DEL MONTE (Ciocchi Del Monte), Giovanni Battista
Nacque nel 1518da Baldovino e da Giulia Mancini. Sposò Ersilia, figlia legittimata di Iacopo Cortese, fratello del card. Gregorio, ma non ebbe discendenza. Nel 1548, lo zio del D., card. Giovanni Maria Ciocchi Del Monte, poi papa Giulio III, si appellò ai card. Reginald Pole e Uberto Gambara per tutelare l'eredità del defunto card. Cortese, spettante al D. ed a sua moglie. Rimasto unico erede per la morte dei tre fratelli, il D. mal tollerò la legittimazione di Fabiano, figlio naturale di Baldovino, e ancor meno i favori di cui godé il fratello adottivo Innocenzo, elevato alla porpora nei primi mesi del pontificato di Giulio III e dotato in seguito di molti benefici, assai più cospicui del governatorato di Fermo e Nepi conferito al D. nel luglio 1550. Non gli era sufficiente neppure un incarico nelle milizie pontificie, prestigioso ma subordinato ad un Farnese.
L'ambasciatore fiorentino, Averardo Serristori, intuì quanto il D. si sentisse insoddisfatto e misconosciuto: "Il Signor Giovan Battista... si trova senza grado e con poca speranza di averne alcuno che gli si convenga, trovandosi appresso al duca Ottavio il gonfalierato o generalato della Chiesa... talché veggo sua signoria disperata in modo che è impossibile che le cose stiano lungamente cosi" (Le legazioni..., p. 243). Il timore del Serristori era che il D. arrivasse a provocare qualche "mala soddisfazione fra casa Farnese e quella di Sua Santità".
Il pontefice cercò forse una soluzione chiedendo all'imperatore per il D. le città di Novara e Civita di Penna, tolte da Carlo V al genero, duca Ottavio Farnese, dopo che questi ebbe stipulata alleanza con il re di Francia. Sta di fatto che il D., "disperato, con poco buon consiglio", come riferiva ancora il Serristori al duca Cosimo (ibid., p. 256), divenne uno strumento nelle manovre dell'inviato imperiale don Diego de Mendoza.
Giulio III aveva restituito Parma ad Ottavio Famese, scontentando l'imperatore che voleva invece annetterla al suo possesso di Piacenza; il Mendoza quindi cercava attraverso il D. l'appoggio del papa ad una iniziativa contro il Farnese. Ben si comprende la ragione per cui il Serristori proponeva a Cosimo di indurre l'imperatore ad accettare il D. come servitore "non gia presso don Diego a Milano ma presso Carlo V e suo figlio Filippo". Il Farnese intanto, timoroso di perdere il suo possesso, chiese la protezione di Enrico II, re di Francia, che inviò truppe a Parma. Per Giulio III rischiava di diventare inevitabile la guerra sia perché era intollerabile che un vassallo pontificio accogliesse un presidio straniero senza autorizzazione papale, sia perché fallirono tutte le mediazioni diplomatiche e non fu accettato dal Farnese lo Stato di Camerino quale indennizzo per la perdita di Parma.
Il D. cominciò apertamente a raccogliere truppe, sperando di trar vantaggio da questa guerra con la protezione del Mendoza e del governatore di Milano, Ferrante Gonzaga, eterno nemico dei Farnese. In una lettera a quest'ultimo, del 3 apr. 1551, il D. non nascose di desiderare addirittura per sé il possesso di Parma. Certo, per il pontefice il D. non rappresentò l'ostacolo'meno grave ad una soluzione pacifica se il vescovo di Valence, Giovanni di Montluc, già recatosi presso il duca Ottavio onde evitare la guerra, fu incaricato di trattare anche con il D., cui promise "di fare l'accordo in modo che venisse qualche grandezza a lui". (De Leva, Storia docum., p. 151). Non ci fu tuttavia tempo per ulteriori mediazioni dopo che Ferrante Gonzaga ebbe attaccato a metà giugno del 1551 il territorio di Parma senza aspettare la risoluzione di Roma. La guerra era ormai aperta; il Gonzaga prese il comando delle truppe imperiali e il D., ma solo di nome, quello delle truppe pontificie.
Di fatto, le milizie del papa erano guidate dal ben più esperto Alessandro Vitelli. Tuttavia il D. non si mostrò del tutto privo di capacità militari ed ebbe la stima dei suoi uomini anche se, come scrisse il card. Innocenzo Del Monte a Pietro Camaiano il 2 febbr. 1552 (in De Leva, Storia doc. ..., p. 304), era difficile per lui trovare, senza denaro per pagare le truppe (le finanze pontificie erano esauste), l'obbedienza necessaria.
La notte del 18 luglio 1551 il D. preparò un agguato ai cavalleggeri di Orazio Farnese nei pressi di Concordia. Benché duramente provate nella prima fase dell'attacco, le sue truppe si gettarono all'inseguimento e fecero prigionieri i nemici dopo averli raggiunti sulle rive del Secchia. Si ottennero da parte pontificia piccole vittorie ma non v'era modo di espugnare la fortezza della Mirandola e porre così fine alla guerra. Un'epidemia si diffuse tra i soldati imperiali e pontifici e il D., caduto malato, fu portato a Bologna con grave cruccio del pontefice. Mentre invano si tentava ancora di cingere d'assedio la Mirandola, il D., tornato a combattere, morì in uno scontro presso quella fortezza il 14 apr. 1552.
Fonti e Bibl.: Lettere di principi, III, Venetia 1581, ad nomen;A. Fortunio, Cronichetta del Monte San Savino di Toscana, Firenze 1583, pp. 55, 57; Le legaz. di Averardo Serristori, a cura di L. Serristori, Firenze 1853, ad Indicem; Calendar of State papers, Foreign series, Edward VI, 1547-1553, a cura di W . B. Tumbull, London 1861, pp. 112, 135, 142; Calendar of State papers relating to English affairs... Venice..., V, 1534-1554, a cura di R. Brown. London 1873, pp. 226 s., 271 ss.; Cronache della nobilissima famiglia Pico, in Mem. stor. della città e dell'antico ducato di Mirandola, a cura di I. Bratti-P. Papazzoni, Mirandola 1874, pp. 227, 245, 249 ss.; F. Sleidans Briefwechsel, a cura di H. Baumgarten, Strassburg 1881, pp. 178, 201; Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, Diaria, I, II, XI, Friburgi Brisg. 1901-1937, ad Indices; Nuntiaturberichte aus Deutschland, 1533-1599, a cura di G. Kupke, Berlin 1901 ad Indicem; Nuntiaturberichte aus Deutschland, 1533-1599, a cura di H. Lutz, Tübingen 1959, ad Indicem;O. Raynald, Annales ecclesiastici, XIV, Lucae 1755, pp. 415 s.;G. Tiraboschi, Bibliotheca modenese, II, Modena 1782, p. 167; S. Pallavicino, Storia del concilio di Trento, III, Faenza 1793, p. 271;G. Tiraboschi, Storia della letter. italiana, IV, Milano 1883, pp. 3, 155;G. De Leva, La guerra di papa Giulio III, in Riv. stor. ital., I (1884), p. 643;Id., Storia documentata di Carlo V, V, Bologna 1894, p. 151, 304;D. Tesoroni, Il palazzo di Firenze, Roma 1889, pp. 34 s.; L. von Pastor, Storia dei papi, VI, Roma 1963, ad Ind.;P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Monte (Del) di Montesansavino, tav. 119.