DEL MARE, Paolo Marcello
Nacque a Genova nel dicembre 1734 da Angelo e da Maria, ambedue di origine e di religione israelitica, ricevendo il nome di Giuseppe. La famiglia, proveniente da, Livorno e dedita alla "mercatura" - professione verso la quale anche il D. venne indirizzato fino a diciassette anni - godeva di una buona condizione economica. Rimasto orfano di ambedue i genitori, passò sotto la cura dell'abate Paolo Girolamo Franzoni, nota figura di educatore e di filantropo genovese, che esercitò sul suo animo una profonda influenza, sbocciata nella conversione del D. alla religione cattolica e nella scelta della vocazione ecclesiastica. Fu battezzato col nome di Paolo Marcello Maria il 14 ag. 1753 nella chiesa di S. Maria della Sanità dei carmelitani scalzi, essendo padrini il patrizio Marcello Durazzo e la dama Barbara Durazzo Brignole. Compì i suoi studi nel collegio di Genova, e, presi gli ordini minori, venne inviato a studiare teologia prima a Roma e quindi nell'abbazia dei Ss. Benedetto e Scolastica a Subiaco. Ritornato a Roma, fu ordinato sacerdote nel 1758 ed entrò in una comunità di sacerdoti genovesi che si preparavano a compiti missionari per la congregazione di Propaganda Fide.
Risale al periodo romano del D. una vasta rete di amicizie con molti esponenti di rilievo della cultura rigorista e giansenizzante non solo italiana (accanto a Puiati, P. Tamburini, Ricci, ecc., troviamo G. Dupac de Bellegarde e l'abate Clément). Partecipò con entusiasmo alle riunioni settimanali del circolo romano di P. Tamburini che si riuniva in casa di mons. F. De Vecchi (Dammig, pp. 175 s.).
Divenuto superiore della Congregazione di S. Giovanni Battista, si trovò in difficoltà per le sue idee e, attratto dall'ideale di Port-Royal, nel gennaio 1774 decise di farsi oblato nel Sacro Speco di Subiaco, in quegli anni ritenuto una roccaforte "giansenista". Insoddisfatto della scelta, uscì dal monastero nel settembre 1775 e accettò un posto di "lettore" di morale nel seminario di Albenga. Intanto il 12 genn. 1775 aveva inviato una lettera di comunione alla Chiesa scismatica di Utrecht, dopo essersi impegnato a Roma per la riconciliazione della S. Sede con i vescovi olandesi. Tre anni più tardi si trasferì a Genova, professore di Sacra Scrittura nelle scuole pie e collega di G. B. Molinelli.
I suoi interessi teologici risentirono delle polemiche dibattute nei circoli romani e si espressero nella pubblicazione di operette anonime contro il propagarsi della devozione al Sacro Cuore, nonché nella traduzione di alcuni testi di giansenisti francesi.
Nel 1773 pubblicò a Roma presso Pagliarini la Lettera istruttiva di un teologo romano ... intorno alla devozione al Cuor di Gesù, che avrebbe ricevuto diverse edizioni. L'amico De Vecchi gli consigliò il piano di un altro volumetto, commissionato al D. dal della Torre, vescovo di Albenga, la Lettera dì un sacerdote di Genova... circa la devozione al Cuore di Gesù (Genova 1773), poi sunteggiata dalle Nouvelles ecclészastiques (28 marzo 1774) e ripubblicata nella Raccolta di opuscoli interessanti la religione (Pistoia 1784), patrocinata dal de' Ricci. Tra le traduzioni del D. merita ricordare l'Educazione ed istruzione cristiana... di E. Gourlin (Genova 1779), catechismo giansenista già stampato a Napoli tre anni prima, ma dal D. migliorato nella traduzione e attenuato in alcune espressioni, nonché le Istruzioni del vescovo di Soissons F. de Fitz-James, opera dei ricordato Gourlin (condannata dal S. Offizio il 20 genn. 1783).
Fin dagli inizi del 1781 il D. intrecciò una corrispondenza piuttosto assidua con Scipione de' Ricci, forse conosciuto attraverso il comune amico A. Baldovinetti. A lui dedicò i Pregiudizilegittimi contro la nuova devozione al cuor carneo di Gesù (Pistoia 1781), opera in cui, tuttavia, il D. si mostra assai più sensibile a recepire l'ispirazione giansenistica arcaizzante che non i motivi modernizzanti ugualmente presenti nei seguaci del vescovo di Pistoia. La partecipazione più diretta a fianco del gruppo ricciano-leopoldino in Toscana lo portò a collaborare, dal 1782, al periodico Annali ecclesiastici di Firenze. Nell'autunno 1782, tramite l'amicizia col De Vecchi e coi de' Ricci, venne proposto alla direzione dell'erigenda Accademia ecclesiastica di Siena. Accolto favorevolmente dal De Vecchi a Siena (dove giunse il 29 ott. 1783), dopo pochi mesi si attirò le critiche di costui per la passionalità del suo carattere. Incaricato di tenere anche i corsi di dogmatica, svolse il trattato dei Luoghi teologici nel 1783-84 e quello degli Atti umani nell'anno seguente. Mentre il primo corso, forse rielaborato, sarà dato alle stampe a Livorno soltanto nel 1789, il secondo verrà pubblicato, col titolo Praelectiones dogmatico-morales..., già nel 1785 a Siena. Sottoposte dal D. alla revisione critica degli amici francesi, queste lezioni risentono fortemente dell'ispirazione giansenizzante, di cui accolgono le posizioni rigoriste e la lotta a fondo contro il probabilismo nel campo morale. Sempre nel 1785 intervenne anche sul problema della comunione degli Armeni cattolici con quelli scismatici.
Con un Voto del 15 dic. 1784, steso dal D. stesso, l'università di Siena concluse che i cattolici armeni potevano uniformarsi al calendario liturgico degli scismatici per la celebrazione delle feste, ma non assistere alle loro cerimonie religiose, poiché ciò implicava "una vera comunicazione in divinis", proibita dal diritto naturale e divino. Tale parere sollevò una violenta polemica tra i teologi del marchese de Serpos (G. Marinovich, Tetamo e D. Stratico) e il D., che rispose loro con l'opera Principi teologici per servire di preservativo agli errori contenuti nell'"Esame teologico del Voto ..." (Siena 1786), il cui presupposto era il rifiuto di ogni forma di molinismo e del principio della fede implicita. Tuttavia, in questo volume, l'ecclesiologia del D. si mantiene lontana dagli influssi febroniani o ricciani, poiché rifiuta il principio giurisdizionalista (p.84) e riconosce il primato "di onore e di giurisdizione conferito da Gesù Cristo" ai successori di Pietro (p. 137).
Fu forse in ragione di tali riserve teologiche che il D. seguì solo dall'esterno l'avvenimento del sinodo di Pistoia (1786) e non vi si soffermò mai nel carteggio col de' Ricci. Anzi, nel momento cruciale dell'offensiva riformista del gruppo ricciano-leopoldino, tentò di frenare il radicalismo del de' Ricci contrario alla perpetuità dei voti monastici, raccomandandogli "una maggior circospezione nell'operare" (Carteggidi giansenisti..., I, p. 438). Sfiduciato dall'esito dei tentativi riformisti in Toscana e sentendosi a disagio a Siena, il 4 ag. 1787 scrisse al de' Ricci per ottenere il suo appoggio alla nomina di professore di Sacra Scrittura nell'università di Pisa, alla quale era stato indirizzato anche dal De Vecchi. Del resto, la conoscenza-delle lingue antiche e moderne, la padronanza degli strumenti filologici e, soprattutto, l'amore per lo studio biblico, "coltivato più d'ogni altro" nella sua gioventù, lo predisponevano favorevolmente per quell'incarico, che ottenne senza difficoltà. Nell'autunno 1787 si trasferì dunque a Pisa dove, oltre alla nuova cattedra, ebbe il compito di tenere anche il corso sui "Luoghi teologici" in sostituzione di F.R. Adami. Nella primavera seguente volle rispondere, sotto lo pseudonimo di M. Roncallo, alle Annotazioni di G. Marchetti con l'opera Lettere pacifiche di un laico ortodosso per servire di prefazione alla nuova edizione ... delle "Annotazioni pacifiche ..." (Finale1788). Preparò contemporaneamente per la stampa le Praelectiones de locis theologicis Senis habitae (Senis 1789; condannate dalla congregazione dell'Indice con decreti del 9 dic. 1793 e del 5 marzo 1795), riflesso momentaneo delle teorie gallicane e giurisdizionaliste sposate dal gruppo ricciano.
Isolato dalla reazione, scoraggiato dal fallimento del de' Ricci e dolorosamente impressionato dagli avvenimenti francesi, il D. iniziò un lento processo di distacco dalle esperienze religiose riformiste. Nell'agosto 1792 si schierò radicalmente contro il giuramento civico del clero con un articolato Parere (in Carteggi di giansenisti, III, pp. 721-31) e il 25 marzo 1795 scrisse una lettera di sottomissione al ricordato decreto di condanna emanato dalla S. Sede il 5 marzo (ibid., II, pp. 506 ss.).
Le due ultime opere del D. riflettono il suo cambiamento d'interessi: nel 1793-95 pubblicò, sotto lo pseudonimo di O. Talassiano, il Quadro storico e critico delle opinioni filosofiche (Genova e Pisa), dove la filosofia è assunta quale scepsi religiosa per evitare gli errori dei "pirronismo" e dell'"abuso della ragione"; dieci anni più tardi editò, infine, lo scarno testo delle lezioni universitarie Praenotiones biblicae ad Tyrones (Pisa 1813). Il periodo finale della sua vita fu caratterizzato da preoccupazioni economiche, ma anche da una raggiunta tranquillità d'animo. Nello spirito di convinta sottomissione alla S. Sede ritrattò, nel 1817, la sua attività giovanile e matura a favore di "ciò che allora dicevasi giansenismo" e sconfessò i suoi vecchi legami con l'abate Clément (cfr. L'Amide la religion et du roi, 12 giugno 1822).
Morì novantenne a Pisa il 17 febbr. 1824, lasciando la sua modesta eredità al convento di S. Benedetto e ai teresiani di Pisa.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Segreteria di Stato 1784, prot. 6, n. 265; 1785, prot. VII Str., ins. 81; 1787, prot. XIII Str., ins. 32; 1787, prot. XIX Str., ins. 30; 1788, prot. VI Str., ins. 48; Memorie di relig., di morale e di letteratura, V (1824), pp. 314-20;M.-J. P. Picot, Mémoires pour servir à l'histoire ecclésiastique pendant le XVIIIe siècle, Paris 1855, V, pp. 203-06; Carteggi di giansenisti liguri, a cura di E. Codignola, I, Firenze 1941, pp. XXVIII s., 345-531 (carteggio del D. dal 1773 al 1823); III, ibid. 1942, pp. 721-31e ad Indicem;E. Codignola, Il giansenismo toscano nel carteggio di F. De Vecchi, I-II, Firenze 1944, passim;P. A. Sbertoli, P. M. M. D., in Giorn. d. studiosi di lett., scienze, arti e mestieri [Genova], 1º ott. 1870, pp. 176-83; E. Micheli, Storia d. università di Pisa dal 1737 al 1859, in Annali delle univers. toscane, XVI (1879), pp. 75, 77; E. Dammig, Il movimento giansenista a Roma, Città del Vaticano 1945, pp. 166, 175 s., 214; M. Vaussard, Jansénisme et gallicanisme, Paris 1959, pp. 20, 40; C. Cannarozzi, I collaboratori giansenisti del granduca Pietro Leopoldo, in Rass. stor. toscana, XII (1966), pp. 27-30; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, V, Oeniponte 1911, coll.731, 868; Dict. de théol. catholique, IV, col. 261; Encicl. cattolica, IV, col. 1386.