancona, Firenze 1872, I, pp. 1ss.; Ingratitudine, per Giovanni di Benvenuto, Firenze 1526: si legge ora in M. Cataudella, Le farse morali fiorentine, Salerno 1984; Nascita, vita e morte di s. Giovanni Battista, per Francesco Onofri, Firenze (s. a.) segnalata dal Palermo; è conservata manoscritta in due codici: il Magliabechiano XXXVIII, 80 della Bibl. naz. di Firenze e il Riccardiano 2853 della Bibl. Riccardiana sempre a Firenze. I canti carnascialeschi sono ora in Trionfi e canti carnascialeschi toscani del Rinascimento, a cura di R. Bruscagli, Roma 1986, 1, pp. LI e 159 ss.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. naz., Mss. II, X, 116: V. Borghini, Spoglimanoscritti, c. 44r; Ibid., Bibl. Riccardiana, Mss. Ricc. 2247: Priores libertatis. Patentes, c. 117r; Ibid., Arch. della Misericordia, Anni 1523-30, Documenti del Contagio, c. 65; Arch. di Stato di Firenze, Decima granducale, Filza I di Supplicazioni, c. 59, "Supplica del canonico Paolo dell'Ottonaio al duca Cosimo I"; B. Varchi, La suocera, Firenze 1589, p. 77; M. Poccianti, Catalogus scriptorum Florentinorum, Florentiac 1589, p. 99; I. Rilli, Notizie letter. ed istoriche intorno agli uomini illustri della Accademia Fiorentina, Firenze 1700, p. 169; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 249, 291; F. S. Quadrio, Storia e ragione d'ogni poesia, Milano 1741-1752, II, p. 555; V, p. 70; VII, p. 136; L. Allacci, Drammaturgia, Venezia 1755, p. 456; D.M. Manni, Le veglie piacevoli, Venezia 1762, II, pp. 41 s.; G. Vasari, Le vite de' più eccell. pittori, scultori, architetti, a cura di L. Ragghianti-C. Ragghianti, G. Innamorati, Milano 1978, IV, p. 139; F. Palermo, Imanoscritti palatini, Firenze 1860, II, pp. 388, 395, 468, 475, 485 ss., 495, 505; A. D'Ancona, Origini del teatro ital., Torino 1891, I, pp. 382, 395; II, pp. 150, 152, 155; F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento anter. ai tempi del Magnifico, Pisa 1891, p. 209; A. Pieralli, La vita e le opere di J. Nardi, Firenze 1901, pp.46 ss.; J. Nardi, Idue felici rivali, a cura di A. Ferrajoli, Roma 1901 pp. XXXII-XXXIV; A. K. Salza, Domenico Barlacchi araldo, attore e scapigliata fiorentino del secolo XVI, in Rass. bibliografica, IX (1901), pp. 21 ss.; W. Creizenach, Geschichte des neuren Dramas, Halle 1901 II, p. 227; F. Pintor, recens. ad A. Pieralli, in Giorn. stor. d. letter. ital., XLI (1903), p. 124; Id., Un'antica, commedia fiorentina, in Miscell. di studi critici in onore di G. Mazzoni, Firenze 1907, I, pp. 433, 437 ss.; F. Ghisi, Icanti carnascialeschi sulle fonti musicali del XV e XVI secolo, Firenze 1937; Nuovi canti carnascialeschi, a cura di Ch. S. Singleton, Modena 1940, p. 10; B. Croce, Due commedie fiorentine: la "Farsa di colui che vuol vivere senza pensieri" e quella dell'"Ingratidudine"in Poeti e scrittori del pieno e del tardo Rinascimento, Bari 1954, I, pp. 108-16; I. Sanesi, La Commedia, Milano 1954, I, pp. 245 ss.; A. F. Grazzini, Scritti scelti in prosa e in poesia, a cura diR. Fornaciari, Firenze 1956, p. 188; L. Zorzi, Ilteatro e la città, Torino 1977, p. 85; R. C. Trexler, The "Libro Cerimoniale" of the Florentine republic, Genève 1978, pp. 50 ss.; Per le stampe dell'Anton, chi chiama e dell'Ingratitudine si v. inoltre: P. Colombe de Batines, Bibliografia delle antiche rappresentazioni ital., Firenze 1852, p. 84; A. Segarizzi, Bibliografia delle stampe popolari italiane della Real Biblioteca di S. Marco di Venezia, Bergamo 1913, n. 161; C. Angeleri, Bibliografia delle stampe popolari, Firenze 1953, p. 41; A. Mango, La commedia in lingua, Milano 1966, p. 270; Illuogo teatrale a Firenze (catal.), Milano 1975, p.71; Trionfi e canti carnacialeschi toscani del Rinascimento, a cura di R. Bruscagli, Roma 1986, 1, pp. 159-218.