Vedi DEINOMENES dell'anno: 1960 - 1994
DEINOMENES
DEINOMENES (v. vol. III, p. 22). L'ipotesi che la figura di «guerriero» tramandata in una replica frammentaria da Cizico al British Museum, e in un'altra, meglio conservata, da Roma al Metropolitan Museum di New York, rappresenti Protesilao, sulla quale si fondava l'attribuzione a D. del prototipo (Plin., Nat. hist., XXXIV, 78), è stata giustamente messa in dubbio negli ultimi anni, da quando J. Frel ha provato la presenza di una ferita sull'ascella del braccio destro della figura. La ferita, elemento che - malgrado le riserve del Langlotz - va fatto risalire al prototipo, valutata insieme a diversi dettagli caratteristici del motivo statuario, invalida tutte le precedenti proposte di interpretazione, tra le quali l'identificazione della statua quale Protesilao. Alcune difficoltà presentano anche le più recenti ipotesi del Frel, che identifica nella statua il vulneratus deficiens di Kresilas, e del Langlotz che, mantenendo della statua di New York solo il torso, ricostruisce una figura di Posidone. La dissociazione del prototipo dal nome di D. è confortata dalla nuova interpretazione della statua recentemente proposta (Despinis, 1988). I particolari che si conservano sul plinto della replica del British Museum, le caratteristiche peculiari della ponderazione del tipo statuario e i dettagli del braccio destro sollevato, dimostrano che la figura ferita all'ascella stava sulla prua di un'imbarcazione lunga e stretta (monòxylon) nell'atto di pescare con una fiocina tenuta nella mano destra alzata. Il personaggio raffigurato è rappresentato nel momento in cui riceve il colpo all'ascella, perdendo così l'equilibrio e fallendo il bersaglio. Sulla base di questa nuova interpretazione il «guerriero» delle repliche di New York e del British Museum è il mitico eroe Palamede, sulla cui tragica fine ci informa la più antica tradizione, così come ce la conserva il breve accenno di Pausania (X, 31, 2): «avendolo letto nel poema epico Kypria ho appreso che Palamede annegò mentre tentava di catturare un pesce e i suoi uccisori furono Diomede e Odisseo». Non è facile identificare l'artista creatore della statua: in ogni caso l'attribuzione del tipo a D. non ha più alcun fondamento.
A D. è stata recentemente collegata un'altra grande creazione di età classica, nota da due repliche al Vaticano e all'Ermitage e da un'altra statua, meglio conservata, al Museo del Louvre, la Supplice Barberini, che si è ipotizzato potesse costituire l'originale del tipo. Come è stato possibile dimostrare dopo averli ricongiunti, due frammenti del Museo dell'Acropoli (invv. 7310 e 927), finora attribuiti alle sculture del Partenone, risultano pertinenti a una statua del tipo della Supplice Barberini. Questi frammenti, in marmo pario, di lavorazione sicuramente superiore rispetto alla replica del Louvre e con particolarità tecniche, nella parte inferiore della figura, che rappresentano utili indizi per la ricostruzione, appartenevano all'originale, la cui presenza sull'Acropoli fornisce un nuovo punto di partenza per quanto riguarda i problemi di interpretazione e di attribuzione. Riunendo tutte le indicazioni che possono ricavarsi dai frammenti dell'Acropoli e dalle repliche del tipo, si può giungere alla conclusione che la figura era rappresentata seduta sulla sommità di una bassa anta che delimitava il lato destro di una scalinata. Tale ricostruzione presuppone una seconda figura con un motivo simile, ma antitetico, sul lato sinistro. Le due statue, che fiancheggiavano forse la scalinata di un altare di Zeus, possono identificarsi con le figure di Io e di Callisto descritte da Pausania (I, 25, 1) a E del Partenone: «di entrambe si narrano vicende in tutto simili, l'amore di Zeus, la collera di Era, e la trasformazione dell'una in vacca, dell'altra in orsa». Le figure sono rappresentate come supplici nell'istante che precede la loro metamorfosi, immediatamente prima, cioè, che si manifesti la collera di Era. La Supplice Barberini è probabilmente Io. Non esistono possibilità per un'identificazione dell'artista con il più tardo scultore D., noto da un'iscrizione dell'Acropoli (IG, 112, 4307). Gli elementi stilistici, già messi in evidenza da S. Karouzou nell'analisi della statua del Louvre, corroborano un'attribuzione della Supplice Barberini al D. ricordato da Plinio, artista peloponnesiaco, probabilmente argivo. Il monumento al quale apparteneva la Supplice dell'Acropoli può mettersi in rapporto con la firma del trattato di alleanza stretto da Atene con Argo, Mantinea ed Elide, del quale fu artefice Alcibiade.
Bibl.: Per il c.d. Protesilao: J. Frel, The Volneratus Deficiens by Cresilas, in BMetrMus, XXIX, 1970, p. 171 ss. (con bibl. prec.); E. Langlotz, Zur Deutung des 'Protesilaos' in New York, in AA, 1971, p. 427 ss.; J. Frel , The Wounded Warrior in New York and London, ibid., 1973, p. 120 s.; Β. Vierneisel-Schlörb, Glyptothek München. Katalog der Skulpturen, II, Monaco 1979, pp. 91 ss., 98 nota 47, 99 nota 51; Β. S. Ridgway, Fifth Century Styles in Greek Sculpture, Princeton 1981, p. 181; J. Boardman, Greek Sculpture. The Classical Period, Londra 1985, fig. 237; G. Despinis, Zur Deutung des sogenannten Protesilaos in New York, in Kanon. Festschrift E. Berger (AntK, Suppl. 15), Basilea 1988, pp. 87-90. - Per la Supplice Barberini: J. Dörig, Kalamis-Studien, in Jdl, LXXX, 1965, pp. 138-265, in part. p. 143 ss.; S. Karouzou, Die «Schutzflehende» Barberini, in AntK, XIII, 1970, p. 34 ss.; G. Despinis, H ικετιδα Barberini, in Πρακτικα του XII Διεθνούς Συνεδρίου Κλασιχης Αρχαιολογίας, Αθήνα 1983, III, Atene 1988, pp. 65-69, tav. XIII.