DEL RICCO (Del Riccio), Gaetano di san Vincenzo (al secolo Vincenzo)
Nacque a Firenze il 3 giugno 1746 da Gaetano e Maria Santicini.
Le famiglie dei genitori appartenevano al ceto medio agiato, e quella paterna aveva anche avuto un ruolo nella vita culturale fiorentina del primo '700. All'ingresso tra gli scolopi il D. muterà il nome di battesimo, Vincenzo, in Gaetano di s. Vincenzo, associando così il nome paterno al proprio; documenti relativi a membri della famiglia e al D. stesso danno spesso il cognome nella forma Del Riccio, ma in età adulta e nelle intestazioni delle opere a stampa egli adotterà sempre la forma Del Ricco.Seguì l'intero corso di studi presso gli scolopi delle scuole fiorentine di S. Giovanni Evangelista, dato che varie fonti lo dicono allievo in matematica del p. S. Canovai, che vi insegnava. Il contatto con i docenti l'orientò precocemente alla vita religiosa tanto che nel maggio 1761, ancora studente, entrò nel noviziato scolopio; al termine degli studi i superiori, constatatone l'esito brillante e valutate la serietà e l'indole analitica dell'ingegno del D., lo destinarono all'insegnamento.
Dal primo Settecento l'insegnamento filosofico e scientifico degli scolopi italiani era notevolmente progredito, a opera di autori quali E. Corsini e P. Chelucci, per impulso dei quali in filosofia i temi fisici avevano progressivamente soppiantato quelli scolastici, e in matematica ai tradizionali temi euclidei si era affiancato, e in parte sostituito, l'approccio analitico. Sul lavoro dei Corsini e del Chelucci si era innestato quello di Gregorio Fontana e questa tradizione, tramite il Canovai (allievo del primo e, forse, del terzo) giunse al Del Ricco.
Da circa il 1765 questi insegnò a Volterra prima retorica, poi filosofia e matematica con esito molto positivo, tanto che già nel 1769 i superiori lo chiamarono a Firenze, in S. Giovanni Evangelista, per insegnare filosofia e matematica accanto al Canovai. La definitiva maturazione scientifica del D. avvenne quindi a fianco del maestro e anche, allorché intervenne la soppressione della Compagnia di Gesù, di L. Ximenes, che, sciolto il suo Ordine, visse a contatto con gli scolopi fiorentini; nei suoi ultimi anni il gesuita trapanese fu vicino al giovane D., maturandone un apprezzamento che manifestò poi nel testamento.
Il D. iniziò a porsi all'attenzione della comunità scientifica con una iniziativa che resterà la sua più notevole: l'approntamento, unitamente al Canovai, di manuali destinati all'insegnamento matematico nelle scuole degli scolopi, divenuti poi quasi testi standard nell'istruzione superiore italiana degli anni napoleonici. Se la didattica scientifica degli scolopi, nonostante gli indubbi progressi di principio già ricordati, quanto ai manuali era ancora ferma ai libri del Chelucci, ormai molto datati, la stessa manualistica universitaria non possedeva testi che fossero insieme completi, comprensibili al novizio e adeguati ai progressi recenti (o, come si espressero il Canovai e il D., "compiutamente elementari"). Questo, unitamente alla qualità dei lavoro, spiega il favore incontrato dall'iniziativa; i due scolopi preferirono alla stesura d'un testo interamente nuovo la traduzione, con modifiche e ampliamenti, del ben noto manuale di J.-F. Marie (a sua volta elaborazione di quello di N.-L. De La Caille), apparsa a Firenze nel 1781 col titolo di Lezioni elementari delle matematiche del sig. Abate Marie tradotte dal Francese, ed arricchite d'illustrazioni e di aggiunte da Stanislao Canovai e Gaetano Del Ricco delle Scuole Pie. Dopodi allora essi lavorarono a un trattato di matematica applicata strettamente collegato al precedente, stampato a Firenze nel 1788 col titolo Elementi di fisica matematica ... compilati da Stanislao Canovai e Gaetano Del Ricco delle Scuole Pie.
Una analisi essenziale delle due opere dal punto di vista tecnico è già disponibile (cfr. P. Delsedime), ma ad essa si possono aggiungere alcune notazioni più generali. Le innovazioni introdotte dai due scolopi concernevano quasi ogni parte dell'opera (nell'ordine: aritmetica, algebra, logaritmi, geometria, trigonometria, geometria analitica, calcolo differenziale e integrale) e comprendevano quaranta problemi. Il manuale ebbe sette edizioni fiorentine entro il 1825, l'ultima con modifiche e aggiunte di G. Inghirami, una ristampa palermitana della prima edizione (1782) e una edizione parziale pavese nel 1793, nella quale la parte di calcolo fu rifatta da G. Fontana. Le prime edizioni segnarono continui interventi migliorativi degli autori; poiché l'opera mancava di tavole logaritmiche, essi colmarono la lacuna utilizzando, anche in questo caso, un testo estero rivisto e ampliato (Tavole logaritmiche del signor Gardiner corrette da molti errori occorsi... e corredate di una nuova teorico-pratica spiegazione dei loro usi da Stanislao Canovai e Gaetano Del Ricco..., Firenze 1782). Anche questo complemento ebbe la fortuna del manuale, come mostrano tre edizioni e una ristampa avutesi a Firenze entro il 1827; un conoscitore come P. Riccardi giudicherà queste tavole tra le più corrette e nitide. Rispetto alle Lezioni, gli Elementi di fisica sono non solo opera più originale, ma più innovativa rispetto alla manualistica corrente. Nel "Discorso preliminare" si prendeva la distanza sia dalla fisica d'impianto metafisico, di ascendenza scolastica, sia da quella "ipotetica" (nel senso della tradizione cartesiana), indicando come sole parti solide della disciplina la "fisica istorica" (sperimentale) e la "fisica matematica". Ritenendo la prima troppo vasta e, nel loro tempo, non ancora concettualmente coordinata, gli autori si autoconfinarono alla sola parte "elementare" della seconda, distinta dalla "sublime" (includente gli sviluppi analitici della meccanica). L'opera aveva quattro parti (meccanica, idromeccanica, ottica, astronomia) che fornivano un quadro più dimostrativo che descrittivo, non povero né prolisso. Le dimostrazioni analitiche soppiantavano largamente le sintetiche e i numerosi problemi annessi facevano del testo un reale strumento operativo; quest'ultimo aspetto si potenziò nelle due successive edizioni fiorentine (1799 e 1809-1810, in due tomi). Le tavole astronomiche aggiunte alla terza edizione furono anche stampate a parte (Tavole astronomiche raccolte per uso degli studenti di fisica matematica delle Scuole Pie di Firenze..., Firenze 1811). Il Canovai e il D. insistettero sempre sulla unitarietà del loro lavoro, cosicché non è semplice attribuire loro singole parti delle opere; si può solo ritenere certo che le Tavole astronomiche sidebbono al D. e a suoi allievi, in particolare a G. Inghirami.
Lezioni ed Elementi furono elogiati da scienziati quali il Fontana, il barone A. von Zach, B. Oriani, G. Piazzi, J.-J. Lalande, A. Cagnoli, G. Ruffini, G. Brunacci. I rapporti degli autori con queste ed altre figure furono favoriti dal fatto che L. Ximenes, con testamento del 1782 modificato nel 1785 e divenuto esecutivo nel 1786, lasciò agli scolopi la specola da lui eretta a Firenze insieme, alla propria biblioteca, costituendo poi, con apposito lascito, due cattedre di astronomia e idraulica da attivarsi in S. Giovanni Evangelista o nello Studio fiorentino, affidate la prima al D., la seconda al Canovai. Cosi, per quasi un trentennio, il D. fu il riferimento fiorentino di astronomi italiani e stranieri, fu visitato dal Lalande (che lo ricorderà nel Voyage en Italie, III, Paris 1786, p. 135) e dal barone von Zach e tenne una notevole corrispondenza scientifica, che per le lettere in arrivo è ancora conservata nella biblioteca dell'osservatorio ximeniano mentre per quelle in partenza è frazionata in vari osservatori europei (lettere del D. al Cesaris e all'Oriani si trovano nell'archivio dell'osservatorio di Brera). L'attività di ricerca del D. non fu di spicco, anche perché ostacolata da impegni didattici e da povertà di strumentazione, nonché vincolata ad adempimenti specifici previsti dallo Ximenes. Egli si adoperò per accrescere la dotazione della specola, pur nelle ristrettezze finanziarie della crisi di fine secolo, e in questo si valse di rapporti molto stretti con la famiglia granducale. Già Pietro Leopoldo aveva incoraggiato la stampa delle Lezioni e si era valso del D. come precettore in matematica dei figli; tra questi, il futuro Ferdinando III restò legato al maestro, soccorrendo le necessità finanziarie dell'osservatorio e di varie residenze scolopie e nominando il D., dopo l'ascesa al trono, confessore proprio e dei figli.
Al rapporto con i Lorena si connette l'azione religiosa del D. entro e fuori l'Ordine scolopio; sacerdote noto per probità e per l'attivismo umanitario, che lo avvicinava alla migliore religiosità del tardo Settecento toscano, fu rettore di S. Giovanni Evangelista e, negli anni napolconici, provinciale di Toscana. In questa veste, grazie al ruolo svolto dagli scolopi nell'istruzione pubblica, nel 1810 ottenne dal governo napoleonico, tramite il prefetto Roland, la loro esenzione dalla generale soppressione degli Ordini religiosi nell'Impero. Uno storico dell'Ordine, A. Checcucci, asserì anche che Pio VII gli aveva offerto il generalato, rifiutato dal Del Ricco. Di fatto egli tese costantemente a rimanere in Toscana, e specificamente a Firenze; accettò solo a titolo onorario la docenza nell'università di Pisa (per conto della quale fu sovrintendente degli studi a Firenze) e, sembra, rifiutò anche altre cattedre.
La produzione scientifica del D., a parte i manuali, fu, molto esigua e un asserto di T. Vifias, secondo il quale egli avrebbe pubblicato diverse operette, non ha altri riscontri; quando il governo francese volle introdurre in Toscana il sistema metrico decimale, egli coordinò il lavoro d'un gruppo che redasse delle Tabulae reductionis mensurarum et ponderum Tuscorum ad mensuras et pondera novi systematis metrici decimalis, senza che questo denoti un orientamento decisamente favorevole all'innovazione o alla nuova situazione politica.
Le tavole non risultano stampate e, astraendo dai manuali, il contributo più notevole del D. fu quello didattico, col quale egli formò buona parte dei quadri scientifici toscani del primo Ottocento e in particolare G. Inghirami, suo allievo e poi assistente e successore nell'osservatorio.
Il D. nel 1807 l'inviò a perfezionarsi a Brera; tornato a Firenze, Inghirami sollecitò il maestro ad acquistare nuovi strumenti, ed anche mediante questi poté affrontare la gravosa preparazione delle tavole delle occultazioni delle fisse ad opera della Luna, lavoro suggerito al D. dallo Zach. Come tanti autori scientifici nell'Italia del Sei-Settecento., il D. fu letterato di qualche notorietà, coltivando oratoria sacra e poesia; è però dubbio se un testo teatrale attribuitogli dal Checcucci, Il tempio di Salomone (che sarebbe stato rappresentato a Firenze nell'oratorio dei filippini), fosse opera sua oppure del padre o di omonimo, poiché copie esistenti del testo sembrano denunciare una stesura più antica rispetto al periodo di maturità del Del Ricco. Se la scarsità degli editi spiega la ridotta notorietà successiva del D., la sua figura scientifica e umana fu altamente valutata dai contemporanei, come prova anche l'autorizzazione data da Ferdinando III alla sua tumulazione nel collegio di S. Giovanni, accanto al Canovai, morto nel 1811.
Il D. morì a Firenze il 1ºfebbr. 1818.
Fonti e Bibl.: Tre lettere del D. a S. Canterzani sono a Bologna, Biblioteca universitaria, Mss. Ital. 1277, busta VI; una a G. von Reichenbach è a Monaco di Baviera, Deutsches Museum, Aut. n. 5787; Novelle letterarie (Firenze), n. s., XII (1781), coll. 513 ss.; XV (1784), col. 129; XVIII (1787), coll. 321 ss.; XIX (1788), col. 418; A. Checcucci, Commentario della vita e delle opere di Pompilio Pozzetti delle Scuole Pie..., Firenze 1858, pp. 37, 70 ss., 221 s., 227-237; B. Boncompagni, Intorno ad un'opera dell'abate Nicolò Luigi De La-Caille intitolata "Leçons élémentaires de mathématiques", in Bull. di bibliogr. e di storia delle scienze matematiche e fisiche, V (1872), pp. 291 s.; P. Riccardi, Biblioteca matematica ital., Milano 1952, I, coll. 223 ss. (sub nomine Canovai, Stanislao); T. Viñas, Index bio-bibliographicus CC. RR. PP. Matris Dei Scholarum Piarum qui in universo Ordine pietatem, litteras ac scientias scriptis suis foventes ornaverunt, III, Romae 1911, pp. 121-25; S. Ferrighi, L'Osservatorio Ximeniano di Firenze, Brescia 1932, pp. 25-36, 39, 154; Acc. econagraria dei Georgofili. Arch. storico, I, a cura di A. Morandini-F. Morandini-G. Pansini, Firenze 1970, p. 38; Enc. catt., IV, col. 1388; P. Delsedime, Canovai, Stanislao, in Dizionario biogr. degli italiani, XVIII, Roma 1975, pp. 223 s.