Dei delitti e delle pene
Opera di C. Beccaria; pubblicata anonima nel 1764 e, rivista dall’autore, nel 1766. Il testo circolò ampiamente in tutta Europa ed esercitò grande influsso sulla legislazione penale dei principi riformatori, nella versione francese anonima del padre A. Morellet (1766), che aveva riordinato e rinumerato i paragrafi. A partire dalle dottrine di Montesquieu e dalla critica di alcune tesi di Rousseau (di cui, però, deriva il diritto di punire fondato sulla libertà che se ne ottiene in cambio), Beccaria stigmatizza gli errori e i rigori eccessivi del diritto e della procedura penale in vigore nel suo tempo. Egli auspica riforme quali l’uguaglianza delle pene per tutti i cittadini, la pubblicità dei giudizi, l’abolizione della tortura, la limitazione della pena di morte a casi eccezionali, l’abolizione del giuramento di dire la verità e l’introduzione del principio del danno subito dalla società come misura del delitto («errarono coloro che credettero vera misura dei delitti l’intenzione di chi gli commette»), che comporterebbe il derubricamento di crimini quali la lesa maestà divina, la blasfemia, l’eresia, il suicidio, l’omosessualità.