DEL SOLE, Giovanni Battista
Figlio di Pietro, anch'egli pittore (Torre, 1674, p. 320), nacque a Milano o nel Ducato milanese (ibid.), intorno al 16151625. Apprese dal padre i primi insegnamenti pittorici (Orlandi, 1719, p. 230); nulla si conosce sulla sua successiva formazione, ma con certezza si può asserire che essa non si svolse all'Accademia ambrosiana di Milano (che, fia l'altro, era stata chiusa nel 1630 a causa della peste e che fu riaperta solo nel 1669).
La sua attività artistica è documentata per trenta anni, dal 1644 circa, in campo sia pittorico sia incisorio, con una produzione certamente più cospicua rispetto a quanto oggi si conosce. Delle sue opere attualmente note la maggior parte può essere sistemata in una convincente ordinazione cronologica; per altre, invece, mancano dati sufficienti.
La prima opera attribuibile con certezza al D. è databile al 1644 ed è una serie di ventuno acqueforti eseguite in collaborazione con G.P. Bianchi, su disegni di C. Storer, per il volume Racconto delle sontuose esequie fatte alla Serenissima Isabella Reina di Spagna..., edito a Milano nel 1645, che descrive ed illustra gli apparati allestiti in duomo. Al 1649 risale invece la Battaglia di Azio, un soggetto che l'artista dipinse per uno dei pannelli allestiti in occasione delle feste in onore di Anna d'Austria e posti dentro ad archi celebrativi costruiti intorno a porta Romana; il medesimo soggetto venne poi inciso dall'artista anche in un'acquaforte, inserita nel volume La pompa della solenne entrata fatta dalla Serenissima Maria Anna Austriaca... (Milano 1651), che contiene anche incisioni di C. Storer, G. Cotta e G. Quadrio.
Di un'attività pittorica del D. in questo periodo apparentemente non si hanno notizie, anche se essa è ipotizzabile. In base alle date conosciute, sembrerebbe che abbia assunto una certa consistenza solo più tardi; le prime commissioni a noi note risalgono intorno al sesto decennio. Infatti la sua presenza come pittore in S. Eustorgio a Milano è documentata in un periodo compreso fra il 1653-1657: nel 1653 è da ritenere infatti che egli àbbia eseguito un affresco oggi perduto (Torre, 1674, p. 88), posto sul pulpito in. pietra eretto davanti alla chiesa e raffigurante un Miracolo di s. Pietro da Verona, mentre agli anni seguenti è riconducibile la decorazione ad affresco nella cappella Torelli, nella stessa chiesa (Allegranza, 1784), con un ciclo di Storie di s. Domenico.
A questo periodo, e più precisamente al 1656, risale l'acquaforte, datata, ritraente il Sepolcro di Enrico Settala, che si trovava nella chiesa di S. Francesco a Milano, andata distrutta nel 1807. Dalla scritta presente in tale stampa si ricava la notizia che il D. aveva eseguito un dipinto sul sepolcro, con una scena di battaglia che si riferiva alla crociata cui aveva partecipato il Settala. Di tale dipinto, malamente riprodotto nella stessa acquaforte, parla anche il Torre (1674, p. 201).
Dopo questa prima attività milanese l'artista ricevette commissioni prima a Varese (qui nel 1658 dipinse la volta dell'oratorio di S. Giuseppe: l'opera è datata e firmata, con alcune figure di angeli e puttini) e poi in provincia di Pavia. Nel 1661 infatti stipulò un accordo con i responsabili della chiesa di S. Pietro Apostolo a Broni (Pavia) per sei quadri raffiguranti la Storia di s. Contardo, da collocarsi nell'omonima cappella; l'accordo venne negli anni seguenti modificato ed aumentò il numero dei dipinti commissionati (cfr. Cerioli, 1904, p. 11). Di questa decorazione, che copriva in pratica tutta la cappella, si conservano solo gli affreschi della parete sinistra.
Il ritorno a Milano avvenne intorno al 1663, probabilmente al termine della commissione di Broni. Nel capoluogo lombardo il D. eseguì sette dipinti su lapislazzulo, oggi perduti, per il museo di Manfredo Settala: di due soli, raffiguranti Galeone e Galea e un Porto di mare, è noto il soggetto dalle descrizioni del Terzago (1664).
Qualche anno più tardi, probabilmente nel 1669 o nel 1670, il D. lavorava per il convento di S. Angelo a Milano, compiendovi un olio su tela raffigurante S. Pietro d'Alcantara, la cui canonizzazione era avvenuta nel 1669; quest'opera, tuttora in loco, è stata in passato attribuita, per confusioni di nomi, al bolognese Giovan Gioseffò Dal Sole, ma senza alcun fondamento. Per lo stesso convento, nel secondo chiostro della chiesa, il D. compì forse un affresco con Storie di s. Francesco (Orlandi, 1719), ricordato anche in una fonte manoscritta conservata all'Archivio storico di Milano (Annotazioni, post 1746); tale chiostro e i dipinti in esso contenuti sono andati distrutti durante il secondo conflitto mondiale.
Disperse risultano inoltre altre quattro opere milanesi eseguite in questo stesso periodo: un altro S. Pietro d'Alcantara e un Cristo morto, realizzati per l'oratorio di S. Francesco nella chiesa di S. Maria della Pace (Torre, 1674, p. 321), soppressa nel 1805; una Erodiade, realizzata per la chiesa di S. Giovanni alle Case Rotte (ibid., p. 303); e infine un gruppo di affreschi nelle sale del palazzo ducale, probabilmente compiuti nel 1665 (Campori, Lettere, Modena 1866, pp. 125 s.), anch'essi oggi non più esistenti.
Entro il 1671 deve essere collocata l'esecuzione di un olio su tela, La morte del giusto, per la cappella del Suffragio dei morti, nella chiesa di S. Biagio a Caprino Bergamasco (oggi conservata nella sacrestia della medesima chiesa), poiché di tale dipinto si fa menzione in una relazione redatta appunto nel 1671 da G. B. Natali, curato di Caprino Bergarnasco (cfr. Pinetti, 1931, p. 191).
L'anno seguente il D. ricevette l'incarico per un grande dipinto (350 × 800 cm) raffigurante La battaglia di Lepanto, per la cappella del collegio "Ghislieri" a Pavia. L'attribuzione di tale opera, oggi conservata nella sala Pio V del medesimo collegio, è stata in passato controversa, volendola alcuni assegnare a G. G. Dal Sole, ma il ritrovamento del manoscritto con la descrizione della visita pastorale del 1673 (conservato al collegio) permette di assegnare con certezza al D. l'esecuzione del dipinto, stabilendone anche i pagamenti.
Per un'altra Battaglia di Lepanto, di minori dimensioni, conservata a Broni (Pavia), nella cappella del Rosario nella chiesa di S.Pietro Apostolol l'assegnazione è da considerarsi possibile, ma non suffragata al momento da alcun obiettivo documento, salvo labili assonanze stilistiche, che non escludono che l'esecuzione di questo dipinto possa essere opera di qualche imitatore della Battaglia del collegio "Ghislieri".
A probabilmente da collocare durante questo soggiorno pavese anche l'acquaforte Ildiacono Liutprando alla presenza dell'imperatore d'Oriente, ilcui soggetto è legato ad avvenimenti storici riferentesi alla città, della quale la stampa rnostra anche un'ampia veduta.
L'ultima opera in ordine di tempo (intorno al 1680) attribuibile al D. è Le Marie al sepolcro, un affresco nella cappella di S. Marta in S. Vittore a Varese, che taluni (per es. G.A. Adamollo, in G.A. Adamollo-L. Grossi, Cronaca di Varese, Milano 1931, c. 79v) vorrebbero di mano di Pietro Del Sole, padre del D. ma che una critica più recente tende a restituire a Giovanni Battista.
Oltre alle opere fin qui descritte, sono da citare alcune acqueforti, per le quali apparentemente non vi sono elementi utili per una datazione, come la S. Famiglia (Bartsch, 1821), desunta da un soggetto di F. Perrier, e una Allegoria della Chiesa, firmata e indicante Milano come luogo di esecuzione. A queste si può aggiungere un'altra incisione solo dubitativamente riferibile all'artista: un Frontespizio con l'incontro della contessa Matilde.
Numerose sono, anche in campo pittorico, le opere di cui si hanno solo notizie frammentarie dalle fonti, come i due dipinti, citati genericamente nell'inventario manoscritto della famiglia Mazenta del 1672 (pubblicato dal Verga, 1918, p. 281), o un Angelo, un tempo conservato a Treviso nella raccolta degli eredi Corniani degli Algarotti-Peruzzolo. Va ricusata per motivi cronologici l'attribuzione al D. degli affreschi della cappella di S. Tommaso nella chiesa di S. Angelo a Milano, eseguiti intorno al 1620-1630; mentre la Presentazione al tempio (Vaduz, collezione dei principi di Liechtenstein) è opera plausibilmente di G. G. Dal Sole.
Per quanto concerne i disegni, poco o nulla si può dire con certezza. Alcuni sono conservati all'Ambrosiana di Milano, ma la loro attribuzione appare quanto meno discutibile. Per la restante attività in questo settore è possibile avere solo notizie indirette, o dalle iscrizioni presenti in talune sue incisioni, o da acqueforti eseguite da altri artisti con soggetti tratti da suoi disegni: in questo senso si conosce un Ritratto maschile, inciso da G. B. Bonacina, e si ha notizia dal Füssli (1819) di altri soggetti, di cui uno inciso da H. Winstanley.
Nessuna notizia precisa si ha sulla data di morte del D.: certo essa non è avvenu:ta, come sostiene P. Zani (Encicl. ... delle belle arti, I, 17, Parma 1823, p. 323), nel 1719, confondendosi con quella di G. G. Dal Sole; rispetto ad essa deve essere verosimilmente anticipata, e comunque collocata dopo il 1673, ultimo anno nel quale è documentata con certezza l'attività dell'artista.
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