deficit
Situazione che si viene a manifestare ogniqualvolta il saldo tra entrate e uscite relative al conto economico di un soggetto (privato o pubblico) o di un sistema economico registra un valore negativo (si definisce anche disavanzo). Al contrario, si ha una condizione di avanzo (o surplus) quando il saldo tra entrate e uscite registra un valore positivo. La disaggregazione delle attività complessivamente svolte da famiglie, imprese e settore pubblico consente di definire le possibili relazioni esistenti tra il d. di alcuni soggetti e l’avanzo di altri. Mentre all’interno di un sistema economico chiuso non è possibile che gli operatori residenti (famiglie, imprese e settore pubblico) siano tutti contemporaneamente in d. o in avanzo, tale condizione viene meno quando il sistema economico si apre alle relazioni commerciali e finanziarie con il resto del mondo. In tal caso, infatti, diventa possibile che tutti i soggetti residenti siano contemporaneamente in d. (o in avanzo), purché si manifesti un saldo con lo stesso segno per quanto concerne le operazioni svolte con il resto del mondo.
Il modo più semplice per comprendere questo risultato è considerare l’identità contabile macroeconomica secondo cui Y=C+I+G+X−Z, dove Y è il PIL, C i consumi, I gli investimenti, G la spesa pubblica in valore aggiunto e X−Z le esportazioni al netto delle importazioni. Sottraendo a entrambi i lati dell’identità il valore delle tasse al netto dei trasferimenti (T=TA−TR) e aggiungendo il valore degli interessi sulla posizione netta verso il resto del mondo (iB) diventa possibile definire la relazione: YD=Y−T+iB=C+I+G−T+X−Z+iB, dove YD è il reddito disponibile. Ricordando che YD−C=S, con S identificante il risparmio, si ottiene la condizione standard (S−I)+(T−G)=(X−Z)+iB.
Il primo termine, (S−I), esprime il saldo del settore privato, pari alla differenza tra entrate e uscite di famiglie e imprese. Il saldo del settore privato è riconducibile alla differenza tra risparmi (S) e investimenti privati (I), che è a sua volta (normalmente) frutto del combinato disposto di un avanzo generato dalle famiglie e di un d. registrato dalle imprese, causato dalla loro attività di investimento. Le famiglie, risparmiando, forniscono risorse utili per finanziare le imprese.
Il secondo termine, (T−G), misura invece il saldo dovuto alla differenza tra entrate e uscite dell’operatore pubblico. Quando tale saldo è negativo si è in presenza di un d. pubblico (➔), il cui valore contribuisce – attraverso il finanziamento del d. mediante emissione di titoli pubblici – alla crescita del debito pubblico (➔ p). Escludendo dalla voce delle uscite del bilancio pubblico la parte relativa alle spese per gli interessi sul debito, si definisce il saldo primario del bilancio pubblico che, in caso di valore negativo, corrisponde al cosiddetto d. primario. Poiché l’evoluzione del ciclo economico (➔) determina automaticamente variazioni di diverse voci del bilancio pubblico (in una fase di recessione automaticamente crescono le uscite dovute alla erogazione di sussidi a vantaggio di disoccupati e diminuiscono le entrate per via del minore gettito fiscale associato al minore livello di reddito), il d. pubblico potrebbe essere dovuto non tanto a scelte discrezionali del governo, quanto piuttosto all’effetto della recessione (➔ stabilizzatore automatico). Al fine di valutare se il d. pubblico sia dovuto a una modificazione della politica di bilancio oppure sia la conseguenza del ciclo economico, è necessario calcolare il d. strutturale (o d. corretto per il ciclo o d. di bilancio di pieno impiego), stimando l’entità di spesa pubblica, tasse e trasferimenti in coincidenza con il livello di reddito corrispondente alla piena occupazione del lavoro. La differenza tra il d. strutturale e quello effettivo misura la componente ciclica del bilancio pubblico, che normalmente in recessione è in deficit. Per poter valutare in modo ancora più preciso la direzione e l’intensità della politica di bilancio dovuta alla mera azione del governo, è possibile calcolare il saldo primario corretto per il ciclo (cyclically adjusted primary balance), pari alla differenza tra il saldo strutturale e l’ammontare della spesa per interessi sul debito (che risente non di decisioni correnti, bensì di decisioni prese nel passato che hanno determinato l’accumulo di debito pubblico).
Il terzo termine – pari alla somma del saldo commerciale (X−Z) e del valore degli interessi sulla posizione netta verso il resto del mondo (iB) – misura il saldo delle partite correnti. Nel caso in cui il sistema composto da famiglie, imprese e settore pubblico abbia complessivamente speso più di quanto abbia prodotto, si manifesta un d. delle partite correnti. Ciò comporta un peggioramento della posizione netta verso l’estero del sistema economico. È possibile che il d. corrente sia dovuto a un avanzo commerciale insufficiente a contrastare la spesa per interessi sul debito estero, quando questo assume una dimensione rilevante. Qualora invece il d. corrente si accompagni a un d. pubblico, si suole parlare di d. gemelli (twin d.), come avvenne negli USA nel corso dei primi anni 1980. Peraltro, se il d. corrente non viene adeguatamente finanziato da un avanzo dei movimenti di capitale, il Paese considerato registrerà un d. di bilancia dei pagamenti, cui corrisponde una fuoriuscita netta di moneta verso il resto del mondo.