DEL FOSSO, Gaspare Ricciuli
Nacque il 6 genn. 1496 a Rogliano (Cosenza). A tredici anni entrò, a Paola, nell'Ordine dei minimi di s. Francesco di Paola e fu in seguito inviato a studiare a Roma, dove iniziò a farsi notare per la sua abilità oratoria e la sua cultura umanistica.
Nel 1521 fu ordinato sacerdote: tornato a Paola divenne maestro dei novizi e successivamente superiore della casa madre e quindi del convento di Napoli. Nel 1529 fu eletto assistente del generale del suo Ordine. Fra il 1530 e il 1532, anno in cui divenne provinciale della Calabria, conobbe don Pedro de Toledo, viceré di Napoli, del quale fu amico e confessore: numerosi principi e nobili del viceregno si rivolsero al D. per ottenere favori e sollecitare colloqui con il viceré.
Nel 1535 fu eletto generale dei minimi e si dedicò per i tre anni del mandato alla riforma del proprio Ordine: incrementò gli studi e rinnovò gli ordinamenti scolastici, combatté gli abusi e ripristinò la disciplina, abolì i privilegi lesivi dell'osservanza regolare, stabilì pene canoniche per i trasgressori, decise infine una nuova suddivisione delle province monastiche. Per controllare l'esecuzione delle sue direttive effettuò numerose visite canoniche nei vari conventi. Nel 1541 fu nuovamente eletto generale e proseguì la sua opera: allo scadere di questo secondo generalato fu eletto procuratore generale dell'Ordine e inviato a Roma, dove Paolo III lo accolse fra i suoi intimi e lo nominò teologo del Sacro Palazzo. Il 17 maggio 1548 fu fatto vescovo di Scala in Campania e pare sia stato sul punto di essere inviato in Germania per un incontro con i luterani progettato da Carlo V.
Il 22 apr. 1551 fu promosso da Giulio III alla diocesi più grande, di Calvi nel Casertano. Durante il pontificato del successore, Paolo IV, sembra che il D., legato alla politica spagnola avversata dal Carafa, si fosse trasferito a Siena con il cardinale di Burgos, Francisco Pacheco. Fu proposto da Filippo II quale arcivescovo di Reggio Calabria, quando questa diocesi - sulla quale il re spagnolo aveva un diritto di patronato - si rese vacante, ma Paolo IV si rifiutò di firmare la bolla d'elezione e il D. ottenne la carica solo il 17 luglio 1560, dopo l'ascesa al soglio pontificio di Pio IV.
Alla riapertura del concilio di Trento il D. chiese di venir esonerato per poter combattere il diffondersi dell'eresia nella propria diocesi e il pericolo delle incursioni barbaresche (e probabilmente la sua esitazione fu causata dalla posizione di Filippo II nei riguardi del concilio), ma fu costretto a cedere alle insistenze del card. Carlo Borromeo. Nel dicembre 1561 il D. giunse a Trento, dove tenne il discorso inaugurale per la ripresa dei lavori.
Pur chiedendo continuamente di tornare a Reggio, il D. fu trattenuto a Trento per tutta la durata del concilio, anche se sembra che non abbia firmato gli atti. Durante la sua attività conciliare difese i diritti degli Ordini religiosi esaltandone l'utilità per la Chiesa e prese parte attiva alle discussioni sulle leggi per la pubblicazione dell'Indice dei libri proibiti e sulla questione della residenza dei vescovi. Fece inoltre parte del gruppo di diciotto padri scelti per la revisione dei ventuno canoni della riforma generale.
Ritornato finalmente a Reggio, fu tra i principali protagonisti della Controriforma in Calabria: non appena apparve la bolla, con la quale Pio IV sanzionava e pubblicava i canoni del concilio, il D. si dedicò completamente alla riorganizzazione morale e materiale della sua diocesi.
Fondò il seminario di Reggio, per la costruzione del quale fece tassare i benefici ecclesiastici; affidò l'istruzione morale e religiosa della gioventù laica ai gesuiti, da lui appositamente chiamati; istituì un collegio teologico per il clero retto dai domenicani. Raccolse le suore, che vivevano in monasteri da lui giudicati maltenuti, nel monastero di S. Maria della Vittoria e le obbligò a seguire la regola di s. Benedetto. Sostituì nel 1570 il rito latino a quello gallicano, introdotto in Calabria dal normanno conte Ruggero. Riordinò il calendario dei santi e delle solennità e riorganizzò le parrocchie. Fece riedificare il duomo di Reggio e costruire nuove cappelle in tutta la diocesi. Intervenne a favore dei poveri: eseguì donazioni, fondò legati e benefizi e soprattutto istituì un Monte di pietà a Reggio e uno a Rogliano.
Celebrò tre sinodi provinciali dei quali si sa ben poco: il primo si tenne probabilmente nel 1565 a Reggio per studiare l'opportunità dell'applicazione dei decreti tridentini per il risanamento della diocesi e per discutere degli abusi da correggere; il secondo si tenne a Terranova nel 1575; il terzo si tenne nuovamente a Reggio nel 1580 per invitare all'osservanza dei canoni tridentini e per sottolineare l'importanza della predicazione e dell'insegnamento della dottrina cristiana. Intervenne nelle diocesi suffraganee e lottò contro gli abusi del clero e degli stessi vescovi, che non risiedevano nelle loro sedi e non sollecitavano la costruzione dei seminari: nel 1566 era stato nominato da Pio V amministratore apostolico della diocesi di Cassano.L'opera del D., che incontrò forti resistenze e fu tacciata di eccessivo dispotismo e anche di abusi, fu interrotta soltanto da un viaggio a Roma per l'elezione nel 1572 di Gregorio XIII. In questa occasione fu ricevuto con grandi onori e gli fu offerto il cardinalato, sembra su suggerimento del gesuita P. Bobadilla, ma il D. rifiutò affermando di non nutrire più alcuna ambizione al di fuori del governo della propria chiesa. Ritornato a Reggio, i suoi contatti epistolari con Roma rimasero intensi e il D. si preoccupò di denunciare costantemente i vescovi che si mostravano riottosi ai suoi suggerimenti e di segnalare coloro che si adeguavano alla sua volontà.
Morì a Reggio Calabria nel 1592, a 96 anni: il suo corpo fu bruciato due anni dopo, durante un'incursione barbaresca.
Il D. godette in vita di una discreta rinomanza, fu stimato amministratore capace e solerte e ritenuto sin dalla sua gioventù un grande oratore. Era ben nota la sua conoscenza dei classici e in particolare di Platone, Plutarco e Seneca, dei quali si affermava egli ricordasse ogni riga. Non son restate testimonianze scritte della sua cultura a parte alcune lettere pubblicate dai suoi biografi e alcune postille alle opere di Porfirio, s. Tommaso ed Ermolao Barbaro conservate nella biblioteca del santuario di Paola: sembra che a Napoli esistessero ancora nel secolo scorso suoi manoscritti oggi introvabili.
Il D. fu soprattutto stimato per la sua "prudenza" e cioè per la sua abilità nel muoversi sia nell'universo religioso, sia nei contrasti politici e amministrativi: pur mantenendosi sempre fedele alla Spagna, seppe così essere amico di diversi pontefici. Fu accusato di abusi e forse addirittura di eresia (in particolare sembra gli sia stato rimproverato di aver subito influenze luterane rispetto al problema della giustificazione), ma queste accuse non risultano provate né tantomeno sono oggi documentabili. I suoi amici ed estimatori ne chiesero invano la santificazione dopo la morte.
Fonti e Bibl.: Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, VIII, Friburgi Brisgoviae 1919, pp. 293-99; L. de Montoja, Crónica general de la Orden de los Minimos de S. Francisco de Paula su fundador, IV, Madrid 1619, pp. 251-63; L.Dony D'Attichy, Histoire générale de l'Ordre des minimes, II, Paris 1624, pp. 224-56; F. Ughelli, Italia sacra, IX, Romae 1663, coll. 451 ss.; F. Monteleone, Aspetti della Riforma e della Controriforma religiosa in Calabria, Vibo Valentia 1930, pp. 59 s., 149 s.; A. Vaccaro, Medaglioni bruzi: G. D., in Brutium, XXVIII (1949), 1-2, p. 7; C. Menicucci, Precisazioni su G. D., ibid., 5-6, pp. 5 ss.; Id., Ricordi storici della città di Rogliano. Vita ed opere di fra G. R. D. arcivescovo di Reggio Calabria, Firenze 1954; P. Sposato, Note sull'attività pretridentina, tridentina e post-tridentina del p. G. D. dei minimi arcivescovo di Reggio Calabria, in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, XXIV (1955), pp. 405-31; Id., La riforma nella Chiesa di Reggio Calabria e l'opera dell'arcivescovo D., in Arch. stor. per le prov. napol., n. s., XXXVI (1956), pp. 211-54; F. Russo, Fosso, Gaspard, in Dict. d'histoire et de géographie ecclésiastique, Paris 1971, coll. 1226 ss.