DEL CARRETTO, Antonio, marchese del Finale
Figlio di Giacomo, marchese del Finale, e di Caterina di Marrano, figlia naturale di Federico II, nacque verso la metà del sec. XIII. Morto il padre, il 21 ott. 1268 Corrado, il figlio maggiore, Enrico e il D., questi ultimi ancora minorenni e affidati alla tutela di Nicoloso Doria, dividevano il feudo.
A Corrado andarono i castelli e le ville di Cengio, Saliceto, Rocchetta, Mallare e Altare e la metà dei beni paterni in Asti; a Enrico i castelli di Novello, Montechiaro, Arguello, Niella e altre località delle Langhe, oltre alla metà dei beni paterni in Asti e altri diritti nel territorio di Alba; al D. toccarono il vicecomitato del Finale e varie località nel versante montano ligure, oltreché i diritti sugli uomini di Calissano e Bardineto. In comune rimasero il pedaggio di Carcare, lungo la strada che collegava i porti della Riviera occidentale al retroterra padano, nonché i diritti vantati dal loro padre su varie località degli Appennini e della valle del Tanaro. Si decise, inoltre, di controllare in comune le strade passanti per il feudo paterno e di dividere i debiti che il padre aveva accumulato in vita. Questo smembramento separò il porto del Finale dai territori padani che costituivano il feudo di Giacomo, ponendo fine a quella compatta "seigneurie routière" che aveva controllato un corridoio di fondamentale importanza per il commercio padano, garantendo ad esso contemporaneamente uno sbocco al mare. Nel 1276 anche le località di Cosseria, Millesimo e Carcare, fino ad allora rimaste in comune, furono divise in parti eguali tra i fratelli.
Corrado, Enrico e il D. ereditarono dal padre anche la fedeltà allo schieramento ghibellino, in lotta contro le mire espansionistiche di Carlo d'Angiò. In questa scelta dovettero essere spinti anche dalla madre e sorella di re Enzo. Nel 1268 Corradino di Svevia, sceso in Italia e giunto a Pavia, non potendo attraversare i valichi appenninici controllati dai suoi nemici, riuscì a raggiungere il porto di Vado attraversando le terre di Manfredo Del Carretto e dei figli di Giacomo. Per questo, il 29 dic. 1268 Carlo d'Angiò invitò il Comune di Asti a collaborare col sininiscalco di Lombardia per combattere contro i Del Carretto. L'anno seguente, nella tregua triennale stipulata l'11 dicembre da Gualtieri della Rocca, siniscalco di Lombardia, e dal Comune di Asti, vennero inclusi il D. e i suoi fratelli. Tuttavia, il 28 marzo 1270, si giunse ad un accordo: a Corrado e al D. re Carlo assegnò in feudo i territori da loro consegnati al siniscalco; nell'aprile dello stesso anno, inoltre, permise ai fratelli Del Carretto di passare alla loro madre una somma per il suo sostentamento, a patto che non la accogliessero nelle loro terre; nel giugno, Corrado ed Enrico; anche a nome del loro fratello, alla presenza di Gualtieri della Rocca, siniscalco di Lombardia, vendettero a Roberto di Laveno, rappresentante di re Carlo, la loro signoria su Garessio, Bardineto e altre località, in cambio di una somma e della remissione di un loro debito precedentemente contratto con l'Angioino.
In seguito, mentre Enrico e Corrado finirono con lo schierarsi coi guelfi, dato che Carlo ad Enrico permise di sposare (28 febbr. 1272) la figlia di un suo seguace, Gerardo da Scimiano, e l'anno seguente ordinò ai due fratelli di dare una loro sorella in moglie a Franceschino Grimaldi, signore di Monaco, il D. proseguì nella sua lotta contro gli Angioini. Nel 1280, non avendo rispettato il giuramento di "abitacolo" a Genova, al quale i Del Carretto erano tenuti, egli fu dichiarato ribelle dal Comune, che vedeva con preoccupazione nel porto del Finale lo sviluppo di un traffico di merci (in particolare, sale) sottratte al monopolio che il Comune stava attuando sulle Riviere. Il 6 dic. 1283 il D. si accordò col vescovo e col Comune di Albenga. Negli anni seguenti, però, finì con l'avvicinarsi allo schieramento guelfo, poiché nel 1291 si mise al servizio degli Angioini.
In seguito, lo stato di tensione tra il marchesato e il Comune genovese dovette acuirsi, iniziando un interminabile periodo di lotte e continui attacchi tra le due parti, che si trascinò fino alla metà del sec. XV. Il feudo del Finale, infatti, costituì a lungo una pericolosa spina nel fianco genovese, covo di fuorusciti e punto di appoggio per le potenze italiane (Ducato di Milano) o straniere (Francia), pronte a difenderlo in cambio del suo aiuto nella conquista di Genova. Il 29 marzo 1292, su ordine del podestà genovese, il D. fu costretto a giurare nuovamente la Compagna. Nel giugno, poi, sottoscrisse un complesso accordo in materia commerciale e doganale col Comune genovese.
Gli uomini del Finale si impegnarono a fare scalo a Genova, così come dovevano fare le navi degli altri porti liguri, da capo Corvo a Monaco; si fece eccezione, tuttavia, per alcune merci esportate dai sudditi del D. dal Finale in Provenza; rigorose norme vennero fissate per il commercio della carne e del formaggio, su cui a Genova gravavano pesanti imposte, alle quali gli uomini del Finale furono costretti ad assoggettarsi; infine, venne loro concesso di esportare tali prodotti verso la Lombardia, ma non la vendita in altre località del distretto genovese.
Nel 1293 il D. si schierò col marchese Giovanni del Monferrato in lotta col Comune di Asti e fu incluso nella tregua stipulata dai due avversari il 26 dicembre. L'anno dopo (9 marzo 1294) fu costretto a giurare ancora una volta la Compagna del Comune di Genova, che gli permise di non risiedere più oltre in città per quell'anno. Da un documento dell'ottobre 1300 il D. risulta in lotta con la chiesa di Ferrania per alcuni diritti che gli uomini di Calissano, appoggiati da lui, negavano a questa chiesa, venendo pertanto scomunicati. Il 23 nov. 1311 concesse gli statuti agli abitanti del Finale.
Non si hanno altre notizie sul D. dopo questa data.
Aveva sposato Leonora; figlia di Federico Fieschi; ebbe tre figli: Antonio, che sposò Costanza di Chiaramonte, Enrico, che sposò Caterina dei marchesi di Clavesana, e Giorgio.
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