deficit
dèficit s. m. – Situazione che si viene a manifestare ogniqualvolta il saldo tra entrate e uscite relative al conto economico di un soggetto (privato o pubblico) o di un sistema economico registra un valore negativo (si definisce anche disavanzo). Al contrario, si ha una condizione di avanzo (o surplus) quando il saldo tra entrate e uscite registra un valore positivo. Di particolare importanza è il d. pubblico (o indebitamento netto), ossia la differenza tra le entrate e le uscite del settore della pubblica amministrazione (Stato, enti locali, aziende autonome ed enti di previdenza) durante un anno solare, al lordo degli interessi sul debito pubblico. All’interno dell’indebitamento si trova il saldo primario che registra la differenza tra le entrate (tributarie ed extra-tributarie) e le uscite per il funzionamento della pubblica amministrazione e il finanziamento delle infrastrutture. L’indebitamento netto è dato dal saldo primario sommato alla spesa per interessi sul debito pubblico. Quest’ultimo viene finanziato dagli stati attraverso il collocamento sul mercato di titoli del debito pubblico. In base al Trattato di Maastricht del 1992, l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni degli stati membri dell’Unione Europea non può superare il 3% del prodotto interno lordo (PIL). Tuttavia, a causa della crisi finanziaria mondiale, il d. pubblico è cresciuto vertiginosamente in numerosi paesi, raggiungendo nel 2010 il 31,2% del PIL in Irlanda, il 10,3% in Grecia, il 10,2% nel Regno Unito, l’8,5% in Spagna, il 7,1% in Francia e il 4,6% in Italia. Le nuove regole stabilite dal Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria (v. ), firmato nel marzo del 2012 da 25 paesi dell’Unione Europea, prevede che il d. non superi lo 0,5% del PIL per i paesi il cui debito pubblico è superiore al 60% del PIL.