Decreti attuativi della riforma cosiddetta della Buona scuola
L'approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, di otto dei decreti attuativi previsti per il compimento della l. 13.7.2015, n. 107, cd. della Buona scuola, permette di completare il mosaico complessivo della riforma con alcuni tasselli essenziali per il conseguimento delle sue finalità. Non si tratta di una riforma della riforma, ma di un compimento della sua portata innovativa sul sistema nazionale d'istruzione e di formazione.
L'approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, di otto dei decreti attuativi previsti per il compimento della l. n. 107/2015, permette di completare il mosaico della riforma cd. della Buona scuola, dotandone il disegno complessivo di tasselli essenziali per il raggiungimento delle relative finalità. Non una riforma nella riforma, dunque, ma un'attuazione della sua portata innovativa sul sistema nazionale d'istruzione e di formazione1. È soprattutto il profilo dell'autonomia scolastica che viene rilanciato e valorizzato intensificando il suo dialogo con le famiglie e i soggetti collettivi presenti sul territorio e le sue potenzialità di differenziazione, soprattutto sul versante dell'autonomia didattica2. Al perfezionamento di tale disegno, peraltro, non potrà che offrire un impulso decisivo l'esercizio della delega al Governo a ordinare la normativa sulla scuola in un testo unico che potrebbe avere una portata innovativa e non meramente ricognitiva. Tale previsione di delega, in effetti, rivela la consapevolezza dell'estrema frammentarietà e complessità dell'assetto normativo relativo al sistema nazionale di istruzione e di formazione e la necessità di una sua semplificazione e sistematizzazione. Alcuni dei decreti, inoltre, necessitano di ulteriori provvedimenti attuativi per essere portati a compimento. Peraltro il giudizio complessivo sulla riforma dovrebbe investire, anche alla luce di tali decreti attuativi, la loro capacità di attuare e di potenziare o meno l'autonomia scolastica nel suo reale significato di responsabilità nell'assumere la funzione istruzione, non tanto la preservazione di prerogative della componente docente rispetto al mutamento dello status quo.
Il decreto sul reclutamento e la formazione iniziale dei docenti mira gradualmente a risanare, assecondando, in tal senso, la logica insita nella disciplina più recente sullo stesso tema e nella legge delega, due vizi antichi del sistema di reclutamento in ruolo del personale docente, risalenti al periodo postunitario e in vistosa contraddizione con l'assetto autonomistico delle scuole4. La persistenza, anzitutto, di meccanismi di titolarizzazione del personale precario quale canale di accesso alla carriera docente, sotto la spinta di pressioni estranee al miglioramento della qualità del servizio, e la difficoltà a considerare quella dell'insegnante un'attività professionale tale da richiedere, unitamente a conoscenze disciplinari, capacità e competenze specifiche acquisite sia attraverso una formazione universitaria ad hoc, sia attraverso un'esperienza svolta sul campo.
In tal senso il decreto attuativo dovrebbe portare a compimento la parabola avviata dalla nuova disciplina che, attraverso l'introduzione dell'organico potenziato, ha cercato di connettere l'immissione in ruolo di più di centomila precari attinti dalle graduatorie permanenti, resa obbligatoria dalla pronuncia del giudice europeo5, con il rilancio dell'autonomia progettuale di ciascuna istituzione scolastica. A questa stessa logica è improntata la responsabilizzazione dei dirigenti scolastici nella chiamata diretta dei docenti presso ciascuna istituzione scolastica. La soluzione di continuità con l'assetto normativo precedente, infine, è insito nella soppressione delle graduatorie ad esaurimento e nella creazione di una pianta organica regionale in sostituzione del precedente sistema, fondato su una pianta organica di diritto e di fatto. Ne dovrebbe discendere un meccanismo di formazione e di reclutamento dei docenti più in linea con le istanze di cambiamento profondo del paradigma di preparazione degli studenti attualmente offerto dalle istituzioni scolastiche che provengono dal sistema economico e sociale dell'attuale fase storica. A tal fine si struttura, all'art. 1, co. 2, un vero e proprio sistema unitario e coordinato di formazione iniziale e di accesso ai ruoli dei docenti, per selezionarli sulla base di un concorso pubblico nazionale e di un successivo percorso formativo triennale. Il canale ordinario di accesso alla professione docente diviene il concorso pubblico, indetto su base regionale o interregionale, bandito con cadenza triennale nel rispetto della programmazione del fabbisogno delle scuole (art. 2, co. 1, lett. a) ma aperto esclusivamente a laureati che abbiano superato alcuni esami di pedagogia e didattica, per ventiquattro crediti complessivi. Nel nuovo modello, dunque, l'intento di informare il sistema di reclutamento ad un criterio prevalentemente meritocratico viene coniugato con la necessità di richiedere ai futuri docenti una specifica formazione professionale. Questa necessità viene riaffermata anche nel percorso successivo nel quale alla prosecuzione di un'offerta formativa di stampo analogo viene affiancato l'obbligo di una specifica esperienza sul campo, attraverso lo svolgimento di tirocini nelle scuole. I vincitori dei concorsi, infatti, saranno avviati ad un percorso triennale di formazione, di tirocinio e di inserimento nella funzione docente, cd. FIT (art. 2, co. 2). Nel corso del primo anno seguiranno un percorso di specializzazione universitaria che li formerà nelle materie antropologiche e psicopedagogiche e sulle metodologie didattiche. Nel secondo anno proseguiranno la formazione, svolgeranno tirocini nelle scuole e inizieranno a svolgere la professione come supplenti. Il terzo anno verrà affidata loro la piena responsabilità di una classe e affronteranno una valutazione sul campo, superata la quale, diverranno docenti di ruolo. Tale percorso è realizzato attraverso una collaborazione strutturata e paritetica fra scuola, università e istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e o coreutica, cd. istituzioni AFAM, con una chiara distinzione dei rispettivi ruoli e competenze. In questo modo si intende portare a compimento il tramonto definitivo del modello formativo gentiliano, basato sulla presunzione per la quale, per poter insegnare, fosse sufficiente il possesso delle conoscenze e delle competenze insite nel proprio settore disciplinare senza alcuna altra specifica abilità professionale6.
Si prevede anche una fase transitoria, destinata ad offrire una risposta alle aspettative di chi ha già acquisito un'abilitazione o svolto molti anni di servizio presso le istituzioni scolastiche. A tali categorie saranno riservati alcuni posti disponibili, ferma restando la loro valutazione sul campo per un periodo di almeno un anno prima dell'immissione in ruolo. Questa previsione è diretta a prosciugare definitivamente lo stock di precari di lungo corso non ancora immessi in ruolo, per permettere successivamente, ex novo, il ricorso esclusivo all'accesso tramite il canale del concorso ordinario.
Il decreto mira a rafforzare l'inclusione scolastica dei soggetti portatori di disabilità, attraverso il coinvolgimento, in tale processo, di tutte le componenti della comunità scolastica, delle famiglie, delle associazioni che ne tutelano i diritti e, infine, dei ruoli dei diversi soggetti istituzionali che possiedono competenze sul tema. Tale integrazione costituisce, com'è noto, un obbligo dei poteri pubblici di portata costituzionale, non solo per l'interrelazione necessaria fra gli artt. 33 e 34 Cost. e gli artt. 2 e 3 Cost. che connette istruzione scolastica e sviluppo della persona attraverso la rimozione degli ostacoli al conseguimento di tale finalità; anche l'art. 38 Cost., infatti, per il quale «gli inabili e i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale» risuona come rafforzativo di tale obbligo8. Ne risulta potenziata, anche su tale versante, l'autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche intesa nella sua componente “relazionale”, ossia nella maggiore capacità, che attribuisce alle scuole, di interagire con i diversi soggetti presenti sul territorio che concorrono alle stesse funzioni. Viene potenziata, altresì, la stessa autonomia didattica poiché i documenti progettuali relativi all'inclusione scolastica divengono parte integrante del Piano dell'offerta formativa, principale espressione di tale autonomia. Su tale versante, appare riaffermata la natura di «diritto fondamentale» dell'inclusione scolastica dell'alunno con disabilità, come affermato dai giudici costituzionali, per i quale «il diritto del disabile all'istruzione si configura come un diritto fondamentale» (C. cost., 26.2.2010, n. 80)9. L'obiettivo dell'inclusione scolastica è affidato a molteplici strategie fra cui, anzitutto: l'incremento della partecipazione e della collaborazione delle famiglie e delle associazioni nei processi di inclusione scolastica. A tale accrescimento è correlata la definizione più specifica dei compiti spettanti a ciascun attore istituzionale coinvolto nei processi di inclusione, ovvero Stato, regioni ed enti locali. Sotto il versante più propriamente istituzionale, vengono definiti le modalità e i contenuti del Piano per l'inclusione che costituisce il principale documento programmatico-attuativo delle istituzioni scolastiche in materia di inclusione. Tale Piano verrà ricompreso in quello triennale dell'offerta formativa.
Per ogni ambito territoriale, inoltre, verrà istituito il Gruppo per l'inclusione territoriale che rivestirà un ruolo decisivo nell'individuazione delle risorse per il sostegno didattico dei soggetti portatori di disabilità. ï interessante, inoltre, che la proposta di quantificazione delle ore di docenza di sostegno, a cura del dirigente scolastico, avverrà dopo una fase di analisi dei singoli Pei e la determinazione del piano di inclusione dell'istituto scolastico. Un'ulteriore novità assai significativa è il fatto che si terrà conto della presenza in ciascuna scuola di alunni con disabilità, nonché del genere di ogni studente per l'attribuzione del personale ATA (art. 3, co. 2, lett. b). Si tratta di segnali rilevanti riguardo alla considerazione della presenza di disabilità come un parametro decisivo alla luce del quale commisurare le risorse di personale, tecnico amministrativo e docente, da destinare a ciascuna istituzione scolastica. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto saranno anche individuati i criteri per una progressiva uniformità, su tutto il territorio nazionale, della definizione dei profili professionali del personale destinato all'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale, in coerenza con le nuove mansioni dei collaboratori scolastici di cui all'art. 3, co. 2, lett. c). La garanzia dell'effettività di godimento del diritto all'istruzione anche al portatore di disabilità, in effetti, svolge una funzione anche rispetto all'organizzazione e al personale scolastico. Tali risorse, al fine di realizzarne l'inclusione scolastica, devono essere adeguate a favorire «lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e della socializzazione (art. 12, co. 3, l. 5.2.1992, n. 104)». Il servizio dell'istruzione, pertanto, non potrà essere improntato a logiche di mera efficienza ed economicità finanziaria ma conformarsi alle peculiari caratteristiche delle persone destinatarie, specialmente quelle portatrici di disabilità. Tali caratteristiche, dunque, potranno comprimere e orientare sia la discrezionalità del legislatore sia quella dell'amministrazione nell'individuazione delle necessarie risorse organizzative, finanziarie e personali10. Anche gli enti locali, infine, sono coinvolti nel provvedere all'inclusione scolastica dei soggetti portatori di disabilità garantendo, su molteplici fronti: 1) gli interventi necessari per garantire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale, inclusa l'assegnazione del personale; 2) l'offerta di servizi per il trasporto per l'inclusione scolastica; 3) l'accessibilità e la fruibilità degli spazi fisici delle istituzioni scolastiche statali. La valutazione della qualità dell'inclusione scolastica, infine, è parte integrante del procedimento di valutazione delle istituzioni scolastiche previsto dall'art. 6 del d.P.R. 28.3.2013, n. 80 sulla base di indicatori definiti dall'Invalsi (art. 4, co. 12).
Al fine di certificare e di documentare l'inclusione scolastica, inoltre, le commissioni mediche per l'accertamento della disabilità si arricchiscono di nuove professionalità fra cui quella di un medico legale e di due medici specialisti scelti fra quelli in pediatria e neuropsichiatria infantile. La novità più significativa, tuttavia, sarà l'utilizzo, a fini dell'accertamento e della gestione dello studente con disabilità, del modello della Classificazione internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute (ICF), adottata dall'Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), all'interno del nuovo Profilo di funzionamento. Tale Profilo, elaborato dall'Unità di Valutazione Multidisciplinare, con la partecipazione della famiglia e di coloro che hanno in carico la persona disabile, definirà la tipologia delle misure di sostegno e delle risorse strutturali necessarie per l'inclusione scolastica. Lo stesso Profilo sarà un documento essenziale per l'elaborazione del Piano Educativo individualizzato.
Il decreto riafferma e rafforza la specifica identità degli istituti professionali attraverso una maggiore articolazione dei loro percorsi formativi, al fine di rispondere alle esigenze delle filiere produttive del territorio e di incrementare la loro autonomia didattica e gestionale rispetto all'istruzione tecnica e ai percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza delle regioni. Anche su tale versante viene potenziato uno dei profili dell'autonomia scolastica, ossia il rafforzamento della capacità delle istituzioni scolastiche di interpretare le vocazioni e le richieste del mondo produttivo e le necessità e le prospettive del mondo del lavoro.
Tale logica di rafforzamento dei legami delle scuole con il tessuto produttivo presente sul territorio, peraltro, era già insita nella legge delega, laddove, all'art. 1, co. 33, si contemplava un ampliamento dei soggetti con cui era possibile stipulare convenzioni per progettare ed attuare percorsi di alternanza scuola-lavoro. Nella stessa direzione, l'art. 1, co. 60, prevedeva che le istituzioni scolastiche potessero dotarsi di «laboratori territoriali per l'occupabilità» attraverso la partecipazione, anche in qualità di soggetti cofinanziatori, di enti pubblici e locali sia per l'orientamento della didattica ai settori strategici del made in Italy, in base alla vocazione produttiva, culturale e sociale di ciascun territorio, sia per la fruibilità di servizi propedeutici al collocamento al lavoro sia per aprire le scuole al territorio e permettere l'utilizzo dei relativi spazi al di fuori dell'orario scolastico. Non a caso le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale sono scuole territoriali dell'innovazione, aperte e concepite come laboratori di ricerca, sperimentazione ed innovazione didattica (art. 1, co. 2). Il sistema dell'istruzione professionale, inoltre, ha la finalità di formare le studentesse e lo studente a mestieri e professioni strategici per l'economia del Paese per un saper fare di qualità, generalmente qualificato «made in Italy» (art. 1, co. 4). Anche il rafforzamento dell'identità e dell'autonomia degli istituti professionali risponde alla stessa finalità ed è affidato a molteplici strumenti. Oltre al tradizionale assetto organizzativo, caratterizzato da una struttura quinquennale articolata in un biennio e in un successivo triennio, le istituzioni scolastiche potranno attivare, in via sussidiaria, percorsi di istruzione e di formazione anche quadriennale per il rilascio della qualifica e del diploma professionale da realizzare nel rispetto degli standard formativi definiti da ciascuna regione. Il rafforzamento dell'autonomia degli istituti professionali è affidato ad una duplice direttrice: una quota del 20% dell'offerta formativa, sia nel biennio sia nel triennio, per potenziare gli insegnamenti obbligatori con specifico riguardo alle attività di laboratorio e la quota di flessibilità del 40% dell'orario complessivo per il terzo, quarto e quinto anno al fine di articolare gli indirizzi del triennio in profili formativi. Ulteriori strumenti per l'attuazione dell'autonomia saranno la stipula di contratti d'opera con esperti del mondo del lavoro e delle professioni e l'attivazione di partenariati per il miglioramento dell'offerta formativa. Sempre al fine di promuovere il permanente raccordo con il mondo del lavoro e rafforzare gli interventi di supporto alla transizione dalla scuola al lavoro e sostenere il sistema duale realizzato in alternanza scuola-lavoro e in apprendistato, è istituita la «Rete nazionale delle scuole professionali», di cui faranno parte le istituzioni scolastiche statali o paritarie che offrono percorsi di istruzione professionale e le istituzioni formative accreditate.
Il decreto è diretto a far uscire i servizi educativi dell'infanzia dalla dimensione assistenziale per ricomprenderli a pieno titolo nella sfera educativa garantendo continuità tra il segmento di età dagli 0-3 e quello dai 3-6 e ridurre gli svantaggi culturali, sociali e relazionali della relativa utenza. L'intento della nuova disciplina è quello di estendere e di qualificare questo segmento della formazione dei bambini e delle bambine, offrendo alle famiglie strutture e servizi ispirati a standard uniformi sull'intero territorio nazionale, organizzati all'interno di un assetto di competenze fra i differenti attori istituzionali chiaro ed efficiente. Per soddisfare tale finalità viene istituito il Sistema integrato di educazione e di istruzione per le bambine e i bambini in età compresa dalla nascita fino ai sei anni (art. 1, co. 2) che opererà secondo le modalità e i tempi di un Piano pluriennale diretto ad estenderlo a tutto il territorio nazionale (art. 8, co. 1) con l'obiettivo di escludere i servizi educativi per l'infanzia dai servizi pubblici a domanda individuale. Questa finalità viene declinata, rispettivamente, nell'ampliamento dei servizi educativi per l'infanzia al 33% della copertura della popolazione sotto i tre anni di età, a livello nazionale, e la sua più equa distribuzione sul territorio nazionale, mirando ad una generalizzazione qualitativa e quantitativa della scuola dell'infanzia per i bambini e le bambine dai tre ai sei anni di età. La qualificazione del modello formativo, inoltre, è affidata all'introduzione della qualifica universitaria quale titolo di accesso. Al fine di qualificare tale Sistema anche sotto il profilo pedagogico, questo è affiancato da una Commissione formata da esperti in materia di educazione e di istruzione designati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dalle regioni e dagli enti locali. Tale Commissione propone al Ministero le Linee guida pedagogiche dirette a supportarlo.
La revisione della disciplina in materia di diritto allo studio mira a garantire maggiormente l'uguaglianza sostanziale delle alunne e degli alunni e delle studentesse e degli studenti frequentanti le istituzioni scolastiche, attraverso una più specifica definizione delle prestazioni offerte e delle competenze dei diversi soggetti coinvolti14.
La garanzia del diritto allo studio, per quanto riguardava gli studenti universitari, era già stata rafforzata dalle misure introdotte dalla legge di bilancio per il 2017 attraverso il ridisegno della contribuzione studentesca, la rimodulazione dell'area di esenzione e l'introduzione di nuove borse di studio per il merito e la mobilità15. Come già rilevato, le misure intraprese investivano sia il merito sia l'equità, in modo coerente con il disegno costituzionale, all'art. 34 della Costituzione. Le misure introdotte per gli alunni e le alunne delle scuole, viceversa, sono dirette ad assicurare più un supporto economico e materiale alla frequenza degli studenti e quindi a soddisfare istanze di equità, che a premiare il conseguimento di requisiti di merito. Si tratta di misure miranti non solo a fornire un sostegno di natura economica ma anche prestazioni materiali e concrete a supporto della frequenza di alunni e alunne. Più concretamente, nel decreto attuativo, si contempla l'esonero dalle tasse scolastiche degli studenti e delle studentesse del quarto e quinto anno dell'istruzione secondaria di secondo grado, sulla base di fasce dell'ISEE determinate dal Miur. Si assicura inoltre, a tutte le alunne e gli alunni delle scuole statali, il trasporto per raggiungere la scuola più vicina e si garantisce il servizio mensa a tutti gli alunni delle scuole pubbliche dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado, sempre su istanza di parte. Si riconferma la gratuità dei libri di testo per tutte le alunne e gli alunni delle scuole primarie, nonché degli altri strumenti didattici. Le scuole, attraverso la stipula di convenzioni con gli Enti locali, possono promuovere servizi di comodato d'uso gratuito per la messa a disposizione di libri di testo e/o di dispositivi digitali. Viene rifinanziato, inoltre, il fondo previsto dall'art. 1, co. 258, l. 8.12.2015, n. 208 (legge di bilancio per il 2017) attraverso il versamento di 10 milioni di euro finalizzati all'acquisto di libri di testo e altri contenuti didattici relativi ai corsi di studio fino all'assolvimento dell'obbligo. Per favorire l'accoglienza di una disabilità certificata ai sensi della l. n. 104/1992, inoltre, sono destinati tre milioni di euro per sussidi didattici alle istituzioni scolastiche che accolgano alunni e alunne, studentesse e studenti portatori di disabilità. Per supportare le attività scolastiche svolte all'interno degli ospedali e l'istruzione domiciliare vengono stanziati 2,5 milioni di euro all'anno, a decorrere dall'anno 2017 per offrire servizi didattici, anche digitali, al fine di garantire il diritto all'istruzione degli alunni ricoverati in ospedale, case di cura e riabilitazione e l'istruzione domiciliare. Agli studenti iscritti alle scuole secondarie di secondo grado vengono riconosciute borse di studio per libri di testo, mobilità e trasporto, nonché per l'accesso a servizi di natura culturale esentati da ogni imposizione fiscale. Tali contributi, per cui vengono stanziati 30 milioni di euro per l'anno 2017, sono erogati tramite la Carta dello studente.
A tutti gli studenti, censiti dall'Anagrafe Nazionale degli studenti e frequentanti le scuole primarie, secondarie, statali o paritarie, verrà rilasciata una tessera nominativa che attesta lo status di studente.
Il decreto permette di assicurare alle alunne e agli alunni, sin dalla scuola primaria, una formazione artistica che comprenda la cultura musicale, le arti dello spettacolo e quelle visive, sia in forma tradizionale sia innovativa. Si mira, altresì, a sviluppare la conoscenza storico-critica del patrimonio culturale italiano. Si intende, infine, promuovere la pratica artistica nel Piano triennale dell'offerta formativa di ciascuna istituzione scolastica autonoma mediante percorsi curriculari e tramite l'alternanza scuola lavoro. Complessa risulta, altresì, la governance definita per la promozione di tale componente culturale, coordinata dal Miur e dal Mibact e che collabora con le istituzioni scolastiche per la realizzazione dei temi della creatività in una prospettiva di apertura ai soggetti che collaborano sul territorio a tali tematiche. Il decreto introduce, inoltre, il Piano delle arti, da adottarsi con cadenza triennale, su proposta del Miur di concreto con il Mitbac, in cui sono contenute una serie di misure per agevolare lo sviluppo dei temi della creatività da parte delle istituzioni scolastiche e accostare le studentesse e gli studenti alle differenti forme artistiche. A supporto del Piano viene istituito un apposito Fondo dedicato, con una dotazione finanziaria pari a due milioni di euro a decorrere dall'anno 2017.
Il decreto modifica, anzitutto, sia la logica sia la struttura della valutazione utilizzata nella scuola del primo ciclo e la struttura degli esami di Stato a conclusione del ciclo secondario. La riforma non intende, in realtà, rivoluzionare il paradigma esistente quanto apportare ad esso gli affinamenti di cui la comunità dei pedagogisti ha condiviso l'opportunità per rendere il modello più in grado di rispondere alle esigenze formative degli studenti18. Anche questo profilo, peraltro, è orientato a supportare il decollo dell'autonomia scolastica, intesa come accountability dei docenti e del personale amministrativo verso il resto della collettività risiedente sul territorio, rappresentata anche dai risultati conseguiti dagli studenti, misurabili in termini di accrescimento delle loro competenze e attitudini. Più nello specifico, tuttavia, la valutazione dello studente appare funzionale a realizzare la piena formazione della personalità degli alunni19, a favorire un loro autonomo percorso di autovalutazione e di responsabilizzazione e costituisce, su tale versante, un fattore necessario delle funzioni proprie del personale docente. In tale prospettiva, la valutazione descrive, nel primo ciclo d'istruzione, le competenze raggiunte e gli apprendimenti acquisiti dagli alunni, preservando il modello dei voti in decimi ma, nel contempo, valorizzandone la finalità formativa. Questa valutazione, più nello specifico, è improntata, più che ad una selezione o ad una qualificazione del merito, alla logica di assecondare e di supportare i processi di apprendimento degli studenti; costituisce, al tempo stesso, uno stimolo al loro continuo miglioramento, in modo che i percorsi didattici siano orientati all'acquisizione di competenze disciplinari, personali e sociali. In tale direzione va letta la disposizione che prevede una valutazione in decimi correlata, tuttavia, all'esplicitazione dei livelli di apprendimento conseguiti dall'alunno al termine del ciclo. Si rafforza, altresì, la rilevanza della valutazione delle attività svolte nell'ambito dell'insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, preservando il carattere trasversale di quest'insegnamento, nella convinzione della sua rilevanza per la formazione dei futuri cittadini. In modo coerente con la logica sopra descritta l'ammissione alle classi successive, per gli alunni e le alunne della scuola primaria, avviene anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente acquisiti o in via di prima acquisizione. La non ammissione alla classe successiva, come già prevede, peraltro, la disciplina vigente, è riservata, tuttavia, a casi eccezionali e viene deliberata all'unanimità dai docenti contitolari. Per gli alunni e le alunne delle scuole secondarie di primo grado, l'ammissione alla classe successiva o all'esame di Stato è deliberata dal Consiglio di classe, anche in caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento, dunque anche in caso di attribuzione di voti inferiori a sei decimi. La valutazione del comportamento, infine, viene operata in positivo, attraverso un esplicito richiamo allo sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza e la sostituzione al voto di condotta di un giudizio sintetico (art. 1, co. 3). La struttura dell'esame di Stato conclusivo del primo ciclo viene semplificato a partire dall'anno scolastico 20172018 e si articola in tre prove scritte ed un colloquio. La composizione della valutazione finale viene realizzata dando un peso maggiore al percorso scolastico compiuto dall'alunno e dall'alunna rispetto unicamente all'esito dell'esame stesso (art. 5).
Alla semplificazione di tale struttura concorre il fatto che la prova Invalsi fuoriesce dall'esame di Stato sebbene il suo superamento resti necessario per l'ammissione allo stesso. Si introduce, inoltre, una prova al fine di verificare l'apprendimento della lingua inglese, affiancata alle prove di italiano e di matematica.
Si contempla, altresì, la comunicazione individuale alle famiglie, attraverso un giudizio descrittivo, del livello di apprendimento conseguito dai figli e dalle figlie in italiano, in matematica e in inglese. Viene riformato, altresì, l'esame di Stato conclusivo dei corsi di studio di scuola secondaria di secondo grado, rispetto alla cui ammissione diviene requisito essenziale lo svolgimento delle prove Invalsi e l'effettuazione e la valutazione dell'alternanza scuola-lavoro (art. 8). L'ammissione all'esame di Stato richiede, di regola, il conseguimento di una votazione pari a sei decimi in ogni disciplina e nel voto di comportamento; la possibilità di essere ammessi, in via eccezionale, nel caso si riporti un'insufficienza in una disciplina, è affidata ad una deliberazione motivata del Consiglio di classe.
La struttura dell'esame viene semplificata attraverso la sua riduzione a due prove scritte, una sulla padronanza della lingua italiana ed una avente ad oggetto una o più discipline caratterizzanti. Il colloquio orale conterrà l'esposizione dell'esperienza maturata nei percorsi di alternanza scuola lavoro e la necessità di accertare il possesso delle competenze acquisite nell'insegnamento Cittadinanza e Costituzione.
Il decreto attua il riordino e l'adeguamento della disciplina vigente in materia di istituzioni e di iniziative scolastiche italiane all'estero. Lo stesso disegna un'offerta formativa complessiva al fine di superare la frammentazione esistente e di trasferire all'estero il modello formativo del nostro Paese, quale riformato dalla l. n. 107/2015. La creazione del «sistema della formazione italiana nel mondo» crea sinergie fra le scuole italiane all'estero e le altre iniziative formative nazionali presenti al di fuori del Paese in un sistema valoriale europeo, al fine di promuovere e di diffondere la lingua e la cultura italiana all'estero. La stessa sinergia fra il Miur e il Ministero degli affari economici e della cooperazione internazionale viene rafforzata attraverso l'istituzione di un'apposita Cabina di regia che assicura il coordinamento strategico del sistema della formazione italiana nel mondo (art. 3, co. 2). Allo stesso sistema partecipano, nel contempo, altri soggetti pubblici e privati, inclusi gli istituti italiani di cultura e gli enti gestori attivi nella diffusione e promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, concedendo contributi, fornendo libri e materiale didattico o destinando docenti. Il Ministero dell'istruzione e della ricerca viene incaricato di selezionare e di destinare all'estero il personale e di pubblicare sul portale della scuola i dati relativi al sistema della formazione italiana nel mondo, al fine di accrescerne la trasparenza e la valorizzazione.
La rafforzata sinergia fra Miur e Maeci permette di istituire, di trasformare e di ridefinire le scuole statali all'estero, di riconoscerne la parità e, infine, di istituire sezioni italiane all'interno di scuole non italiane. Vengono promosse, altresì, iniziative per la lingua e la cultura italiana all'estero, inviati lettori presso università o scuole all'estero e individuati i nuovi requisiti culturali e professionali fondamentali del personale da inviare all'estero. Sono individuati, infine, gli obiettivi, le modalità e i criteri per la nuova valutazione dell'offerta formativa delle scuole italiane all'estero, nonché delle altre iniziative.
L'analisi attenta e l'interpretazione dei decreti attuativi suscita anche alcune perplessità. Anzitutto il percorso di formazione e di accesso alla funzione docente è lungo, molto articolato e irto di ostacoli; tale dunque da mettere a dura prova la reale intenzione degli aspiranti docenti nell'intraprendere realmente tale professione. Dal conseguimento della laurea magistrale al superamento del concorso, al percorso triennale che si snoda per l'accesso in ruolo anche attraverso lo svolgimento del tirocinio si svolge un percorso della durata di circa dieci anni che potrebbe, per la sua lunghezza e la sua natura composita, scoraggiare aspiranti anche effettivamente motivati. Inoltre la scelta del Governo introduce una netta cesura fra le modalità di formazione e di accesso ai ruoli della scuola dell'infanzia e della scuola primaria e quelle relative agli aspiranti all'insegnamento nella scuola secondaria, sia di primo sia di secondo grado. Per accedere all'insegnamento della scuola secondaria, di primo e secondo grado, si introduce un percorso diretto a scegliere una sorta di “docenza superiore” chiamata ad operare in quel segmento di scuola, concepito come privilegiato, in grado di offrire agli studenti la formazione necessaria all'accesso al mondo del lavoro. Si consolida dunque un indirizzo normativo volto a distinguere il corpo docente in due settori professionalmente separati, sia nelle modalità di accesso che in quelle di formazione. Ulteriori incertezze investono i docenti assunti a tempo indeterminato su posti di sostegno, che, se in possesso dei requisiti e, comunque, nel limite dei posti vacanti e disponibili dell'organico dell'autonomia, potevano, in una versione precedente del decreto, chiedere il passaggio su posti comuni, trascorsi dieci anni scolastici di appartenenza nelle sezioni dei docenti per il sostegno didattico. La mancata conferma di tale norma, nel testo definitivo, induce a chiedersi se i docenti assunti sui posti delle sezioni per il sostegno siano o meno liberati dal vincolo di permanenza su di esse per cinque anni e debbano attendere, comunque, dieci anni prima di transitare nei posti comuni.
Il percorso dell'inclusione contemplato dal relativo decreto, inoltre, delinea un sistema in cui viene sottratto alle istituzioni scolastiche il ruolo essenziale di guida da queste svolto finora, di natura prevalentemente educativo-didattico, nel conseguimento di tale finalità. Le nuove norme privilegiano i profili organizzativo-gestionali dei processi di inclusione rispetto a quelli pedagogico-didattici di cui sono titolari le istituzioni scolastiche. Il Profilo di funzionamento, redatto dall'Unità di valutazione multidisciplinare, sostituisce la Diagnosi funzionale e il Profilo dinamico funzionale, previsti nell'Atto di indirizzo del 1994, emanato con il d.P.R. 24.2.1994; questo viene stilato sulla base dei parametri clinici previsti dalla Classificazione internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) secondo un modello che puí limitarsi ad una certificazione della patologia senza necessariamente indicare il grado di gravità della disabilità individuale e i correlati dispositivi didattici per l'inclusione. Quest'innovazione manifesta qualche criticità sul versante proprio del ruolo marginale riservato alle istituzioni scolastiche e alle famiglie. Il Profilo di funzionamento, in effetti, quantifica le risorse e definisce la natura degli interventi togliendone la definizione proprio all'iniziativa di quei soggetti istituzionali, quali le istituzioni scolastiche e i genitori, che sono titolari di un vero e proprio interesse a realizzare il processo di inclusione. Ai genitori del soggetto disabile, viceversa, è lasciato un ruolo di mera collaborazione mentre nella rappresentanza dell'istituzione scolastica non è garantita la partecipazione dei docenti impegnati direttamente nel processo di inclusione.
1 Per la logica della riforma cd. della Buona scuola mi sia consentito il rinvio a Cocconi, M., La sfida decisiva dell’autonomia scolastica, in Libro dell’anno del Diritto 2015, Roma, 2015, 661 ss.
2 Sull'incompiutezza iniziale della riforma dell'autonomia e sulle direttrici lungo le quali provvedere al suo completamento si v. Renna, M., L’autonomia incompiuta delle istituzioni scolastiche, in Le istituzioni del federalismo, 2005, 23, 98 ss.
3 Si v. art. 1, co. 180 e 181, lett. b) della l. 13.7.2017, n. 107; d.lgs. 13.4.2017, n. 59.
4 Sulla necessità di adeguare il sistema di formazione e di reclutamento dei docenti ai tempi e alla mutevolezza delle esigenze formative si v. Saltari, L., Il regime giuridico della formazione e il reclutamento degli insegnanti in Italia, in Chiti, E.Gardini, G.Sandulli, A., a cura di, Unità e pluralismo culturale, Vol. VI, A 150 anni dall’unificazione amministrativa italiana, Firenze 2016, 75 ss.
5 Si v. C. giust., 26.11.2014, C22/13, C61/13, C63/13, C418/13, Raffaella Mascolo c. Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca scientifica.
6 Sulla necessità di superare tale modello mi sia consentito il rinvio a M. Cocconi, Diventare insegnanti: le nuove regole, in Libro dell’anno del Diritto 2011, Roma, 2011, 3.
7 Si v. art. 1, co. 180 e 181, lett. c) della l. n. 107/2015; d.lgs. 13.4.2017, n. 66.
8 Sul tema dell'inclusione scolastica dei soggetti disabili si v. Penasa, S., La persona e la funzione promozionale della scuola: la realizzazione del disegno costituzionale e il necessario ruolo dei poteri pubblici. I casi dell’istruzione delle persone disabili e degli alunni stranieri, in Cortese, F., a cura di, Tra amministrazione e scuola. Snodi e crocevia del diritto scolastico italiano, Napoli, 2014, 1 ss.
9 Sulla pronuncia dei giudici costituzionali si v. Ferrari, G., Insegnanti di sostegno per gli alunni portatori di handicap, in Libro dell’anno del Diritto 2012, Roma, 2012, 1248 ss.; Lottini, M., Scuola e disabilità. I riflessi della sentenza 80 del 2010 della Corte costituzionale sulla giurisprudenza del giudice amministrativo, in Foro amm. – Tar, 2011, 2403 ss.
10 Sulla discrezionalità del legislatore riguardo all'inclusione scolastica del disabile si v. Pirozzoli, A., La discrezionalità del legislatore nel diritto all’istruzione del disabile, in Riv. AIC, 2.3.2010, 5 ss.
11 Si v. art. 1, co. 180 e 181, lett. d) della l. n. 107/2015; d.lgs. 13.4.2017, n. 61.
12 Si v. art. 1, co. 180 e 181, lett. e) della l. n. 107/2015; d.lgs. 13.4.2017, n. 65.
13 Si v. art. 1, co. 180 e 181, lett. f), l. n. 107/2015; d.lgs. 13.4.2017, n. 63.
14 Sul tema mi si consenta il rinvio a Cocconi, M., Il nuovo diritto allo studio universitario, in Piperata, G., a cura di, L’Università e la sua organizzazione. Questioni ricorrenti e profili evolutivi, Napoli, 2014, 207.
15 In tal senso mi si consenta il rinvio a Cocconi, M., L’istruzione, in Gior. dir. amm. 2017, 200 ss.
16 Si v. art. 1, co. 180 e 181, lett. g), l. n. 107/2015; d.lgs. 13.4.2017, n. 60.
17 Si v. art. 1, co. 180 e 181, lett. i) della l. n. 107/2015; d.lgs. 13.4.2017, n. 62.
18 Sul tema si v., di recente, Cassatella, A., La valutazione scolastica, in Cortese, F., a cura di, Tra amministrazione e scuola, cit., 71 ss.
19 Quest'interpretazione appare suffragata dall'art. 1, co. 2, del d.lgs. 16.4.1994, n. 297 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione), dall'art. 1 della l. 28.3.2003, n. 53 (Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e al determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale), dagli artt. 5 e 9 del d.lgs. 19.2.2004, n. 59 (Definizione delle norme generali relative alla scuola d’infanzia ed al primo ciclo di istruzione), oltre che dall'art. 1, co. 3, del d.P.R. 22.6.2009, n. 122 (Regolamento di coordinamento delle norme vigenti in materia di valutazione degli alunni).
20 Si v. art. 1, co. 180 e 181, lett. h) della l. n. 107/2015; d.lgs. 13.4.2017, n. 64.