DEL CARRETTO, Galeotto, marchese del Finale
Figlio primogenito di Lazzarino (II), marchese del Finale, e di una Caterina - di cui ignoriamo la casata - nacque alla fine del secolo XIV; egli ebbe come fratelli Giorgio, Giovanni, Carlo, Artusio, Giovanni Lazzarino e Giacomo (o Giannone). Morto il padre combattendo per la Repubblica di Genova nella conquista dell'isola d'Elba (primi di agosto del 1412), a lui successe il D., ancora minorenne ed affidato alla tutela dello zio paterno Niccolò. Durante la sua reggenza, i sudditi del Finale si ribellarono contro le pretese fiscali dei loro signori ed ottennero che venissero abolite le imposte straordinarie gravanti su di essi, particolarmente quelle richieste in occasione del matrimonio di donne componenti la famiglia marchionale o in occasione di spese militari. Nel 1413 Niccolò dovette sventare un tentativo di colpo di mano compiuto da Giorgio Adorno e da Marco Del Carretto per impadronirsi del feudo, su cui quest'ultimo vantava diritti; il piano fallì e Marco fu catturato. Nello stesso anno, grazie all'appoggio dell'imperatore Sigismondo, sceso nel frattempo in Italia, il D. poté vedersi riconosciuti quei diritti cui era stato costretto a rinunciare l'anno precedente per la rivolta dei suoi sudditi.
Con diploma del 13 dic. 1413, inoltre, a lui e ai suoi fratelli, ancora in minore età, Sigismondo riconobbe il feudo di Castel Gavone e di due terzi del marchesato. Divenuto maggiorenne, il D. rafforzò i suoi legami con la corte viscontea, diventando negli anni seguenti un aperto sostenitore delle mire espansionistiche del duca Filippo Maria, in lotta con la Repubblica di Genova e, in modo particolare, coi Fregoso. Nel 1421, insieme col fratello Giorgio, egli si impegnò ad armare due galee per il Visconti, equipaggiandole per la guerra contro Tommaso Fregoso.
Nel dicembre, diventato il duca di Milano signore di Genova, al D. venne affidata l'amministrazione di Pietra Ligure, Giustenice e Toirano, da lui in precedenza occupate e non ancora restituite alla Repubblica genovese. Due anni dopo, fornì al Carmagnola, governatore di Genova, una nave per la spedizione diretta alla volta di Napoli, dove la regina Giovanna era assediata da Alfonso d'Aragona. Collaborò, inoltre, attivamente, per difendere l'occupazione viscontea di Genova dagli attacchi portati dai seguaci del Fregoso. Il D. fu assediato a Villanova, ma riuscì a inviare truppe a Monaco e a difendere Albisola.
Come premio per questo aiuto, il Visconti tolse a Giorgino Del Carretto, signore di una terza parte del Finale, la sua quota sul marchesato e, il 20 maggio 1429, la assegnò al D.: in questo modo, il frazionamento del feudo, avvenuto nell'ultimo quarto del secolo XIV a seguito delle lotte interne alla famiglia carrettesca, poteva considerarsi superato; il Finale tornò ad essere un piccolo territorio di notevole importanza strategica e commerciale, come porto rivierasco sottratto al controllo genovese. Questo particolare ruolo economico (intenso divenne nel feudo il traffico del sale, diretto verso il retroterra padano, che la Repubblica di Genova considerava come traffico di contrabbando, perché sottratto al suo monopolio) e i conseguenti inevitabili scontri di interesse che opposero il D. a Genova, chiunque ne fosse il signore, spiegano i contrasti tra il marchese e la Repubblica anche quando il Visconti fu padrone della città.Nel 1429 il D. impose che il sale trasportato da Noli, porto fedele alla Repubblica genovese, a Mallare e a Carcare, centri daziari da lui controllati e posti sulla strada montana diretta alla pianura padana, fosse assoggettato ad un tributo, nonostante che da secoli (come fece osservare il governo genovese) la strada fosse dichiarata libera per i traffici della città. Inoltre, il D. pose il blocco commerciale a Noli, il cui porto costituiva un concorrente pericoloso per il Finale per il rifornimento delle zone appenniniche retrostanti. Solo dopo numerosi interventi presso di lui per ottenere la revoca dei provvedimenti, nell'ottobre del 1430 il D. fece marcia indietro; tuttavia, mantenne sotto il suo controllo le tre località a lui affidate dal Visconti e non le consegnò alla Repubblica di Genova, nonostante che fosse scaduto il termine fissato per la loro restituzione.
Scoppiata la guerra tra il Visconti e Firenze, nel 1431 il D. provvide a proteggere Genova da un possibile attacco del marchese del Monferrato; l'anno seguente collaborò all'allestimento di una flotta da inviare in soccorso di Chio, assediata dai Veneziani. Nel 1434, su intervento dei Visconti, che in tale senso era stato sollecitato ripetutamente dal governo genovese, il D. fu costretto a restituire l'amministrazione di Pietra Ligure, Toirano e Giustenice; non per questo, tuttavia, diminuì la tensione tra il marchese e Genova, per il momento frenata dal controllo visconteo sulla città.
Quando nel dicembre 1435 ebbe termine il dominio di Filippo Maria a Genova, mentre il Piccinino devastava le Riviere con le truppe milanesi, il D. preferì per il momento accordarsi col nuovo governo genovese: in cambio della sua neutralità ottenne la ratifica dei propri privilegi e la riconferma della investitura del Finale per la quota di proprietà della Repubblica. Nel marzo 1436 il suo intervento probabilmente giovò al raggiungimento di una tregua tra Genova e il Piccinino. Con il D. la Repubblica tentò anche di arrivare ad un accordo militare, ma i colloqui tra il marchese e Galeotto Lomellini, suo genero e inviato genovese, non approdarono a risultati concreti, benché in cambio del suo appoggio gli venisse promessa l'amministrazione del vescovato di Albenga vita natural durante. Il nuovo doge Tommaso Fregoso nell'aprile del 1436 inviò un'altra delegazione nel Finale per riprendere le trattative col D.; infatti, egli poteva disporre di un modesto contingente di truppe e di una piccola flotta, che erano sufficienti, tuttavia, a difendere la Riviera di Ponente dagli attacchi viscontei. Benché egli rimanesse ufficialmente neutrale, di nascosto aiutò il Piccinino, insieme col quale stava combattendo suo fratello Giovanni. Fallita la campagna del condottiero visconteo in Liguria almeno per quel momento, il doge Fregoso attuò una serie di misure restrittive nei confronti del D. e organizzò contro di lui una campagna militare (1437); le operazioni, tuttavia, non poterono essere condotte con decisione, perché il Fregoso dovette fronteggiare una nuova spedizione del Piccinino, alle prese con l'assedio di Sarzana. Nel giugno, approfittando del fatto che Noli era rimasta presidiata da pochi uomini, essendo stati gli altri inviati nella Riviera di Levante, il D. tentò un colpo di mano per impadronirsi della città, ma senza successo, nonostante i rinforzi fattigli pervenire dal Visconti.
Nel settembre, il governo genovese decise di procedere ad un ulteriore sforzo militare per conquistare il Finale; si allestì un esercito, a capo del quale fu posto Giovanni Fregoso, fratello del doge (ottobre 1437).
Le operazioni, all'inizio, furono favorevoli a Genova che occupò Loano, benché il D. riuscisse ad arruolare uomini nel retroterra padano per rinforzare le sue truppe. Caduto ammalato il Fregoso, l'indisciplina e lo sbandamento finirono col bloccare l'avanzata genovese, tanto che il D. poté occupare Pietra Ligure. Nel 1438 la campagna militare ristagnò, anche perché il pericolo rappresentato dal Piccinino, sempre attivo nella Riviera di Levante, obbligò il governo genovese a dirottare gli sforzi in questa direzione. Le devastazioni e il blocco commerciale provocato dalla guerra nel Ponente spinsero alcune Comunità a chiedere al doge il permesso di accordarsi col marchese, in modo da non interrompere del tutto i traffici commerciali. Nel giugno Giovanni Fregoso venne nuovamente posto a capo della spedizione contro il D.; nell'agosto, fu catturato Pirro Del Carretto, signore di Balestrino e fiero avversario dei Fregoso; una controffensiva guidata dal capitano visconteo Cesare Martinengo e da Giovanni, fratello del D., fallì; il 12 ottobre il D. preferì arrivare ad un accordo col doge, firmando una tregua e impegnandosi ad espellere dal suo territorio i fuorusciti genovesi. L'anno seguente, mentre proseguiva la campagna viscontea contro Genova, il D. preferì restare inattivo, riuscendo ad ottenere abilmente vantaggi sia dal duca di Milano sia dalla Repubblica genovese, contro la quale si limitò ad attuare una serie di provocazioni, ma senza giungere allo scontro frontale. Nel 1441 egli si decise ad entrare nella lega tessuta da Battista Fregoso, ribelle al doge suo fratello, e che vide riuniti i Catalani e i Nizzardi, sudditi del duca di Savoia.
Nel dicembre la pace tra il Visconti e Genova segnò la fine delle ostilità. Approfittando dell'appoggio aragonese e visconteo, il marchese continuò a molestare i traffici della Repubblica con azioni di piccola pirateria. Questo non impedì che nel 1443, come rappresentante del duca di Milano, egli stringesse alleanza difensiva col doge di Genova Raffaele Adorno. Quattro anni dopo, approfittando della crisi attraversata dal ducato di Milano per la morte di Filippo Maria Visconti, la Repubblica di Genova, guidata da Giano Fregoso, decise di risolvere definitivamente il problema del Finale, eliminando il molesto marchese. Falliti vari tentativi di accordo (il Fregoso propose il matrimonio tra lui e Nicolina, figlia del D., che respinse la proposta; eguale sorte ebbe la richiesta che il D. si limitasse a riconoscere almeno formalmente la sovranità di Genova su un terzo del suo feudo e su Giustenice), la Repubblica affrettò i preparativi e riuscì abilmente a dividere la consorteria dei Carretteschi che, ormai polverizzatisi in minuscole signorie di villaggio sugli Appennini e sulle Alpi liguri, costituivano, se uniti, una forza militare di una qualche entità.
A capo dell'esercito genovese fu posto Pietro Fregoso, figlio del fu Battista e nipote di Tommaso, che iniziò le operazioni nel dicembre, ponendo l'assedio a Castelfranco. La campagna militare fu in parte finanziata con la confisca delle rendite che spettavano agli abitanti del Finale per i loro depositi nelle Compere di S. Giorgio. Nel gennaio 1448 Castelfranco si arrese. Iniziarono, così, le operazioni contro il Finale, assediato e sottoposto a bombardamento di pietre per diciotto giorni. Il D. tentò di ottenere aiuti dal re di Francia Carlo VII, che inviò cavalieri, ma in numero insufficiente a ristabilire l'equilibrio delle forze. Anche Giustenice, assediata dall'esercito genovese e difesa da Giovanni, fratello del D., cadde: Giovanni, insieme con altri esponenti della famiglia, fu preso prigioniero e, dopo varie soste, condotto in carcere a Lerici. Durante l'assedio del Finale, Bannina (o Caterina), moglie del marchese, fu ferita gravemente ad una gamba. Ben presto le vettovaglie vennero a mancare, né giovò alla situazione l'aiuto offerto da Onorato Lascaris, conte di Ventimiglia e genero del D., che provvide a rifornire di grano il Finale dalla Provenza. Morto il doge Giano Fregoso e succedutogli il fratello Ludovico, la campagna continuò con energia. Nel febbraio 1449, l'esercito genovese tentò un colpo di mano su Castel Gavone per catturare il marchese, dopo aver corrotto alcuni suoi seguaci: di notte, accortosi del tentativo, il D. si calò dalla finestra del castello, ferendosi seriamente, e riuscì a porsi in salvo a Mallare e poi ad Altare, dove poté curare la ferita riportata nella fuga. Nel colpo di mano, tuttavia, vennero catturate la moglie e tre figlie del marchese.
Nel maggio, risultati inutili i tentativi compiuti dal D. per ottenere aiuti dalla corte sabauda, il Finale si arrese. Nel luglio, egli si recò nuovamente a Torino, dove seppe della morte della moglie, e poi riparò in Francia. Cominciarono così le sue peregrinazioni in terra straniera, alla ricerca di qualche orecchio favorevole ai suoi fumosi progetti di riconquista del feudo perduto. A Bourges fu ospite di Jacques Coeur, tesoriere del re; ottenne anche udienza da Carlo VII, ma senza risultati concreti; a Rouen, poi, incontrò il fratello Giovanni, anche lui riparato in Francia dopo essere stato liberato dal carcere di Lerici. Il D. cercò, inoltre, di avere colloqui col duca di Bretagna, sperando di ottenere da lui appoggio per il suo progetto di riconquista del Finale; il duca, impegnato in preparativi militari contro gli Inglesi, permise al D. di armare alcune navi per dar la caccia a convogli nemici, promettendogli parte del bottino; col ricavato, infatti, il D. sperava di poter arruolare le truppe necessarie per la impresa da lui vagheggiata. Al largo della Galizia egli si imbatté in un convoglio di navi tedesche da carico, che vennero assalite per ricavarne preda; nello scontro seguitone, fu colpito mortalmente.
Sbarcato sulle coste della Bretagna, nonostante le cure assidue, morì nel giugno del 1450 a Quimper e venne sepolto a Vannes.
Fonti e Bibl.: Genova, Bibl. universitaria: G. M. Filelfo, Bellum Finariense (originariamente destinato dal Muratori al volume XXIV dei Rer. Ital. Script., ma non inserito nel volume), coll. 1143, 1153, 1155-74, 1177-87, 1191, 1193-1220, 1223, 1227 (si veda la trad. ital. di ampi passi dell'opera in G. M. Filelfo, La guerra nel Finale, a cura di Pinea, Genova 1979, pp. 18, 20, 32-41, 44, 46 ss., 52 ss., 57, 59-63, 66, 73 s., 76-79, 83, 85 s., 93-96, 101-04, 113-29, 132 s.); G. et I. Stellae Annales Genuenses, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XVII, 2, a cura di G. Petti Balbi, ad Ind.; A. Giustiniani, Castigatissimi annali d. Rep. di Genova, Genova 1537, cc. CLXXXVr, CXCIX, CCI, CCIV; Die Urkunden Kaiser Sigmunds, a cura di W. Altmann, Innsbruck 1896-1897, ad Indicem; Gli atti cancellereschi viscontei, I-II, Milano 1920-1929, ad Indices; Suppliche di Martino V relative alla Liguria, II, Diocesi di Ponente, a cura di D. Puncuh, in Atti d. Soc. ligure di storia patria, XCI (1977), pp. 1, 16, 134; L. Levati, I dogi perpetui di Genova, Genova s. d. [ma 1928], pp. 323 s., 327, 340, 362; G. Salvi, G. I. D. e la Repubbl. di Genova, in Atti d. Soc. ligure di storia patria, LXVI (1937) (cui si rimanda per ulteriori informazioni archivistiche e bibliografiche); Id., Castelfranco del Finale, in Giornale storico letterario della Liguria, XIV (1933), pp. 31 s.; P. de Brayda, I Del Carretto, Roma 1934, p. 23; V. Vitale, Breviario d. st. di Genova, I, Genova 1955, p. 268; P. Lisciandrelli, Trattati e negoziazioni politiche della Repubblica di Genova, in Atti della Soc. ligure di storia patria, LXXV (1960), pp. 148, 150; G. Balbi, Uomini d'arme e di cultura del Quattrocento genovese: Biagio Assereto, ibid., LXXVI (1961), pp. 121, 142; T. O. De Negri, Storia di Genova, Milano 1968, p. 560; I castelli della Liguria, I, Genova 1972, ad Indicem.